Tramutola feudo del Barone Abate di Cava

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foto arch A. Noviello

Capitolo 1

Le origini di Tramutola

Gli altri lavori su Tramutola hanno dato un giudizio positivo o sicuro del rapporto tra la Badia di Cava con il suo barone e il popolo tramutolese, suddito. Oggi i motivi di critica pregiudiziale appaiono superati e si cerca di storicizzare il rapporto del popolo tramutolese ed i monaci della Badia di Cava, evitando lodi e condanne antistoriche, riportando fatti e problemi senza prendere partito, badando a rilevare quanto di spirituale, politico, sociale, economico, nacque in quei sei secoli e mezzo, capace di consentire lo sviluppo di Tramutola. Una valutazione serena e storica non può e non deve prescindere dai fatti. Cercherò di dimostrare, con l’ausilio dei fatti, le mie convinzioni e le mie posizioni, senza che altri possano accusarmi di essere ora pro ed altre volte contro i monaci della Badia Cavense. Chi osserva la storia può stare da una parte o dall’altra ma non deve stare da una parte e occultare l’azione di chi non sta dalla nostra parte, ma deve appunto, come si diceva, osservare ed analizzare i fatti, le vicende di cui si osserva.

Morto Guidone, senza figli, signore longobardo di Marsico e passato nel 1075 il Principato di Salerno in mano dei Normanni, cui Marsico apparteneva, sicuramente un Normanno fu signore di Marsico.

I Normanni non sono un popolo che si trasferisce, ma vengono in Italia come mercenari e come tali si affermano.

Dall’Ughelli(1) apprendiamo che nel 1089 Ego Normanno dona al Monastero di S. Stefano di Marsico due chiese. Era questi uno di quei commilitoni Normanni che cacciati i Longobardi ed i Greci, nella divisione delle terre da loro conquistate, in compenso delle battaglie, forse ottenne la signoria di Marsico. Nel 1131 troviamo signore di Marsico, Goffredo padre di Silvestro. Goffredo era figlio del conte Ruggiero da cui ebbe il contado di Ragusa e con il titolo di quel contado fu sempre distinto e dopo la sua morte succedette Silvestro.

L’anno 1136 resta punto di partenza della storia documentata del Casale di San Pietro di Tramutola.

Nell’anno 1136 Abate della Badia di Cava(2) era il Beato Simone (4 marzo 1124 – 16 novembre 1140) che già dal 1124 governava il grande Cenobio e la Congregazione dei Monasteri ad esso uniti. I monasteri di proprietà della Badia di Cava, in tutto il Regno di Sicilia, erano circa 120, donati da principi, duchi e vescovi, donazioni dette pro-anima destinate ad assicurare la salvezza del fedele ed erano, inoltre, arricchiti di privilegi ed esenzioni. In più luoghi, attorno al monastero, si erano formati dei paesi dove erano accorsi dei buoni villici attratti dal governo dei monaci.

I primi abati cavensi sono onorati dalla Chiesa con il culto dei santi. A questa scuola di santi, era andato Giovanni da Marsico, che alcuni storici fanno parente a Silvestro, altri invece sostengono che fu semplicemente il suo cappellano.

Giovanni dotato di grande impegno fece in breve tempo progressi di virtù che meritò di essere scelto per incarichi di fiducia dal governo della Badia di Cava. Inoltre, gli fu conferito l’incarico di Priore del Monastero di San Giacomo a Brienza.

Morto nel 1140 il Beato Simone, i monaci elessero suo successore il Beato Falcone (16 novembre 1140 – 6 giugno 1146)(3). Appena eletto volle al suo fianco Giovanni da Marsico come suo cappellano, che rappresentava una specie di Vicario e lo inviò spesso in vari luoghi a trattare gli affari della Congregazione.

Nei suoi viaggi, sarà passato sicuramente, forse per andare da Brienza a Cersosimo, per la chiesa di San Pietro nella valle dell’omonimo Casale Tramutola e ne avrà ammirato la tranquillità della zona, la fertilità e l’abbondanza delle ottime acque. Forse avrà pernottato presso la chiesina di San Pietro ed avrà pensato essere quello un luogo ideale per edificarvi un Monastero e quindi far nascere un feudo.

Tornato a Cava avrà esposto il suo progetto all’Abate Beato Falcone, il quale non essendo nuovo per quella regione, doveva conoscerla quella valletta avendola attraversata nei suoi pellegrinaggi da una chiesa cavense all’altra. Perciò approvando pienamente il disegno di Giovanni, lo incaricò di trattare l’esecuzione.

Nel maggio del 1144 il monaco Giovanni parlò con i canonici di Marsico, affinché interponessero i loro buoni uffici presso il vescovo di Marsico, Giovanni II, per chiedere la chiesa di San Pietro della omonima valle, in quanto i monaci di Cava volevano costruire un Monastero che servisse da ospizio ai monaci di passaggio.

Il vescovo accolse benevolmente, la domanda, ed emanò una bolla con cui concedeva il pieno possesso all’Abate Falcone, della chiesa di San Pietro con i suoi beni. L’unico riconoscimento della donazione, chiedeva soltanto una libra di cera e una di incenso, più un suino, da darsi dal rettore della chiesa San Pietro, ogni anno, alla cattedrale di Marsico e consegnò al cappellano Giovanni il documento alla presenza dell’avvocato Ruggiero, milite, figlio del giudice di Marsico, Vito(4). Oltre a motivazioni politiche l’atteggiamento favorevole versi i benedettini ha un significato economico. I benedettini danno vita al casale San Pietro di Tramutola e incentivano la produzione agricola. Il vescovo di Marsico accoglie nella propria diocesi i monaci cavensi per il bene che operano e che sarà il motivo delle numerose donazioni. I feudatari di Marsico e Paterno accettano i benedettini per l’operosità nel risvegliare la vita dei campi e i riflessi sulle ricchezze che ne derivano alle popolazioni.

Ottenuta la concessione della giurisdizione spirituale, solo questa non era sufficiente, perché esistevano ancora i dodici padroni della chiesetta San Pietro ed i monaci cavensi, fin dalle origini del loro potere abbaziale, non vollero padroni laici nelle loro chiese, causa spesso di disordini e sopraffazione.

Il monaco Giovanni, allora si rivolse ai padroni e mostrò loro la bolla episcopale ed espose i suoi programmi e progetti sulla chiesa di San Pietro in Tramutola. Disse loro che con la cessione dei loro diritti consentivano di poter far venire dei monaci, che giorno e notte avrebbero ufficiato quella chiesa tanto distante da Marsico che poco poteva servire al culto. Pertanto, affermava Giovanni, che le preghiere dei monaci elevate al Signore, per loro padroni, avrebbero avuto più valore di quella parvenza di proprietà. Le argomentazioni addotte, dal monaco Giovanni, furono convincenti e perciò i proprietari si decisero a rinunciare alla proprietà su quelle terre tanto distante da Marsico.

Nel documento(5) si riferisce anche che tale donazione ebbe il consenso della signora di Marsico, Adelaia, contessa di Principato, pro rimedio animae, per la salvezza dell’anima, i donatori consegnano a Giovanni la chiesa di San Pietro con tutte le sue terre. Con questo atto, rinunciano al diritto di patronato sulla cappella del santo Apostolo Pietro, che avevano conservato, gli oblatori, nell’atto di donazione fatto al chierico Ubo o Ugo, nell’anno 1136.

Fin qui la narrazione tradizionale raccontata dagli storici che si sono occupati di ricerche storiche su Tramutola. L’epoca in cui si fa risalire la nascita di Tramutola, per opera dei monaci Bendettini, è l’epoca della dominazione Normanna e, i Normanni, appoggiano l’alienazione della gestione privata delle chiese, tipico retaggio longobardo e danno impulso alla creazione di nuove diocesi e comunità monastiche. Mentre con i Longobardi si assiste alla scomparsa dei vescovadi ed alla moltiplicazione delle chiese private, di contro con i Normanni si assiste alla brutale scomparsa del monachesimo basiliano e dei vescovadi greci. Quindi, il consenso della Signora di Marsico, Adelaia, delle donazioni alla chiesa di San Pietro di Tramuutola, difatti favorisce la diffusione dei Benedettini nella contea marsicana, luogo dove erano presenti sia la comunità monastica di rito greco con il cenobio di Santa Palomba, in abbandono(6), sia la chiesa di rito latino di San Pietro(7), così i Normanni, realizzano anche l’unità religiosa. Inoltre, motivo non secondario che si intende evidenziare, è la centralità della zona che ha vissuto i vari momenti storici, in successione e, a volte, in concomitanza, cioè si è avuta la presenza di Bizantini, Longobardi e Normanni con la fattiva diffusione dell’insediamento Benedettino. La Val d’Agri, racchiusa in una sorta di cerniera geografica, compresa tra la Campania e la Calabria, è stata teatro delle frequenti sconfitte inflitte dai Saraceni e dai Longobardi ai Bizantini che successivamente hanno provocato ribellioni tra il popolo e hanno aperto la via ai Normanni che, si sostituiscono sia ai Bizantini che agli stessi Longobardi.

Il Casale S. Pietro di Tramutola in embrione, era costituito da abitazioni rustiche formatosi senza un carattere o funzione di centro abitato, forse, solo per assolvere una funzione di stazione. La chiesa di San Pietro, di cui ora è sparita ogni traccia, era situata al centro della valle dell’attuale Tramutola. La chiesa, di proprietà di alcuni “Marsicesi”, affidata alle cure di un chierico, chiamato Ugo, era sotto la giurisdizione spirituale del vescovo di Marsico, questo nell’anno 1136. La sede vescovile era stata trasportata dalla antica sede episcopale di Grumentum, dopo che questa fu distrutta dai saraceni nell’853 una prima volta e, verso il 1031 definitivamente. La nuova sede marsicana è attestata dalla bolla di Papa Stefano IX del 24 marzo 1058. Nel 1136, anno in cui risalgono le notizie sicure del territorio di Tramutola, era vescovo di Marsico Enrico, noto per aver consacrato la cattedrale che il conte Goffredo, della stessa famiglia di Roberto il Guiscardo e Ruggero di Altavilla (Hauteville), aveva edificata e dedicata alla Beata Vergine e a S. Giorgio(8).

Tutte le regioni d’Italia, nei tempi dei romani, avevano case ed abitanti in abbondanza, come è stato tramandato da Livio e Polibio, poi per le incursioni dei barbari furono distrutte città e piccoli centri, quasi da rendere tutto selvaggio ed i terreni incolti, quasi come l’antica America, così che, gli abitanti di queste terre incolte e malsane abitarono in vili e rozze capanne. Queste erano le condizioni del Casale San Pietro, quando iniziarono le donazioni alla chiesa omonima. Essendo queste le condizioni di quei luoghi, i proprietari marsicani, sia per pietà e sia per una ben valutata scelta politica, cioè volendo eliminare quello stato di barbarie e di selvaggio, donavano i loro terreni ai monaci Benedettini, affinché fondandovi il Monastero, di cui parlava Giovanni da Marsico, richiamassero delle genti a stabilirsi nei dintorni, sia per le pratiche di religione sia per esercitarsi nella coltura dei campi, così da poter trarre la propria sussistenza con le opere manuali.

L’attività instancabile di Giovanni da Marsico, animatore dello sviluppo del Casale San Pietro, aveva portato un po’ di fiducia a quelle popolazioni impaurite, dagli eventi dolorosi, di cui erano stati protagonisti. Tra le fosche tenebre di quei periodi semi barbari, l’attività dei monaci Benedettini, dediti verso le lettere, le scienze, le arti e l’agricoltura, proiettava fasci di luce, di civiltà e di progresso. Alla preghiera ed allo studio accoppiavano il lavoro manuale per le arti e l’agricoltura. Risanavano terreni, abbattevano boschi, dissodavano i terreni incolti, scavavano canali, bonificavano le zone paludose. La grande mole di lavoro svolto da Giovanni da Marsico, dovette destare un vivo entusiasmo nei padroni, che vantavano diritti sulle terre del Casale San Pietro di Tramutola, che con ammirevole slancio donavano quanto ancora possedevano e confermavano le antiche donazioni.

Attigua alla Valle San Pietro, è situata una valle, con un ruscello, chiamata “Acqua Tramutola” ove intorno all’anno mille esisteva un Casale, il quale si chiamò:TRAMUTOLA.

Tramutola ripete la sua origine da un Casale dello stesso nome che esisteva già, intorno al X secolo nel luogo denominato “Acqua Tramutola”. Risulta, pertanto, trattarsi dello stesso Casale che si spostò da un luogo ad un altro con soluzione di continuità, tra la vita dell’uno e quella dell’altro. Ne consegue, quindi, che non sono esatti i riferimenti degli storici, nello stabilire le origini di Tramutola, prendendo le mosse dal XII secolo non tenendo conto della precedente esistenza del Casale vecchio, nella poco discosta località, Acqua Tramutola. Il casale Tramutola Vecchio era munito di guardia, torre, diritti e giurisdizione, con bagliva e banca di giustizia, era franco e libero, eccetto la servitù di prestazione militare a favore della Regia Curia in caso di mobilitazione. Il casale aveva taverna, mulini, riserve di caccia e pescagione, proventi di fida, di pascoli, di boschi, il tutto sotto il dominio di un suffeudatario.

Le origini di Tramutola, dalla storiografia corrente, sono state sempre raffigurate e avvolte in una leggenda o, fra le tenebre dell’antichità, distinguendo sempre l’antica Tramutola dalla Nuova(9).

Questa è storia diplomatica. Questa è storia che è potuta entrare nel Foro di Napoli per convincere i magistrati intorno al titolo della giurisdizione, che rappresentava la cosa principale che interessava al Monastero di Cava, nelle varie vertenze che hanno riguardato il feudo di Tramutola. Antiche dispute hanno condotto alla ricerca di una storia non vera, ma costruita unicamente in difesa di una giurisdizione che volevasi dimostrare, ai tempi di Alfonso d’Aragona, per i periodi precedenti a quell’epoca. Su questa falsariga nascono i primi Cenni Storici sulle Origini di Tramutola(10) con riferimento alla presenza dei monaci Benedettini sul territorio di Tramutola con la gestione della chiesa San Pietro che si trasforma in Monastero.

Come ampiamente detto, il territorio di Tramutola è stato considerato, nei tempi antichi, un luogo strategico per il passaggio dalla Valle di Diano alla Valle dell’Agri e sentiero, passaggio ci da etimologicamente la derivazione della parola: TRAMUTOLA(11). I resti presenti su questo territorio c’invitano ad indagare per discoprire sempre più il suo passato. Questa necessità non nasce dalla voglia di ricercare l’antichità, ma bensì la verità storica. Il territorio di Tramutola può essere stato utilizzato come terra di passaggio dalla Val d’Agri al Vallo di Diano anche come luogo di scambio e di contatti tra le varie civiltà. Il toponimo “Castelli” dato alla collina che sovrasta Tramutola fa pensare ad un luogo del territorio con una fortezza a protezione e controllo del passaggio obbligato.

Tramutola Vecchia è antico villaggio o distretto di Grumentum che, dopo la distruzione da parte dei Saraceni nell’XI secolo (1031), fu ripopolato, nel sito attuale. La contemporaneità dello spopolamento di Tramutola Vecchia e del popolamento di Tramutola Nuova, il mantenimento dello stesso nome sono fatti che rendono inseparabile la vita del casale antico da quella nel nuovo casale.

Il Racioppi, sorvola, non affronta la problematica di Tramutola Vecchia, però, ritengo che, il Racioppi non poteva dare autorità storica, allo scritto del Ramaglia(12), che tratta di Tramutola Vecchia, scritto eseguito nel 1736 per fatti accaduti nell’XI secolo, senza che egli ci faccia sapere le fonti da dove ha attinto le notizie. Il capitolo X del lavoro del Ramaglia è senza riferimento a fonti storiche. Ciò che tratta, il Ramaglia, è simile ad un racconto fiabesco, purtroppo, solo con le favole, non si costruisce la storia.

Gli unici monumenti conosciuti, ad oggi, cui far riferimento, sono la leggenda di S. Laverio Martire e la leggenda di S. Luca di Armento. La leggenda di S. Laverio è stata scritta nel 1132 per fatti accaduti nel 320 d.c., invece la leggenda di S. Luca è stata scritta da un contemporaneo del santo nel X secolo, quindi i fatti narrati sono certamente più attendibili ed a questi si farà sempre riferimento(13).

Dopo l’anno mille, Tramutola Vecchia si spopolò a causa di incursioni di ladri o da un assalto saraceno contemporaneo alla distruzione di Grumentum, o in seguito alle vicende della malaria, del terremoto. Gli abitanti del Casale Tramutola Vecchio, avevano abbandonato quel luogo troppo esposto ed in più, visibile dal fiume Agri, luogo frequentato dai viaggiatori, fuggendo e riparando nella attigua valle, ove era situata la chiesa di San Pietro. Forse, è in questa circostanza che abbandonarono definitivamente anche la chiesa di S. Stefano di rito latino alle dipendenze del vescovo di Grumentum, situata sul colle di Tempa di Apollo, che sovrasta la Vecchia Tramutola. Riferisce il Caputi(14) che questa cappella aveva le dimensioni di metri dieci per metri sei e fu distrutta dal terremoto del 1857. Oggi di quel colle non esiste più nulla, in seguito al prelievo di sabbia della cava Cuozzo. E’ da supporre che con l’abbandono della Vecchia Tramutola da parte dei suoi abitanti, anche la chiesa di S. Stefano, sul colle Tempa di Apollo, seguirà la stessa sorte e solo in epoca recente sarà eretta la cappella di S. Stefano per merito della famiglia Pecci ed oggi proprietà Vomero.

I contadini ed i pastori che si erano trasferiti nei pressi del Casale San Pietro, ai quali era sembrato essere più sicuro dell’altro, mantennero e conservarono il godimento e l’uso delle terre dei pascoli e delle acque nella sede spopolata in cui continuarono a coltivare ed a pascere il bestiame. Questi rappresentano fatti che hanno reso inseparabile la vita del Casale San Pietro da quella del Casale Acqua Tramutola. Risulta trattarsi sempre dello stesso Casale che si spostò da un luogo ad un altro, che Tramutola ripete la sua origine da un Casale dello stesso nome(15).

 

 

 

(1) Ferdinando Ughelli (Firenze 21 marzo 1595 – Roma 19 maggio 1670) é stato un monaco, abate e storico italiano.

(2) La Badia di Cava fu fondata da San Alferio Pappacarbone e da Benedettino Cluniacense nel 1020. La fondazione delle abbazie riformatrici furono favorite da Papa Benedetto VIII(1012-1024) 144° papa dopo Pietro, ricordato come uomo dotato di energia appoggiando il movimento insurrezionale contro il governo bizantino nell’Italia meridionale, mettendo a disposizione, dei capi degli insorti, un gruppo di cavalieri normanni.

Nel 1394 la Badia di Cava fu soppressa da Napoleone, poi, nel 1866 dal governo romano. I religiosi superstiti aprirono il collegio di San Bendetto, Scuola Media e Liceo e, redassero il Codex Diplomaticus Cavensis. La biblioteca della Badia di Cava è costituita da 40 mila volumi e l’archivio da 15 mila pergamene.

(3) Paul Guillaume – Essai historique sur l’abbaye de Cava, d’après des documents inèdits (1877).

(4) Archivio di Cava, Arm. G. N° 44.

(5) Archivio di Cava, Arm. G. N° 45: 8 maggio 1144 in Marsico; Raul Gengarelli, Perrone episcopo, Urso de Freda, Matteo Marini, ed altri proprietari della chiesa S. Pietro in Tramutola, a suffragio delle anime dei parenti defunti, col consenso della signora Adelaia contessa del principato, dichiarano con buona e congrua volontà alla presenza di tutti i sottoscritti buoni uomini, di consegnare alla chiesa della SS. Trinità di cava, cui presiede l’abate Falcone, la chiesa di S. Pietro in Tramutola.

Documento pubblicato da Carlo Palestina “L’Arcidiocesi di Potenza, Muro, Marsico – Appendice documentaria Vol. III.

(6) cfr. mio articolo sul blog “Sulle orme di San Luca Abate alla ricerca di Tramutola Vecchia”.

(7) cfr. mio articolo sul blog “La Cappella S. Pietro di Tramutola ed il cenobio S. Palomba”.

(8) Francesco Paolo Caputi – Tenue contributo alla storia di Grumento e di Saponara: con relative notizie che precedono dell’Alta Valle dell’Agri e dei suoi paesi / per il canonico Francesco Paolo arcipr. Caputi. Napoli Stab. Tip. R. Pesole 1902.

(9) Domenico Ventimiglia “DIFESA Storico-Diplomatico-Legale Della Giuridizion Civile del Sacro Real Monastero della SS. Trinità de’ PP. Casinesi della Cava nel Feudo di Tramutola” in esclusione Delle dimande dell’Università di quella Terra, e del Regio Fisco. 1801

(10) L. Mattei Ceresoli Estratto dal “Bollettino Ecclesiastico della SS. Trinità di Cava” anni 1931-1932.

(11) cfr. Storia di confini e relazioni municipali di Vincenzo Petrocelli – Il Giardino di Azimonti EDIZIONI finito di stampare aprile 2014.

(12) Niccolò Ramaglia “Memorie Grumentine Saponariensi” manoscritto in biblioteca di Moliterno.

(13) cfr. mio articolo sul blog “Sulle orme di San Luca Abate alla ricerca di Tramutola Vecchia” e altro mio articolo sul blog “La Cappella S. Pietro di Tramutola ed il cenobio S. Palomba”.

(14) Francesco Paolo Caputi – Tenue contributo alla storia di Grumento e di Saponara: con relative notizie che precedono dell’Alta Valle dell’Agri e dei suoi paesi / per il canonico Francesco Paolo arcipr. Caputi. Napoli Stab. Tip. R. Pesole 1902.

(15) Il Feudo di Tramutola Vecchio di Francesco Saverio Pecci. Soc. An. Tip. EDITRICE “GIORNALE DI LUCANIA” 1936 – XIII.

 

Vincenzo Petrocelli

One Reply to “Tramutola feudo del Barone Abate di Cava”

  1. LORENZO FILIBERTO PECCI ha detto:

    MIO PADRE francesco PECCI NATO A TRAMUTOLA IL 16/12/1912 è MORTO IL 12/O6/1978.
    vORRE

    I SAPERE le origini di mio nonno paterno Ermenzio Pecci sul feudo di Tramutola.

    ringrazio e porgo disti saluti.

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