Istambul – Migliaia di oppositori contro Erdoğan

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L’iniziativa, senza antefatto nel Paese, è la più grande manifestazione di opposizione al presidente Erdoğan, a Istanbul non si vedeva una scena simile dai tempi di Piazza Taksim, tra il maggio e il giugno del 2013

Una manifestazione di contestazione al regime, senza precedenti, migliaia di persone, sotto un sole cocente, con cappellini bianchi sventolano migliaia di rosse bandiere turche,  insieme al ritratto del fondatore della Repubblica Mustafa Kemal, si sono radunate domenica 9 luglio a Istambul per difendere l’indipendenza della giustizia e denunciare la deriva autoritaria del potere.

Un “corteo” partito dalla capitale Ankara il 15 giugno ultimo scorso, per raggiungere Istambul, un percorso di circa 450 km durato 25 giorni, per protestare contro il giro di vite e gli arresti operati da parte del Governo turco di Recep Tayyip Erdoğan  dopo il fallito colpo di stato del 15 Luglio 2016.

“Nessuno pensi che questa marcia sarà l’ultima”, ha dichiarato Kemal Kılıçdaroğlu, social democratico e leader dell’opposizione, capo del CHP, il Partito Repubblicano del Popolo. (Cumhuriyet Halk Partisi, il più antico partito politico turco, rappresentante la principale forza politica laica del Paese), “Il 9 luglio, rappresenta solo una nuova tappa (…), l’inizio di una nuova storia”

Kılıçdaroğlu, avanzando senza distintivo di parte, senza bandiere di alcun partito, ostentava solo una camicia bianca, “Abbiamo scritto una leggenda, voi avete scritto, una leggenda», ha detto alla fine alla folla. “e l’opposizione turca oggi ha una voce più forte”.

Al grido di “giustizia” come parola d’ordine, ha trascinato una massa di persone via via, sempre più numerosa, attirando migliaia di oppositori di Erdoğan.

“Abbiamo marciato per la giustizia, abbiamo marciato per il diritto degli oppressi, abbiamo marciato per i deputati imprigionati, abbiamo marciato per i giornalisti imprigionati, abbiamo marciato per gli accademici licenziati dalle Università” ha proclamato durante la manifestazione questo politico di 68 anni, al quale la folla ha fatto eco con  le parole “DIRITTI, LEGGE, GIUSTIZIA”.

“Siamo venuti a difendere la libertà, la laicità e la repubblica, contro l’autoritarismo e la politicizzazione della magistratura”, afferma una donna, una madre, con accando due bambini piccoli, indossa una camicia bianca con su stampata la parola “giustizia”. Come la maggior parte dei partecipanti, la famiglia in Turchia, è il principale sostenitore del socialdemocratico partito di opposizione CHP.

Ala manifestazione di domenica che si é conclusa con l’arrivo dei manifestanti ad Istambul, oltre al CHP, si sono aggregati alcuni attivisti della sinistra e del partito comunista curdo,  una grande sfida al potere che si é schierato con 15.000 poliziotti in assetto di guerra per controllare l’evento.

Tra la folla numerosa un ragazzo di poco più di 19 anni, corre di qua e di là, per distribuire la brochure di una piccola organizzazione comunista: “La giustizia riguarda tutti” – dice -, “non soltanto il CHP, o l’HDP” – (il Partito Democratico dei Popoli, Halkların Demokratik Partisi, in curdo Partiya Demokratik a Gelan, un partito politico che unisce forze filo-curde e forze di sinistra della Turchia) – “nulla ci fermerà dal difendere la libertà e la giustizia, né le minacce di potere, né quelle dei padrini della mafia  fascista che sono i suoi alleati “.

Nonostante il successo della marcia di domenica e l’impatto positivo del raduno, per molti il futuro  politico della Turchia resta incerto. Molti preferiscono non farsi illusioni qualcuno ha asserito: “Io non credo che questo cambierà le cose, ma è stato già importante stare insieme, vedere che siamo in tanti e almeno in questa occasione aver sentito la nostra voce”.

Le opposizioni, hanno denunciato più volte la deriva autoritaria del capo dello Stato Erdoğan, il quale nel mese di aprile, con un referendum ha rafforzato i suoi poteri, che gli hanno consentito di avviare le sue purghe, 50.000 persone sono state arrestate e più di 150.000, tra cui insegnanti, giudici e militari, sono stati licenziati o sospesi dalle proprie funzioni.

La polizia turca ha arrestato ancora mercoledì scorso, 12 attivisti dei diritti umani, tra cui il presidente di “Amnesty International Turchia”, Taner Kiliç e sono stati fermati anche 22 avvocati. L’accusa, per tutti, è di aver avuto legami col movimento guidato da Fethullah Gülen, l’imam sospettato di aver ideato il fallito colpo di stato del luglio 2016 da anni rifugiato negli Stati Uniti.

Luigi Palumbo – Redazione estera Area Mediterranea, Balcani e Paesi Arabi

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