Spagna, missione UE compiuta: più profitto, meno salario e meno lavoro

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Il Sole24Ore ci informa oggi che la Spagna sta andando a gonfie vele, avendo recuperato tutto il PIL perso nella crisi del 2008, a differenza dell’Italia. Il merito secondo il Sole è dell’abbassamento del costo del lavoro (=taglio dei salari) e dell’aumento di produttività (=aumento disoccupazione). Il risultato è un aumento del PIL dell’8% rispetto al 200 (= maggiori profitti delle imprese) Per il Sole24Ore ovviamente la Spagna è “un esempio” da seguire.

 

In cifre, dal 2006 ad oggi:

  • PIL Spagna +8%
  • Disoccupazione +2 milioni (+17%)
  • Salari -30 miliardi euro
  • Tassa sui profitti aziendali scesa dal 35% al 25%

Salari -30 miliardi => profitti +30 miliardi, a imposizione invariata. Gli acquisti milionari dei club spagnoli posseduti da banche e magnati sono la prova più evidente della florida situazione delle élite spagnole.

 

 

E con domanda interna in calo e settore delle costruzioni fermo lo sviluppo spagnolo si basa esclusivamente su export (un terzo del PIL) e turismo.

Elogi anche da Mario Draghi alle riforme strutturali di Rajoy: “Le riforme del mercato del lavoro intraprese in Spagna a metà 2012 sono un esempio di riforme strutturali che sono riuscite a sbloccare il mercato. Il tasso di disoccupazione, che ha raggiunto il 26,5% nel 2013, è sceso al 19%“. Che fortunelli gli spagnoli.

Ottima la sintesi del Sole24Ore:

“determinanti sono state alcune riforme realizzate dal governo conservatore, soprattutto per dareulteriore flessibilità al lavoro, favorire così la ristrutturazione delle imprese e dell’economia, ridarecompetitività al Paese. La Spagna insomma non ha sprecato l’occasione e anche con i vincoli della moneta unica ha saputo ridare capacità di competere all’economia: la svalutazione interna ha avuto tuttavia dei costi sociali altissimi in termini di disoccupazione, occupazione precaria e minor reddito a disposizione delle famiglie.”

E ancora:

“Le politiche di austerity – imposte da Bruxelles e condivise con molta attenzione dal governo conservatore di Mariano Rajoy – hanno di certo sostenuto la credibilità di Madrid sui mercati finanziari, ma non hanno aiutato il reddito delle famiglie spagnole. Le stesse riforme realizzate, con coraggio, dalla maggioranza popolare – il mercato del lavoro, le relazioni industriali, la ricapitalizzazione delle casse di risparmio – sono state  determinanti nel dare una scossa all’attività delle imprese, in cambio tuttavia di costi sociali altissimi e maggiori disuguaglianze. Le ferite nel Paese sono ancora evidenti mentre è chiaro che l’economia spagnola farà molta fatica a riassorbire i quattro milioni di disoccupati che le statistiche ufficiali ancora segnalano, su una popolazione totale di 47 milioni di abitanti.”

Analisi pienamente condivisibile, ma fatta ovviamente a posteriori. Anticipare al popolino i risultati devastanti delle riforme strutturali non sarebbe stato molto popolare, a dispetto del nome del partito di Rajoy.

Noi con il professor Rinaldi e altri facemmo queste (facili) previsioni circa gli effetti delle riforme “imposte da Bruxelles” qualche anno fa, ovviamente tra i lazzi di europeisti e piddume assortito. E ora che si fa con queste famiglie senza reddito, visto che Bruxelles ha imposto la nuova normalità, con disoccupazione “difficilmente riassorbibile” per usare il dolce eufemismo del Sole?

Resta la solita domanda da rivolgere ancora una volta ai nostri governanti del Partito Democratico: sono di sinistra queste riforme strutturali che aumentano i profitti delle imprese e tagliano salari e occupazione dei lavoratori?

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