Diritto di Famiglia: L’assegno post divorzio può…

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Disciplina: Diritto di Famiglia

L’assegno post divorzio può essere riconosciuto solo se l’ex coniuge lo richiede dimostrando di non essere autosufficiente dal punto di vista economico, con la conseguenza che è inutile il riferimento al tenore di vita matrimoniale e alla disparità economica tra moglie e marito.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 maggio – 21 giugno 2017, n. 15481
Presidente Di Palma – Relatore Genovese

Fatti di causa

1. La Corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo proposto dal signor Lo. Fr. nei riguardi dall’ex coniuge Ri. Ch., contro il decreto del Tribunale di quella stessa città che, in accoglimento della domanda del primo, di revisione, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970, delle condizioni del divorzio, statuite nel 2005, riduceva da Euro 250,00 a Euro 100,00 l’assegno di mantenimento dell’ex coniuge, la predetta signora Ch., «sino alla liquidazione in favore di quest’ultima della quota di TFR ex art. 12-bis L. 898/1970», compensando le spese del giudizio tra le parti.

2. Il giudice distrettuale, premesso che la revisione delle condizioni di divorzio potevano essere disposte soltanto in presenza di giustificati motivi sopravvenuti e che l’assegno in favore del coniuge divorziato andava riconosciuto quando questi non abbia mezzi adeguati e né potrebbe procurarseli per ragioni oggettive, ha affermato che l’originario assegno (di Euro 250,00 mensili) venne disposto (nel 2005) quando la Ch. non aveva redditi e si manteneva con la somma ricevuta, nel corso dell’anno 1999, a seguito del suo collocamento in mobilità, mentre dal gennaio 2010 Ella aveva iniziato a percepire una pensione di Euro 1.141,00 Euro mensili netti, oltre tredicesima, sua unica entrata.

3. Alla luce delle risultanze (non avendo la Ch. al pari del Fr. depositato gli estratti conto richiesti dalla Corte), pur considerando il sopravvenuto miglioramento delle condizioni della donna ed il pensionamento del Fr. (con un reddito di circa 2.000,00 Euro netti mensili e la percezione di un TFR di Euro 61.000,00), la Corte ha osservato che permaneva «un evidente divario economico tra le due parti» in quanto la condizione della ex coniuge (non più giovane e, quindi, tale da non poter ovviare al suo «tenore di vita in linea con quello della convivenza») giustificava la previsione, peraltro molto contenuta, dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il signor Fr., con tre mezzi di impugnazione.
5. La signora Ch. non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso (violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.) il ricorrente, censurata l’incompleta documentazione raccolta dal giudice distrettuale, e la mancata considerazione di ulteriori fonti di reddito (le ammissioni della Ch. circa la percezione di redditi da lavoro nella memoria nella fase di reclamo; la mancata produzione delle dichiarazioni reddituali e gli estratti dei conti correnti; la mancata inclusione nel reddito dell’assegno divorzile), nonché il mancato esame e valutazione della documentazione da Lui fornita (con note di deposito del gennaio e settembre 2015, contenente proprio gli estratti conto) in piena rispondenza con le richieste giudiziali, lamenta che il giudice non abbia valutato le risultanze e i comportamenti difformi tenuti dalle parti, escludendo il dovere di corrispondere l’assegno divorzile da parte dell’obbligato.
2. Con il secondo (violazione dell’art. 9 della legge n. 898 del 1971), il ricorrente lamenta il mancato esame degli elementi che avrebbero portato a dichiarare cessato il suo obbligo contributivo al primo gennaio 2011, invece che al momento della proposizione della domanda (introdotta dopo gli accertamenti relativi al mutamento delle condizioni economiche del coniuge, non collaborativo in ordine a quanto a lei richiesto) sicché, al momento della cessazione del suo rapporto di lavoro (il 30 giugno 2012) l’ex coniuge non avrebbe avuto diritto a percepire la quota del suo TFR, ai sensi dell’art. 12-bis della legge n. 898 del 1970.
3. Con il terzo mezzo (violazione dell’art. 112 c.p.c, in riferimento all’art. 9 L. n. 898 del 1970 e agli artt. 155-ter e 156 cod. civ. e 710 c.p.c.) il ricorrente, in subordine al mancato acc…

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http://www.divorzista.org/sentenza.php?id=13882

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