L’accoglienza dei migranti in condominio: quali soluzioni?

Noi e il Condominio

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Verso un condominio multietnico. Locazione e comodato di immobili a soggetti in difficoltà

L’accoglienza di migranti all’interno della compagine condominiale può creare delle difficoltà, che si moltiplicano in caso di locazione a soggetti irregolari. Analizziamo alcune delle problematiche giuridiche sottese ai contratti conclusi con cittadini non appartenenti alla comunità europea e le questioni scaturenti dal multiculturalismo in condominio.

Locazione e comodato da parte delle Onlus. Spesso le Onlus hanno la disponibilità di appartamenti ubicati in stabili condominiali che vengono concessi gratuitamente ai migranti, fatta salva una quota di rimborso per le spese di gestione. Nella maggior parte dei casi si tratta di comodato a termine.

Nel contratto di comodato una parte (l’associazione) consegna all’altra (il profugo) un bene, sia esso mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo ed un uso determinato, con l’obbligo di restituire la cosa ricevuta (art. 1803 c.c.). Si tratta di un negozio gratuito, in cui non è previsto alcun corrispettivo. Tuttavia il comodatario, ossia il soggetto che riceve il bene, non ha diritto al rimborso per le eventuali spese affrontate per servirsi del bene. Inoltre, egli è tenuto a conservare la res con la diligenza del buon padre di famiglia. Quando le Onlus non sono titolari di beni immobili, li prendono in locazione per lo svolgimento di finalità di utilità sociale. Vediamo come.

Locazione di immobili comunali alle Onlus. L’emergenza relativa all’accoglienza di cittadini stranieri richiedenti asilo è nota; gli uffici territoriali del governo (prefetture) sollecitano la collaborazione delle amministrazioni comunali; le quali, essendo in possesso di immobili, li concedono in locazione ad associazioni in possesso dei requisiti tecnici e professionali idonei.

Spesso gli appartamenti sono concessi in locazione agevolata per via della loro natura, ossia in considerazione delle dimensioni, della collocazione, dello stato di conservazione, in buona sostanza della “scarsa appetibilità” sul mercato immobiliare locale.

Analizziamo ora le problematiche più frequenti relative alla presenza degli ospiti delle Onlus.

Andirivieni di soggetti estranei al condominio: sicurezza dello stabile. Nel caso di locazione o comodato di unità immobiliari site in condominio da parte di Onlus a soggetti in difficoltà, emergono delle problematiche afferenti alla presenza di individui, spesso diversi, che accedono liberamente allo stabile. Ne consegue che gli altri proprietari possano sollevare delle rimostranze sotto il profilo della sicurezza. Infatti, concedere le chiavi del portone di ingresso a soggetti non ben identificati potrebbe effettivamente provocare un vulnus alla sicurezza dell’edificio.

In questo senso, si segnala che, qualche anno fa ad Eraclea, un gruppo di condomini si era opposto alla decisione del proprietario dello stabile di ospitare cittadini stranieri richiedenti asilo. I condomini contestavano tale scelta lamentando il mancato rispetto del regolamento condominiale, oltre alla modifica di destinazione d’uso degli appartamenti. Infine, lamentavano un pericolo per la sicurezza e per la salute dei condomini, in quanto il portone di ingresso era sempre aperto, a causa del viavai degli ospiti. Nel 2015 il Tribunale di Venezia ha rigettato la richiesta dei condomini, confermando il diritto del proprietario di ospitare i profughi. Tuttavia il giudicante ha ravvisato molteplici violazioni al regolamento di condominio ed ha imposto alla cooperativa di adoperarsi al fine garantire il rispetto delle regole.

Violazione del regolamento di condominio e rimedi. Si precisa che il proprietario di un immobile è libero di locarlo a chi meglio crede, a prescindere dalla nazionalità o dal credo religioso. Quel che rileva è l’osservanza della normativa, in quanto tutti sono tenuti al rispetto della legge. I casi più frequenti di contrasti condominiali riguardano l’abuso nell’impiego delle parti comuni. Nel succitato caso di Eraclea, i condomini lamentavano che gli ospiti utilizzassero le ringhiere quali stenditoi e dormissero nel cortile o nel giardino condominiale. A tal proposito, si ricorda che ciascun condomino può far liberamente uso di una parte comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso (art. 1102 c.c.).

Grava sull’amministratore il compito di verificare come vengono impiegati i beni ed i servizi comuni. Egli deve disciplinarne il godimento, di guisa che sia assicurata a tutti i condomini la migliore fruibilità (art. 1130 c. 1 n. 2 c.c.). Qualora il singolo condomino realizzi comportamenti che compromettano negativamente la destinazione delle parti comuni, l’amministratore o i singoli condomini possono diffidarlo dal continuare. Se l’esecutore prosegue nella sua condotta, l’amministratore può convocare l’assemblea per sottoporre la questione all’adunanza condominiale (art. 1117 quater c.c.)

Destinazione d’uso degli appartamenti. Sempre con riferimento al caso deciso dal tribunale veneto, si precisa che il giudice ha rigettato l’argomentazione sulla modifica di destinazione d’uso degli appartamenti concessi ai migranti. Secondo gli attori, infatti, le unità immobiliari venivano utilizzate come dormitorio e, quindi, al di fuori della destinazione abitativa propria degli appartamenti. Per contro, ad avviso del giudicante, la locazione a soggetti in difficoltà e, quindi, la creazione de facto di una sorta di “centro di accoglienza”, non determina alcuna modifica della destinazione d’uso.

Numero eccessivo di persone rispetto a quanto statuito nel contratto di locazione. Cosa accade se il contratto di locazione è intestato ad un solo soggetto ma l’appartamento è abitato da molte persone? La legge prevede che per ogni abitante della casa debba essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq. 14, per i primi 4 abitanti, e mq. 10, per ciascuno dei successivi (art. 2 D. M. 5 luglio 1975). Il limite massimo di persone che possono vivere in un appartamento, pertanto, è limitato. Qualora queste regole non vengano rispettate ci si può rivolgere alle forze dell’ordine.

Ospitalità a soggetti privi del permesso di soggiorno: obblighi dell’ospitante. Ai sensi dell’art. 7 del T. U. sull’immigrazione (d. lgs. 286/1998) «chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all’autorità locale di pubblica sicurezza».

Le disposizione continua chiedendo che vengano comunicate le generalità dello straniero, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l’esatta ubicazione dell’immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata. Il mancato rispetto del suddetto obbligo di comunicazione comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 160 a 1.100 euro.

Locazione a stranieri senza permesso di soggiorno. L’art. 12 c. 5 del T.U. sull’immigrazione dispone che «chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero […] favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a euro 15.493». Trattasi del reato di agevolazione (rectius: favoreggiamento) della permanenza illegale di stranieri irregolari.

La giurisprudenza ha chiarito che per integrare il reato di cui sopra non è sufficiente concedere in locazione un immobile all’immigrato, ma è necessario che le condizioni della locazione siano sproporzionate e dettate dalla situazione di debolezza contrattuale del clandestino; in altre parole, si deve sfruttare l’irregolarità dello straniero per lucrare su di lui. Il reato di cui sopra, infatti, richiede il dolo specifico, ossia il reo deve trarre un ingiusto profitto dalla permanenza del clandestino nel territorio dello stato. In ragione di ciò, la mera locazione non costituisce reato; per contro, se viene richiesto un canone d’affitto esorbitante rispetto al canone normalmente praticato, in altre parole, se risulta in modo macroscopico che il locatore stia approfittando della condizione di illegalità di uno straniero e, conseguentemente, stia favorendo volontariamente e dolosamente la sua presenza irregolare sul territorio italiano, ebbene tale condotta costituisce reato(Cass. 26457/2013).

Molestie olfattive e reato di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.). Oltre alle immissioni sonore, può crearsi un problema anche per quelle olfattive. Si pensi al cattivo odore proveniente da un ristorante o dalla cucina di un singolo condomino. Così come per alcuni può essere intollerabile l’olezzo di fritto, per altri è insopportabile quello della cucina etnica. Non a caso, negli ultimi anni, si sono moltiplicate le lamentale condominiali afferenti agli odori provocati da un tipo di cucina diverso da quello tradizionale. L’uso di spezie dal profumo particolarmente penetrante nella preparazione di varie pietanze può risultare molesto.

Recentemente la Suprema Corte ha ravvisato il reato di cui all’art. 674 c.p. in relazione alla condotta del condomino del piano terra la cui cucina era così “molesta” da arrecare nocumento ai proprietari del terzo piano, in quanto superava la normale tollerabilità (Cass. 45230/2014; Cass.14467/2017). In particolare, gli Ermellini hanno sostenuto che «la contravvenzione prevista dall’art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di “molestie olfattive” a prescindere dal soggetto emittente, con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo […] al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c., che comunque costituisce un referente normativo, per il cui accertamento non è necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento […] su elementi probatori di diversa natura e dunque sulle dichiarazioni delle persone offese e del tecnico di loro fiducia».

Se gli “ospiti” non restituiscono l’immobile in comodato che succede? Recentemente il Tribunale di Trento si è occupato di una Onlus dedita all’accoglienza ai migranti, la quale aveva concesso un immobile ad un cittadino tunisino per quattro mesi. Decorso tale torno di tempo, l’appartamento non veniva liberato e si giungeva in tribunale. Il giudice ha disposto che l’associazione, titolare degli alloggi, abbia diritto al rilascio dell’immobile concesso in comodato, che deve essere restituito libero e vuoto da persone e cose; inoltre, ha condannato il tunisino al pagamento delle spese accessorie e di quelle processuali (Trib. Trento 26 gennaio 2017 n. 91).

Per finire, migranti, clandestini, rifugiati e richiedenti asilo: facciamo chiarezza. Senza pretesa di completezza ed in estrema sintesi, si rappresenta quanto segue.

Il termine “migrante” non ha una connotazione giuridica, esso qualifica soggetti che si spostano da un’area ad un’altra per ragioni di convenienza personale. Il migrante è regolare se entra nel territorio dello stato con un permesso di soggiorno, nel caso in cui vi acceda e/o permanga in sua assenza è considerato un clandestino.

Il rifugiato, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, è chiunque «[…] nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza […]».

Il richiedente asilo è chi ha abbandonato il paese d’origine, ha formulato una richiesta di asilo in un paese terzo ed è in attesa di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.

Avv. Marcella Ferrari (Condominioweb.com del 3.10.2017)

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