L’articolo di Bloomberg, uscito subito dopo il referendum in Catalogna – “Perché la Catalogna fallirà dove la Crimea è riuscita” – a firma dello scrittore russo Leonid Bershidsky, ora residente in Germania, vuol portarci un esempio di corrispondenza morale.

Confronta due eventi correlati – i referendum in Crimea e in Catalogna – come se fossero simili e se portassero lo stesso peso morale.
“La situazione catalana invita a confronti con quella della Crimea nel 2014 e, come potrebbero pensare i sostenitori dell’indipendenza catalana, non sono così facili da sopprimere”, ha scritto Bershidsky.

Sì, a ben vedere però, l’unico accostamento possibile è che i sondaggi sono stati organizzati in modo discutibile in entrambe le giurisdizioni, ma ogni ulteriore comparazione delinea due eventi storici dissimili, come se volessimo fare un parallelo tra gli stili di leadership di Stalin e Gandhi.

Nello sconveniente contesto referendario della Crimea indetto a favore dell’adesione alla Russia, c’era la violenza. Le istituzioni della penisola erano appena state occupate, il governo federale era stato smembrato dai militari russi, gli avversari sono stati messi a tacere con la forza, pressioni, sparizioni, arresti illegali o corruzione, la stampa locale è stata bloccata e la popolazione è stata intimidita con la costante presenza di soldati con Kalashnikov in ogni angolo di strada, e carri armati che ronzavano in ogni dove.

Anche così, scrive Bershidsky: “L’Ucraina afferma, che nel referendum del 16 marzo, in cui la Crimea ha votato per separarsi dall’Ucraina e aderire alla Russia, è sempre rimasta sotto la pressione delle armi – ha scritto – Quello, però, è falso. Perché durante la votazione né i piccoli omini verdi, né i soldati russi in uniforme erano presenti nelle sezioni elettorali. Non c’è stata nessuna pressione armata sui crimeani, nemmeno sui tartari indigeni della Crimea, che non hanno sostenuto la secessione e, per lo più, si sono astenuti dal voto, o si sono presentati solo per far vedere di essere entrati nel seggio elettorale”.

Questa affermazione, fa completamente capire che l’autore supporta la posizione del Cremlino e che nelle sue valutazioni non è totalmente libero e sincero.
Bershidsky utilizza anche in modo sempliciotto pezzi di propaganda russa. “In Crimea, il 95,6 per cento di coloro che hanno espresso il voto hanno sostenuto l’adesione alla Russia. In Catalogna, circa il 90% lo hanno fatto, secondo le autorità locali – ha sottolineato – In Crimea, la partecipazione ha superato l’83 per cento dell’elettorato, mentre in Catalogna ha raggiunto la metà di quella della penisola”.

Queste dati sono stati contestati da un rapporto di un’agenzia della società civile e sui diritti umani russa che, incaricata dal Consiglio russo, ha pubblicato sul sito del governo che la partecipazione degli elettori al massimo fosse stata pari al 30%, e di questi, solo la metà avessero votato per l’annessione, il che significa che solo il 15% dei cittadini della Crimea hanno votato per unirsi alla Russia. Il rapporto è stato rapidamente cancellato dopo la pubblicazione.

Bershidsky descrive raffigurazioni della Crimea che sono “semplicemente false”, infatti ha nominato John Herbst, l’ex ambasciatore statunitense in Ucraina, come uno che ha convenuto sulla realtà creata dalla Russia in Crimea. “La norma d’oro del lavoro di disinformazione è quella di avere una trovata che, nei grandi media occidentali, viene fatta passare come un fatto reale – ha insistito. Qualcuno nel Cremlino deve aver battuto un vodka o due, e stappato una bottiglia di champagne quando ha letto la colonna di Bershidsky sulla Crimea e la Catalogna.

Durante tutto il pezzo, Bershidsky utilizza un’altra tecnica di disinformazione, che consiste nell’elaborazione di affermazioni oltraggiose, che poi ripercorre come per voler dare equilibrio.
Ad esempio, dopo aver affermato che le votazioni non fossero state sostenibili in entrambi i casi, riporta “ma questi numeri sono altrettanto inutili perché non c’era modo di accertare che il voto fosse stato effettuato secondo una qualsiasi sensata regola”.

Inoltre, egli sostiene che il voto effettuato in modo non violento chiarisce il motivo per cui la Crimea avesse voluto a tutti i costi la Russia, infatti afferma, il motivo principale è dovuto al fatto che il governo ucraino, a differenza della Spagna, era troppo debole in Crimea, e oltretutto non era in grado di tenere a bado i secessionisti nella sua regione orientale.
Ma Herbst ha sempre sostenuto il contrario. “L’Ucraina non ha mai avuto problemi ad amministrare le sue leggi in Crimea finché non sono apparse le truppe russe. E nell’agosto del 2014, l’Ucraina era sul punto di riprendersi l’intero Donbas, quando le truppe russe sono entrate in Ucraina ed hanno inflitto alle forze di Kyiv una sconfitta decisiva”.
La Crimea è stata solo conquistata.

Il voto della Catalogna riguarda un movimento culturale e aspirazionale in Spagna.
Chiaramente, l’unico collegamento tra Crimea e Catalogna può essere la mano invisibile del Cremlino e dei suoi confederati che hanno diviso l’Ucraina e sono interessati a destabilizzare e atomizzare la Spagna e altre nazioni occidentali, oltre al fatto che ambedue iniziano con la lettera “C”, o utlizzano la “R” di referendum.

Lo stesso presidente della Catalogna, Artur Mas che ha promosso e insistito per il referendum, durante un’intervista con EU News, quando un giornalista gli ha chiesto come “ha reagito quando il ministro degli esteri spagnolo, José Manuel Garcìa Margallo, ha fatto un paragone negativo tra la Catalogna e la Crimea? E quando la televisione russa ha parlato dell’esempio catalano per giustificare il referendum in Crimea?”.
“I paragoni a cui fa ricorso la Russia fanno senz’altrro parte di un copione, perché hanno bisogno di tutte le scuse possibili per giustificare, ora più che mai, ciò che sta accadendo in Crimea. Sono pronti a dire qualsisi cosa! A stupirmi davvero sono le parole pronunciate dal ministro degli esteri spagnolo. Direi che è quasi delirante paragonare la Catalogna alla Crimea. È delirante perché non c’è nessun nesso. In Crimea, non c’era un governo con un mandato elettorale per indire un referendum. In Catalogna, si. La Crimea non era libera da pressioni. In Catalogna non c’è stato alcun tipo di pressione. In Catalogna c’è un pacifismo totale, una vera democrazia, un governo eletto con il mandato di convocare una consultazione democratica. Le due realtà non hanno nulla a che vedere”, ha risposto Mas.

Il pezzo apparso du Bloomberg, mentre dichiara erroneamente un falso confronto per rafforzare ciò che la Russia ha fatto in Ucraina, si può semplicemente riassumere come un post che confonde un’ambizione culturale con un violenta acquisizione e i proiettili con le schede elettorali.
La sua pubblicazione offende gli ucraini e rappresenta un altro esempio dell’assalto russo nei confronti dei suoi vicini, dei valori occidentali, delle istituzioni e dei media, nonché della stessa verità.

Gabrielis Bedris