Metti una sera a cena con Dino Sigarini. E via, tra nostalgia e malinconia

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Metti una sera a cena. Con Arduino Sigarini, per gli amici “Dino”. E la mente si apre a qualsivoglia emozione, in bianco e nero, con la fottuta malinconia a farla da padrone, appena smorzata dal sorriso eterno, e contagioso, di Sigarini grazie ad un solco lungo il viso come una specie di sorriso stampato sul suo volto.

E tra un carpaccio di tonno ed un piatto di cozze ripiene, due mozzarelle ed il profumo degli spaghetti con cozze e vongole che, di lì a poco, sarebbero arrivati al nostro tavolo, il tutto innaffiato con dell’ottimo bianco locale, voce e mente son diventati un sol tutto dove i ricordi e gli aneddoti della sua epoca han preso il posto del pur ottimo menu servitoci.

Sigarini, in compagnia della sua adorata nipotina, tifosissima del Bari, ha deciso di venire a Bari per il weekend in quanto, sospinto dal suo amore ancora intatto per Bari e per il Bari, voleva assistere ad una gara dei biancorossi, quella contro l’Avellino, appunto.

E dopo cena, ho provato a chiedergli qualcosa, eludendo le solite domande di routine, preferendo, come nel mio stile, l’introspezione.

Allora, Sigarini, quei capelli che portava alla sua epoca, quasi alla “Lucio Battisti”, da dove nacquero?

Per la verità al mio matrimonio portavo capelli lunghi ma con la riga al lato, dopo mi stufai di quella pettinatura e cercai qualche modello da emulare. Così mi accorsi che il tipo di capelli di Battisti, alti e ricci, si adattavano a me. Diciamo che Battisti ci ha messo del suo e quindi li cambiai e li buttai tutti all’indietro”.

Lei passava per il più bello della squadra: come ci si sentiva?

Semplicemente, non mi ci sentivo per nulla, anzi mi vedevo brutto. L’ho scoperto solo dopo che potevo piacere”.

Ha mai avuto il sospetto di essere il più bravo?

Intimamente lo percepivo, ma non ho mai avuto la boria di ritenermi il più bravo. Pensavo solo, tra di me, che ero bravino”.

Cosa dicevano di lei i suoi compagni?

Nulla di che, ho sempre cercato di mantenere un buon rapporto con tutti, difficilmente litigavo, son sempre stato un tipo accomodante”.

Chi era, allora, il bello della squadra?

Ma non ha detto che ero io? – risponde sorridendo – Ma no, Scarrone sicuramente era il più affascinante”.

E’ rimasto identico nell’aspetto, tranne che nei capelli i quali, fisiologicamente, si sono imbiancati.

Mi vedo allo specchio e mi vedo sempre così come sono, Non so, madre natura mi ha fatto così”.

Gioca ancora a pallone?

No, purtroppo ho avuto qualche problema al cuore e adesso faccio qualche corsettina al mattino per mantenermi in forma”.

Ha mai pensato che se fosse nato 30 anni dopo sarebbe stato milionario?

L’ho sempre rimproverato a mia madre – sorride anche in questo caso – , adesso vedo ragazzi giocare a pallone, penso che si beccano milioni di euro e onestamente…”.

La nostalgia: il suo rapporto con essa qual è.

Tutti noi attempati abbiamo la nostalgia degli anni più belli vissuti, quelli che sono passati. Io gli anni più belli li ho passati a Bari e lo dico senza voler arruffianarmi nessuno, e il ricordo è ancora intatto e la nostalgia, grazie anche ai social, la vivo serenamente anche se con un pizzico di malinconia che non guasta mai”.

Il tempo passa per tutti e porta via delle persone care: ha perso qualcuno dei suoi colleghi?

Ultimamente Paolo Scarrone mi ha detto che se ne è andato Dalle Vedove, e quando me lo ha detto sono rimasto interdetto anche perché i suoi ultimi anni pare siano stati anni difficili, ridotto un po’ male, e mi ha colpito molto in quanto era un collega di squadra, più esperto. Mi ha dato tanti consigli in campo in quanto lui era già una bandiera nel Bari”.

Quanto ha influito la tua famiglia dopo il calcio?

E’ stata basilare, tutti vicini abbiamo passato un paio d’anni “così” non sapendo cosa fare, poi le cose si sono aggiustate”.

L’originalità del tuo nome.

Bisogna chiedere ai miei, però mio nonno che è morto a 28 anni, si chiamava Arduino, poi mio padre e mio nonno erano nati in Francia. Mi misero il nome per ricordare il nonno”.

La sua giornata tipo a Bari.

Allenamento mattina e pomeriggio ed il resto del tempo con la famiglia. Mio figlio è nato a Bari e quindi lo dedicavo a lui anche perché non è andato all’asilo in quanto, una volta lasciato da solo, piangeva sempre e allora lo portavo allo stadio, con figlio di Scarrone e con quello di Materazzi, Marco, e loro facevano gli esercizi dall’altra parte del campo di dove li facevamo noi”.

Con quale atteggiamento vede il calcio di oggi?

Un po’ distaccato, con un occhio blando perché sono uscito da questo ambiente anche se tanti anni fa ho fatto l’allenatore per qualche anno riuscendo a portare un quartiere di Ancona in Promozione. Quando ho smesso l’ho cominciato a guardare con un occhio disincantato. Questo calcio non è quello mio. Certo, qualche partita di Champion’s me la vedo, talvolta anche la serie A, ma soprattutto quando posso vedo il Bari che metto, in una ideale scala, al primo posto”.

Come si sarebbe comportato con Masiello? Gli avrebbe concesso una seconda opportunità?

Con chi sbaglia senza infangare nessuno, magari chiedendo scusa, si, anche io avrei dato una seconda possibilità, ma nel caso specifico di Masiello no. Ogni volta che lo vedo giocare mi fa rabbia. E’ uno che, per come la penso io, non doveva calcare più i campi di calcio, andava radiato e basta”.

Cosa ha rappresentato Bari per lei?

Le rispondo semplicemente: tutto, è stata la mia carriera da calciatore”.

Che musica ascoltava ai suoi tempi e cosa ascolta oggi?

Mina e Battisti, colonne sonora della mia vita, come oggi. Purtroppo non mi identifico in nessun altro artista musicale, son rimasto fermo a loro”.

Qualche aneddoto sulla squadra…

Ne avrei mille da raccontare. Ad esempio, quando siamo andati a Pagani, lottavamo contro la Paganese che ad un tratto del torneo concorreva con noi per la promozione, e una volta entrati nello stadio, ci hanno spinto dentro gli spogliatoi come per intimidirci e qualche ragazzo più giovane di me (io avevo già 26 anni), è rimasto impressionato dal comportamento di quei dirigenti. Un’altra volta a Varese da andarci in areo, alla fine per uno sciopero improvviso, la dirigenza chiamò cinque taxi da cinque posti l’uno e con quelli raggiungemmo Varese e tornammo a Bari rimanendo svegli per tutte le due notti. Fu la famosa gara dove Scarrone prese tre pali e Giacomo Libera, poi, con un gol ci sconfisse. Ma ce ne sono mille altri, ad Alcamo, ad esempio…. ma lasciamo stare. Un altro a Crotone quando ci lasciarono fuori dallo stadio sotto il sole prima di entrare. Ci han messo un’ora prima che ci aprissero le porte e ci siamo letteralmente sciolti sotto il sole. E di quando Nereo Rocco, dopo aver vinto una medaglia, nel fargliela vedere, me la sostituì con una moneta da cento lire finché me ne accorsi e mi sfotté simpaticamente. Insomma ne avrei da raccontarne”.

La partita di calcio che le è rimasta impressa, la più bella e le meno bella.

La più bella, decisamente, quella del mio primo gol nel mio primo anno nel Bari, in un Bari Cesena finito 1-1. Il primo gol non si scorda mai. Un’altra gara, quella col Perugia l’anno dopo, quando dopo otto giornate di digiuno, con un solo zero a zero ottenuto contro l’Ascoli in casa alla prima giornata, e con zero gol fatti, finalmente, vincemmo una gara, in casa, con un mio gol. La gara che mi ha lasciato l’amaro in bocca fu la sconfitta di Marsala, verso la fine del torneo, gara che ci costò il campionato, una gara persa con un gol su corner, con un giocatore che ha colpito di pancia il pallone mandandolo dentro. Ancora ci penso e mi viene una rabbia che non le dico. Perdemmo il campionato per questo gol perché il Catania ne approfittò pur vincendo, noi, tutte e tre le partite successive, col Messina, a Genzano col mitico 0-9, e con la Salernitana in casa, ma loro andarono in B, noi no”.

La coppia Scarrone e Sigarini: tre anni fa ci fu un bagno di folla per voi due.

Siamo arrivati a Bari lo stesso anno, siamo cresciuti insieme nel Milan, un po’ estroso lui, più posato io. Colgo l’occasione per ringraziarla ancora per l’emozione che ci ha fatto vivere quel giorno in Fiera, decisamente indimenticabile”.

Che emozione le provoca il pensiero al Della Vittoria pieno ad ogni gara?

Quando sfoglio l’album dei ricordi e vedo lo stadio sempre pieno mi commuovo ogni volta”.

Qualche giocatore famoso con cui hai giocato contro.

Pruzzo, Lippi, Claudio Sala, Graziani, Rivera, Lombardi dell’Avellino, ci stringevamo la mano prima della gara e poi avversari. Sono stati dei grandi nel mondo del calcio”.

Concludendo, un saluto tifosi Bari.

Bari la porto nel cuore, voglio che la squadra sia sempre in serie A, stabilmente, merita di starci, Bari non è una cittadina, è una grande città. Saluto i tifosi con tutto il mio affetto stringendoli uno ad uno”.

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