Tuttavia, nessuno si deve aspettare che Trump si possa scusare.
Il ruolo che gli Stati Uniti hanno assunto in occasione del vertice delle grandi economie G20, che in passato loro dominavano, è coerente con il mandato concesso a Trump di una politica estera nazionalista sotto lo slogan “America in primo luogo”.
Quando Trump è partito con l’aereo presidenziale per fare il lungo volo attraverso l’Atlantico alla volta della Germania, alcuni leader del G20 erano ben coscienti che i loro timori per un nuovo ruolo distruttivo americano stava arrivando nell’arena internazionale.
Non molto tempo fa, molti alleati statunitensi s’aspettavano d’entrare nell’era di Hillary Clinton, nella quale avrebbero raggiunto un certo successo sulla base di una visione condivisa della civiltà occidentale che, per preservare il nostro pianeta e la globalizzazione, avrebbe iniziato a fare passi in conformità con i noti approcci convenzionali; invece, devono affrontare il capriccioso presidente degli Stati Uniti che cerca di ricostruire l’Occidente secondo una propria visione nazionalistica, contraria al consenso e alle direttive della politica internazionale multilaterale e che non ha paura di giocare sulle differenze dei membri dell’UE.

Una tale scelta americana ha costretto altri paesi, in particolare la Germania sotto la guida del cancelliere Angela Merkel, ad assumere il ruolo di tradizionale leader occidentale – cosa di per sé sorprendente, dato che per diversi decenni Washington ha svolto il ruolo primario della diplomazia globale.
Dopo l’ultima riunione di sabato ad Amburgo, Trump si è rifiutato di partecipare alla usuale conferenza stampa di fine vertice. Di conseguenza, le impressioni del forum sono state condivise dai leader come Merkel, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente francese Emmanuel Macron, ma gli Stati Uniti non hanno reso nessun parere.
Certo è, che non avevamo bisogno di una conferenza stampa, per capire che da quando Trump ha preso l’incarico sei mesi fa, il suo secondo viaggio d’oltremare avrebbe dimostrato il cambiamento di ruolo dell’America sul palcoscenico internazionale.

L’impressione è che il presidente, mentre comunica con i leader stranieri, conduce incontri bilaterali e lunghi negoziati al più alto livello, si senta molto rilassato sul palcoscenico internazionale – nonostante il fatto che sua figlia Ivanka avesse provocato una qualche confusione comparendo al tavolo dei negoziati di sabato.
Al vertice G20, i rappresentanti di diversi paesi hanno accusato gli Stati Uniti per essersi ritirati dall’accordo sul clima di Parigi; tuttavia a Trump è stata fatta un’indulgenza, infatti, riguardo alla necessità di promuovere quello che lui ha definito il “commercio equo”, nel comunicato finale s’afferma la necessità di combattere il protezionismo, ma allo stesso tempo è stato riconosciuto “il legittimo ruolo degli strumenti protettivi del commercio”.
Nella relazione finale c’è stato il tentativo di concentrarsi sul fatto che in politica commerciale Washington condividesse la visione generale della Big Trade, anche se negli approcci i leader hanno riconosciuto l’esistenza di profonde differenze. Trump è riuscito a vincere le elezioni, anche in parte grazie alle sue affermazioni secondo cui i principali accordi commerciali multilaterali hanno indebolito l’economia americana; ha anche espresso dubbi sull’esistenza di un processo simile al riscaldamento globale ed ha affermato che l’accordo sul clima di Parigi elimina i posti di lavoro negli Stati Uniti.

Merkel ha usato la parola “rammarico” per descrivere la sua reazione al ritiro statunitense dall’accordo sul clima di Parigi, su cui ha giocato un ruolo importante la firma del predecessore di Trump, Barack Obama. Il leader tedesco ha sottolineato che i restanti 19 membri del G20 sono convinti che l’accordo climatico “non sarà soggetto a cancellazione”.
L’episodio più importante della visita di Trump in Germania è stato il suo incontro personale di due ore con Putin, nel quale ha sollevato la questione dell’interferenza russa nelle elezioni presidenziali. Tuttavia, i rappresentanti della Russia e degli USA hanno commentato in modo diverso le dichiarazioni di Trump riguardo l’intromissione russa nelle elezioni americane.
“Ha chiesto, ancora una volta, ha fatto molte domande su questo argomento. Sono riuscito a rispondergli… ho risposto a tutte queste domande – ha spiegato Putin sabato 8 luglio – Credo di avergli chiarito tutto questo e lui è d’accordo. Ma davvero, come lo ha preso, è meglio chiederglielo”.
Nel frattempo, venerdì 7 luglio, un alto funzionario dell’amministrazione americana ha detto a CNN che Trump non ha accettato la spiegazione di Putin secondo cui la Russia non aveva alcuna mano nell’interferenza.
Molti tifosi critici, probabilmente considereranno questo incontro come un segno che la Russia non subirà nessuna vera punizione per i suoi presunti tentativi d’aver contribuito alla sconfitta del candidato democratico, Hillary Clinton.

Tuttavia, questo incontro era di grande importanza anche in termini geopolitici. Infatti Trump, spiegando l’obiettivo principale del leader russo, che consiste nel trovare l’influenza persa della Russia, ha invitato Putin a tornare sul palcoscenico internazionale come un giocatore “uguale”. A giugno, gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno stretto e prolungato la validità delle sanzioni imposte alla Russia in relazione al suo intervento in Ucraina; i leader europei sperano che ora, tre anni dopo il furto della Crimea da parte della Russia, che l’incontro tra i due leader non porti ad un indebolimento della posizione degli Stati Uniti sulla questione ucraina.
Il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha spiegato che la relazione tra le due maggiori potenze nucleari del mondo è troppo importante per non continuare a lottare per trovare un accordo.
”Quando cominciamo a stabilire una relazione? Continuiamo a comunicare? Come lavoreremo insieme? ha espresso Tillerson.
Ovviamente ora sono nati seri disagi per sapere quali saranno i principi che dovrà difendere il blocco occidentale delle nazioni liberali, democratiche e globalizzate che dominavano la politica mondiale fin dalla fine della seconda guerra mondiale.

Parlando di Trump, lui quando giovedì 6 luglio ha consegnato la sua visione, ha chiarito uno dei momenti chiave della sua carriera presidenziale, che differisce sostanzialmente dal quadro del mondo dei suoi predecessori.
Il presidente americano, mentre nel suo discorso pronunciato in Polonia ha rinnovato la sua linea nazionale – imporre il divieto d’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini dei sei paesi prevalentemente musulmani, sospendere l’ammissione dei rifugiati – ha apertamente criticato i leader europei che hanno adottato gli immigrati musulmani, e che, secondo i critici, minacciano i valori occidentali.
“Abbiamo il desiderio e il coraggio di preservare la nostra civiltà di fronte a coloro che vogliono distruggerla?” ha affermato Trump, probabilmente riferendosi a Merkel, che ha preso in Germania centinaia di migliaia di rifugiati e che lui durante la sua campagna elettorale dello scorso anno, ha assiduamente criticato.
Sebbene le affermazioni di Trump fossero riferite al popolo polacco e al suo governo di destra, sono in grado di stimolare un conflitto con i leader alleati degli Stati Uniti che credono che per i valori occidentali le sue azioni e la sua retorica siano più pericolose, che l’immigrazione.

La Germania e l’Europa in generale sono estremamente insoddisfatti per le critiche di Trump sullo squilibrio commerciale tra Washington e Berlino – Merkel, ora che si sta preparando per essere rieletta per un nuovo mandato, ha ripetutamente sollevato questa questione nei suoi discorsi.
Sebbene Trump si sia effettivamente isolato dalla maggioranza degli alleati americani, al vertice G20 di Amburgo ha offerto con intelligenza un prezioso regalo politico al primo ministro della Gran Bretagna, Teresa May: il presidente ha dichiarato che, a suo avviso, l’accordo di uscita dall’Unione europea rafforzerà la posizione del Regno Unito, ed è meglio concluderlo “molto, molto rapidamente”.