Immigrazione, in un libro tutto quello che non si osa dire in Italia

Emigrazione & Immigrazione

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© REUTERS/ Alessandro Bianchi
Tatiana Santi

In Italia si parla continuamente di immigrazione, un tema cruciale e allo stesso tempo avvolto da miti e tabù. Usare termini come “immigrato illegale” o “clandestino” è spesso ritenuto sbagliato, se non addirittura razzista. Immigrazione, ora in un libro tutto quello che non si osa dire in Italia.

“Immigrazione, tutto quello dovremmo sapere” è il titolo di un libro scritto a sei mani, decisamente politicamente scorretto, che in 80 pagine analizza il fenomeno dell’immigrazione a 360 gradi. Il saggio scritto da Gianandrea Gaiani, Gian Carlo Blangiardo e Giuseppe Valditara non è contro l’immigrazione, è un testo che spiega la differenza fra l’immigrazione legale e quella illegale, fra quella positiva e quella negativa.

© FOTO: FORNITA DA GIANANDREA GAIANI

Caratterizzato da una scrittura efficace e leggera, il libro offre un’analisi completa del fenomeno, trattando l’aspetto della sicurezza e dell’integrazione, rivolgendo anche uno sguardo alla storia. Sondaggi, inchieste, riferimenti storici, ma non solo, ai lettori verranno proposte inoltre delle soluzioni al problema dell’immigrazione illegale. Il libro edito da Aracne Editore è già disponibile on line in formato pdf e nelle librerie. Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito Gianandrea Gaiani, uno degli autori del libro, giornalista, direttore di Analisi Difesa.

— Sull’immigrazione in Italia esistono tanti tabù. Gianandrea, il vostro libro è molto politicamente scorretto, possiamo dire che rompe gli schemi in un certo senso?

— Il nostro libro cerca di adottare un linguaggio realista. C’è in atto un’operazione linguistica per rendere digeribile agli italiani, gli europei in generale, il fatto che vengano accolte milioni di persone senza alcun titolo per essere accolte. Si è eliminato dal linguaggio il termine “immigrato illegale”, “immigrato clandestino”, si chiamano rifugiati, anche se il rifugiato è colui che riceverà effettivamente lo status di rifugiato. Si usa il termine “naufrago”, ma in realtà questa parola dovrebbe definire una persona che va in mare per pescare e poi affonda per un’altra ragione.

Il paradosso in Italia è ridicolo: non si usa il termine immigrato clandestino, però gli scafisti vengono incriminati per un reato che è “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. In realtà quindi noi accogliamo persone che pagano i criminali per venire qui. La Convenzione di Ginevra del ’51 li rende tutti immigrati illegali, perché anche il profugo di guerra segue altri canali per ottenere asilo.

— La parte del libro curata da te tratta l’aspetto della sicurezza. L’immigrazione illegale è collegata alla sicurezza e al terrorismo?

— È molto collegata. Nel libro vengono citate le ammissioni dei collegamenti fra terrorismo islamico e immigrazione clandestina. Gli stessi governanti europei, anche italiani, già dal 2013 hanno fatto questo parallelo. La prima fu il ministro degli Esteri del governo Letta Emma Bonino.

Il problema è che a gestire l’immigrazione clandestina sono dei gruppi legati ad al-Qaeda del Maghreb Islamico e allo stesso Stato Islamico. Un esempio classico è la spiaggia di Sabrata in Libia da cui partono molto barconi, lì c’è una base dell’ISIS che gli americani bombardarono nel febbraio scorso.

Ci sono inoltre molti allarmi legati a sondaggi svolti dall’Europool, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti: dai loro dati risulta che attraverso i traffici di immigrati, vengono portati in Europa anche elementi jihadisti, potenziali terroristi e terroristi tali. I rapporti dei servizi segreti macedoni sulla rotta balcanica sono stati resi noti dall’Austria ad un summit europeo nell’imbarazzo generale, ma queste cose si sanno da tantissimo tempo. Un’inchiesta della magistratura libica già nel 2012 evidenziava come i traffici di essere umani attraverso il deserto libico erano gestiti dalla branca di al-Qaeda del Nord Africa.

— L’immigrazione illegale inoltre, come sappiamo, provoca disordini anche in città europee.

— Ci sono stati casi di rivolte di clandestini islamici nei centri di accoglienza che rifiutavano alcuni cibi, si lamentavano del fatto che nei posti dove venivano accolti non ci fosse il rispetto dei dettami dell’Islam. Per esempio c’erano donne che lavoravano lì, ma non erano sposate. Quindi il fenomeno dell’immigrazione clandestina è legata anche alla sicurezza sociale.

— Nel libro viene citato il caso eclatante relativo agli stupri compiuti in Germania dagli immigrati clandestini, fatti descritti con toni ammorbiditi dalla stampa. I giornalisti hanno un ruolo importante in questo contesto, no?

— In Italia la Commissione Pari Opportunità ha dato alla stampa un decalogo di note di linguaggio da utilizzare quando si parla di immigrati clandestini. In Germania ci sono forti condizionamenti dati dalla politica per evitare di parlare di certi tipi di reati abbinandoli agli immigrati. Anche qualche giorno fa in Germania ci sono state diverse violenze, non come gli stupri di massa dell’anno scorso, comunque sia si è trattato di aggressioni e stupri di donne. Quasi tutti i crimini sono legati ai cosiddetti rifugiati afghani, siriani, iracheni. Li uniscono tutti due elementi: sono islamici e sono tutti arrivati con gli ultimi flussi migratori illegali.

I flussi migratori creano problemi di ordine pubblico e inoltre sociale, perché i soldi investiti per assistere queste persone, senza alcun titolo per essere accolte, sono soldi sottratti al welfare per i cittadini.

— Nel libro vengono presentate anche delle proposte, si evoca l’esempio spagnolo e quello australiano, oltre che la soluzione dei “respingimenti assistiti”. Ce ne puoi parlare?

— L’Australia, oltre ai respingimenti, sta facendo accordi con Paesi poco appetibili, come l’Isola Nauru e l’Isola Papua Nuova Guinea, posti dove verranno mandati i richiedenti asilo, non in Australia. L’Australia sta approvando una legge la quale prevede che chiunque cerchi di entrare clandestinamente nel Paese, non potrà mai più nella sua vita avere il permesso di soggiorno o l’asilo in Australia. A mio avviso è una legge importante che anche l’Europa dovrebbe applicare. C’è inoltre l’esempio della Spagna che a Ceuta e Melilla respinge i clandestini.

Ci sono altre soluzioni pratiche. Dalla Libia arrivano flussi incontrollati, noi dovremmo usare le nostre flotte non per aiutare i trafficanti ad arricchirsi, ma per riportare indietro le persone salvandole in mare. Ovviamente vanno portate in Italia le persone per cure mediche, chi ha bisogno di assistenza sanitaria, come i bambini da soli, le donne incinte. Vanno riportati subito dopo sulle spiagge libiche da dove sono arrivati. In Italia arrivano solo africani e non scappano da nessuna guerra.

Sono soluzioni fattibili con un po’di coraggio politico che scoraggerebbero le partenze. Se li riportassimo indietro creeremmo grossi problemi ai trafficanti: nessuno pagherebbe più per un viaggio che si concluderebbe sulle stesse spiagge africane. Chi rischierebbe la vita per ritrovarsi in Africa? L’emergenza in questo modo finirebbe.

— Nel vostro saggio non si demonizza l’immigrazione. Si parla nel testo anche dell’immigrazione positiva, di qualità. Alla fine l’immigrazione dovrebbe essere un vantaggio per la società, non un problema, giusto?

— Nella storia è sempre stato un vantaggio finché il Paese ospitante sceglie chi prendersi. In Germania la CSU (Partito Cristiano Democratico tedesco), alleata della Merkel, dice che loro dovrebbero prendere solo immigrati cristiani, perché la loro religione li rende compatibili con la nostra società. Se in Germania avessero fatto così, non avrebbero avuto problemi di violenza e stupri legati all’appartenenza di questi immigrati alla religione islamica.

L’immigrazione è positiva quando viene scelta, noi invece stiamo subendo dei flussi, esclusivamente gestiti da criminali, terroristi islamici e estremisti. Questo non può che portare guai.

— È interessante nel libro il riferimento all’esempio dell’Antica Roma, dove convivevano diverse religioni e razze con un unico denominatore comune: la legge romana e regole ben precise da rispettare. È qui il segreto?

— Il professor Valditara nel libro spiega che Roma trae vantaggio dall’immigrazione finché ingloba popolazioni già culturalmente assimilate a Roma. Se si fa entrare chiunque, il tutto si trasforma in una minaccia per Roma e il suo impero.

L’integrazione ci può essere solo da persone che vogliono essere integrate. Oggi viviamo un’immigrazione islamica che viene qui con l’obiettivo non certo di essere assimilata, ma di proporsi con schemi alternativi ai nostri, con la pretesa di continuare ad applicare le loro regole in una società che è nostra.

Nel libro proponiamo anche inchieste e sondaggi fatti presso popolazioni islamiche in Paesi europei, i dati risultano allarmanti: in Francia il 50% dei giovani islamici dicono chiaramente di non considerare la legge francese la loro legge e affermano di pretendere il rispetto della sharia. Questo non potrà che portare solo destabilizzazione.

L’opinion dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione.

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