Vizi e virtù di un capo e di un popolo

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Quante volte ci siamo imbattuti in una notizia che ci indica i vizi più delle virtù di un leader? A questo punto mi chiedo, prima di trattare la questione sotto un profilo etico, se possiamo pretendere un premier virtuoso mentre tutto intorno vi è una società che si considera libera solo perché è lasciata al suo arbitrio che spesso non riesce a distinguere la ragione dal torto, il bene dal male? Ne consegue che dopo decenni di istigazione al fai come ti pare anche la morale, quella della nostra tradizione per intenderci, sembra oramai tramontata.

In effetti la piega assunta dalla pubblica moralità italiana è stata una vera e propria degenerazione dei costumi in soli pochi anni. Oggi è normale che una coppia conviva senza sposarsi e avere figli. Oggi è normale che si evade e se ne tragga vanto. Oggi è normale sbeffeggiare le leggi, la giustizia e i suoi tutori in specie se si hanno i soldi per attendere sentenze a distanza di anni e raggiungere la prescrizione. E’ normale entrare nell’icona dei privilegi, e la politica è una di essi, per sentirsi al di sopra delle leggi. Oggi anche nelle piccole cose si ha sentore di “immunità”: auto lasciate in seconda fila, parcheggiate sotto i cartelli di divieto, si sfreccia sulle autostrade a 200 all’ora, si telefona mentre si guida, ecc.

Sembra che i cittadini siano lasciati senza controllo. Ma proprio per questo motivo dovremmo non giustificare, ma severamente censurare, chi ricoprendo cariche pubbliche e continua a dare esempi poco edificanti peggiorando quell’andazzo che sta determinando, anno dopo anno, pesanti ricadute non tanto sulla moralità quanto sulla tenuta della democrazia, sul rispetto delle istituzioni, sulla necessità di porre mano a riforme come quella della giustizia non nel senso di favorire qualcuno ma nell’interesse generale del paese.

Oggi non abbiamo il 45% degli elettori che disertano le urne per dissenso ideologico ma perché nauseati dal comportamento dei loro rappresentanti. Mi riferisco allo spettacolo di parlamentari che cambiano casacca con disinvoltura, che litigano per un incarico affidato ad altri o ancora di sprechi, di abusi e quanto altro da parte di chi è preposto alla gestione del denaro pubblico e al suo buon uso. A Napoli dicono, e non credo solo a Napoli: “il pesce puzza da la capa” e allora troviamo il coraggio e la fermezza d’invertire questa tendenza perversa incominciando proprio da “la capa” perché dobbiamo lasciare un messaggio e un segnale proprio da chi ci guida.

Riccardo Alfonso

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