Il Jobs Act autonomi riscrive, in parte, la disciplina delle collaborazioni, introducendo un possibile riparo per il committente dalla presunzione di subordinazione per i contratti non regolari. Infatti, non ogni forma di etero-organizzazione dovrebbe comportare la riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato: la subordinazione potrebbe dirsi esclusa ogni qualvolta le modalità di coordinamento siano state pattuite dalle parti nel contratto. Se l’intento del Legislatore, fino ad oggi, è stato quello di limitare il ricorso a forme contrattuali diverse dal lavoro subordinato, questa innovazione potrebbe comportare una spinta verso l’instaurazione di nuovi rapporti di collaborazione.

I rapporti di collaborazione trovano la loro fonte nell’art. 409, n. 3), cod. proc. civ., norma di natura processuale che li qualifica come quelli aventi a oggetto «una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato».
La disciplina di questi rapporti è stata interessata da diversi interventi negli ultimi anni, tutti ispirati dalla volontà del legislatore di disincentivare il ricorso a questa tipologia contrattuale, che nel tempo è stata capace di suscitare molta diffidenza a causa del suo utilizzo indiscriminato, anche a fronte di rapporti per i quali sarebbe eufemistico parlare di “parasubordinazione”.

“Rischio di riqualificazione” nel Jobs Act

Il Jobs Act (D. Lgs. n. 81/2015 , il c.d. “Codice dei Contratti”), che ha previsto una presunzione generale di subordinazione per tutti quei rapporti di collaborazione, con prestazioni rese dal collaboratore in modo personale e continuativo, «le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro».