Palestina. Riconciliazione più vicina

Senza categoria

Di

Hamas ha detto ieri di aver sciolto la commissione amministrativa, di essere d’accordo ad indire elezioni generali (le prime dal 2006) e di permettere ad un governo di intesa nazionale di amministrare la Striscia. Fatah: “Parole incoraggianti, ma attendiamo ora passi concreti”

Sempre più vicina la riconciliazione tra Hamas e Fatah. Ieri il movimento islamico palestinese ha annunciato infatti di aver sciolto la sua commissione amministrativa formata a inizio anno, di essere d’accordo ad indire elezioni generali (sarebbero le prime dal 2006) e di permettere ad un governo di intesa nazionale di amministrare la Striscia di Gaza.

In pratica gli islamisti hanno accettato le tre richieste fatte dal presidente Abbas per porre fine alle divisioni interne al mondo politico palestinese. Il leader di Fatah, visibilmente soddisfatto per la vittoria politica, si è mostrato però cauto: secondo lui ora dalle parole bisogna passare ai fatti. Dello stesso avviso il suo collega di partito Mahmoud Aloul che ha definito le notizie di ieri “incoraggianti”, ma “vogliamo vedere cosa accade realmente prima di muoverci alla seconda fase. Noi di Fatah però siamo pronti alla riconciliazione”.

Una possibilità che però appare concretal’alto ufficiale di Fatah, Azzam al-Ahmed, ha infatti riferito che i due partiti si incontreranno al Cairo entro 10 giorni quando il governo di unità nazionale dovrebbe già aver iniziato ad amministrare Gaza. A questo primo incontro, ha spiegato al-Ahmed, dovrebbe seguire un vertice a cui parteciperanno tutte le forze politiche palestinesi che hanno firmato nel maggio del 2011 l’accordo di riconciliazione.

La prudenza di Ramallah è d’obbligo visto che negli ultimi 10 anni – da quando cioè Hamas ha assunto il controllo della Striscia cacciando Fatah – i diversi tentativi di riconciliazione tra le due parti si sono sempre rivelati fallimentari. L’ultimo accordo d’intesa tra il movimento islamico e l’Autorità palestinese (Ap) è stato raggiunto nell’aprile del 2014 e avrebbe dovuto portare a delle elezioni generali.

Tuttavia, a causa della devastante offensiva israeliana “Piombo Fuso” nella Striscia e di una disputa sul pagamento dei salari a decine di migliaia di forze di sicurezza di Hamas, l’accordo di unità nazionale non è stato nei fatti mai implementato. Anzi, la crisi interna al mondo palestinese è andata peggiorando quando a inizio anno gli islamisti hanno annunciato a Gaza di aver formato una commissione per amministrare il piccolo lembo di terra palestinese. Un atto che ha mandato su tutte le furie Ramallah che ha accusato i rivali politici di aver voluto istituire nella Striscia un “governo ombra” indipendente da quello cisgiordano.

L’Ap – dominata da Fatah – ha quindi optato per la linea dura peggiorando la situazione umanitaria nella Striscia (tagli sui carburanti, medicine e salari per i dipendenti pubblici ed ex prigionieri) nel tentativo di far cadere Hamas e rimpossessarsi dell’enclave. Non pago, lo scorso mese Abbas ha minacciato di prendere ulteriori misure repressive contro i suoi abitanti nel caso in cui Hamas non si fosse attenuta alle tre richieste dell’Autorità palestinese (scioglimento della commissione, trasferimento dell’amministrazione di Gaza all’Ap ed elezioni).

Se Fatah è prudente, maggiore soddisfazione per l’annuncio fatto ieri dal movimento islamico è stata espressa da Nickolay Mladenov, il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente. Mladenov ha chiesto a “tutte le parti di cogliere questa opportunità per riportare l’unità e aprire una nuova pagina per il popolo palestinese. “L’Onu – ha aggiunto – aiuterà questi sforzi [diplomatici]. E’ fondamentale che la grave situazione umanitaria a Gaza, soprattutto la paralizzante crisi elettrica, sia trattata come priorità”.

Le aperture confermate ieri da Hamas giungono a distanza di una settimana dalla visita di una sua delegazione al Cairo. Recentemente il movimento islamico ha provato a migliorare le sue relazioni con l’Egitto (tesissime dopo il golpe militare di al-Sisi nel 2013) smarcandosi prima dalla Fratellanza musulmana (“terroristi” per il governo egiziano) e poi aumentando i controlli al confine tra la Striscia e l’Egitto. L’obiettivo è chiaro: uscire dall’isolamento politico alleviando le pene della sua popolazione intrappolata nella piccola enclave. Uno dei primi passi potrebbe essere l’apertura del valico di Rafah che alleggerirebbe l’asfissiante assedio israeliano.

Il presidente Abbas, intanto, è arrivato ieri a New York dove prenderà parte ai lavori della 72esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Mercoledì incontrerà il suo pari statunitense Donald Trump, un giorno prima del suo discorso al Palazzo di Vetro.

Nena News

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube