Quanto è forte Putin?

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di  Gabrielis Bedris

L’autorità del presidente russo Vladimir Putin è più debole di quanto sembra; infatti, il fondamento del potere di Putin – l’accordo economico clientelare che ha assiduamente consolidato nella generazione passata – è diventato la principale minaccia alla sua sopravvivenza politica.
La ragione è semplice: la mancanza di credibilità nei diritti di proprietà del sistema capitalistico di Putin, forza i funzionari e gli oligarchi russi a tenere i loro soldi all’estero, in gran parte entro giurisdizioni di governi occidentali che sono contrari al presidente stesso.

Con l’aiuto di fedeli attentamente selezionati, Putin ha istituito tre circoli di potere: lo stato, le società statali e le società “private” dei fedeli. Il processo è iniziato mentre fungeva da capo del Servizio di Sicurezza Federale, dal 1998 al 1999, quando dirigeva la polizia segreta; ma è stato il primo mandato di Putin a presidente della nazione, dal 2000 al 2004, che ha costituito il vero capolavoro del potenziamento del potere da parte “del tirannico in erba”. In primis, nell’estate del 2000, ha preso in mano la televisione statale russa; successivamente, ha stabilito il suo “potere verticale” sull’amministrazione statale e sulle amministrazioni regionali, così come la sua “dittatura giuridica” sul sistema giudiziario. Poi, nelle elezioni parlamentari del 2003, Putin ha ottenuto un solido controllo sulla Duma di Stato (la Camera inferiore) e sul Consiglio Federale (la Camera superiore) della legislatura russa.

All’apice del potere statale, il Consiglio di sicurezza, ha posto tre generali del KGB: Sergei Ivanov, Nikolai Patrushev e Aleksandr Bortnikov.
Poi, per rafforzare il secondo cerchio del suo potere, ha potenziato ad uno ad uno il controllo sulle corporazioni statali, a partire da Gazprom nel maggio 2001, nominando suoi fedeli come capi, dirigenti e presidenti. I tre top manager delle società statali sono Igor Sechin, di Rosneft, Aleksei Miller, di Gazprom e Sergei Chemezov, di Rostec.
Putin ha conquistato la sua autorità sul settore statale nel 2007, durante il suo secondo mandato quando, con fondi economici a basso costo, spesso garantendo nelle industrie un sistema di monopolio, ha creato grandi aziende che da allora si sono estese in modo sostanziale. E, siccome queste società, piuttosto che di crescita economica, sono considerate come fonte di potere e rendite per affitti, sono particolarmente disinteressate della concorrenza, innovazione, imprenditorialità e produttività. L’unico standard richiesto per la corporate governance è la fedeltà a Putin.

Poi c’è il terzo cerchio di potere, che comprende gli “amici” più potenti di Putin – i primi quattro sembrano essere Gennady Timchenko, Arkady Rotenberg, Yuri Kovalchuk e Nikolai Shamalov – e le loro aziende. Il loro comportamento è generalmente considerato cleptocratico, anche se Putin ha spesso utilizzato la sua autorità legislativa per assicurare che molte delle loro dubbie attività fossero tecnicamente legali. Ad esempio, gli “amici” hanno il diritto di acquistare beni dalle società statali a prezzi discrezionali e partecipare agli appalti pubblici senza alcuna concorrenza.
Il sistema che Putin ha creato è sorprendentemente simile al sistema zarista che ha prevalso fino alle “grandi riforme” degli anni ’60.
Infatti, Putin è spesso chiamato un nuovo zar, perché il suo potere è giuridicamente illimitato (anche se la sua preoccupazione con i sondaggi dimostra che il sentimento pubblico sta diminuendo). Piuttosto che promuovere lo sviluppo istituzionale, ha perseguito una de-instituzionalizzazione di grande portata, volta a concentrare ed aumentare in suo potere esecutivo, legislativo e giudiziario.
Ma in assenza di credibili diritti di proprietà, i russi ricchi, tra cui gli “amici” di Putin, sanno che gli unici posti per mantenere i loro beni al sicuro è all’estero. E, grazie ad un rublo completamente convertibile e all’assenza di restrizioni sui flussi di capitale, possono trasferire i loro guadagni nel mare aperto dei paradisi fiscali.
Ciò naturalmente, ha creato un quarto cerchio di potere, su cui Putin non ha alcun controllo: gli stessi paradisi fiscali offshore. Questi paradisi non sono molto sicuri come quelli di una volta.
Con la task force di azione finanziaria, che ha ridotto il segreto bancario in Svizzera e ha ripulito molti piccoli paradisi fiscali posti su varie isole, sono rimaste solo due grandi destinazioni che consentono l’afflusso di valuta anonima e accettano in modo nascosto i beneficiari economici degli asset: gli Stati Uniti e il Regno Unito. Negli Stati Uniti, facilitando il riciclaggio di denaro attraverso opachi conti bancari di imprese di diritto, si muovono ogni anno decine di miliardi di dollari.

In generale, i governi occidentali non esercitano molto controllo su tali attività all’interno delle loro frontiere. Infatti, mentre i beni degli amici di Putin negli Stati Uniti e nell’Unione europea dovrebbero essere congelati, secondo le sanzioni imposte dopo l’illegale annessione della Crimea nel 2014, quasi nessuno ha fatto qualcosa e si è attivato.
È giunto il momento di cambiare, è arrivato il tempo d’avviare indagini approfondite sui beni delle persone sanzionate. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, che presumibilmente detengono la grande maggioranza della ricchezza offshore russa, devono aggiungersi ai loro omologhi della maggior parte d’Europa, e proibire l’anonimato dei beneficiari. Gli Stati Uniti, per trasferire denaro anonimo o sporco nel paese, dovrebbero anche proibire l’utilizzo del privilegio di avvocato-cliente. La buona notizia è che ci sono all’orizzonte dei progressi. Un nuovo disegno di legge, che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato in legge il 2 agosto, richiede entro 180 giorni indagini approfondite su “figure politiche straniere e oligarchi della Federazione russa” – tra cui “spose, figli, genitori e fratelli”.

Come sottolinea il veterano politico liberale russo Leonid Gozman, “a giudicare dalle dichiarazioni dei nostri propagandisti lo Stato russo è molto prezioso”, ma è anche “un elemento molto fragile che può essere distrutto da qualsiasi cosa”, dalla lotta contro la corruzione, agli sforzi per eliminare i funzionari cleptocratici. Data la grande quantità di capitali russi accumulati a New York, Londra e altrove, l’Occidente si trova nella posizione ideale per utilizzare questa fragilità russa.

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