Quando la politica diventa merce

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 di Eugenio Sangregorio

BUENOS AIRES – “Come ci ricorda un articolo pubblicato il 5 agosto scorso su LA NACIÓN firmato da Eduardo Fidanza, in Argentina, come del resto in tanti altri Paesi, le campagne politiche, da anni, sono diventate sfide di Internet”. Sono le riflessioni con cui si apre l’articolo a firma di Eugenio Sangregorio..


“Non possiamo dimenticare che sono stati gli USA ad insegnare al mondo come si gestisce sulle reti una campagna politica, come forzare fino in fondo il lavaggio di cervello per ottenere un voto in più. Ma noi, a prescindere che l’utilizzo delle reti è fondamentale per la trasmissione di messaggi, siamo assolutamente contrari al lavaggio del cervello. I politici argentini, appoggiati in una profonda ignoranza della società che ancora gioca, anche in politica, al Boca-River, hanno sterilizzato le proposte, i suggerimenti, le idee per cercare di superare i sondaggi.
Noi dell’USEI, potremmo essere forse considerati all’antica, ma puntiamo sull’onestà intellettuale e la sfida delle proposte. La Politica non è merce, anche se, da Giulio Cesare ad oggi, passando per Machiavelli, la strategia è ovviamente un elemento fondamentale in una campagna politica, ma non è l’essenza. L’essenza, a nostro criterio, è l’avvicinamento ai votanti, chiedere loro cosa possiamo cambiare, formare idee e proposte, nonché costruire una linea politica in tal senso.

Sappiamo che oggi ci si può anche dimenticare del votante per vincere una campagna, ma si perderebbe così lo spirito della vera politica, fondata sul miglioramento della condotta ed il miglioramento dello stile di vita di una società.
Fare politica di emigrazione con una diaspora così grande come l’italiana non è facile. Per decenni la maggior parte dei politici dei più diversi partiti italiani, ha preferito giocare con le nostre speranze, senza ascoltarle, senza decifrarle ed agire in risposta. Certamente non sono stati solo loro ad incidere sui poveri risultati positivi, ma, purtroppo, hanno avuto la meglio.
Oggi il nostro Paese non ha saputo ancora risolvere il nodo principale di tutti i problemi delle comunità italiane all’estero. Personaggi come Mirko Tremaglia ce ne son stati pochi, anzi, crediamo che sia stato l’unico a combattere in Parlamento e a denti stretti per ottenere AIRE e voto politico. Dal 2006, anno delle prime elezioni politiche con il voto estero, fino ad oggi, soltanto abbiamo potuto vedere buone intenzioni di alcuni, ma, alla fin fine, continuiamo a significare, per la maggior parte degli italiani in Patria, un peso e non una risorsa. Sono pochi, troppo pochi, in Italia, a conoscere quanto sia stato importante il lavoro degli italiani all’estero nel dopo guerra. Quanti sanno che, attraverso le rimesse dei nostri emigranti, il paese ha superato forti crisi ed ha potuto svilupparsi a partire dalla fine degli anni 50’? Quanti sanno che il 33% del fatturato della Pirelli proviene dal Brasile? Quanti sanno che la lana dei prodotti Benetton proviene da 1 milione di ettari di terra argentina? Quanti conoscono Paolo Bellini che ha fondato nel sud del Brasile la fabbrica di autobus più grande del mondo, o che la Grendene o la Vulcobras sono ditte di due fratelli discendenti di italiani che lottano per diventare le fabbriche di scarpe più grandi del mondo? Quanti sanno che la Tramontina è la ditta di discendenti di italiani che fabbrica la maggior parte delle posate di tutto il mondo? O che un calabrese venuto in Argentina con una valigia con lo spago è riuscito a costruire una ditta che da lavoro a migliaia di persone? In Italia, di questi dati nessuno si interessa e noi italiani all’estero siamo ancora visti come un peso per lo Stato, quando sono briciole quelle che l’Italia destina all’estero in confronto alle enormi risorse che provengono dalle nostre comunità.

Eugenio Sangregorio, come tanti di voi, è un emigrante che ha costruito una carriera in base a sacrificio, lavoro e amore. Questo è l’USEI, sacrificio, lavoro e amore. Sono al vostro servizio perché, quando sarò seduto in Parlamento, sarò uno di voi, pronto a difendere la dignità di ogni cittadino italiano che abita fuori dall’Italia. Sarò la vostra voce e una spina per i corrotti o i “comodi” che vogliono soltanto una poltrona a Roma. La “comoda poltrona”, di cui non ho bisogno, me la son costruita da solo, lavorando da che ho ricordo. Voglio semplicemente diventare il portavoce di una diaspora gigantesca che ha diritti da ottenere, che non può continuare ad aspettare qualche miracolo economico per essere considerata dalla Madre Patria.
Quindi, tornando al discorso del principio, ringraziamo il progresso tecnologico che ci permette di raggiungervi meglio, ma non è nostra intenzione lavarvi il cervello con promesse assurde, bensì farvi sentire più italiani, più vicini al nostro Paese”.

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