Si torna a parlare delle richieste di rimborso per i ticket sanitari

Lombardia

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Si torna a parlare delle richieste di rimborso per i ticket sanitari. A sollevare il caso è Adiconsum Bergamo. Decine di persone, infatti, si sono rivolte all’associazione dei consumatori legata alla Cisl perché destinatarie di lettere nelle quali si richiede la restituzione dei soldi.

La questione riguarda l’autocertificazione prevista dalla normativa per i disoccupati nel periodo dal 2012 in avanti. «Molti utenti del servizio sanitario hanno usufruito dei codici E02, E09 e E12 (questi ultimi due direttamente gestiti dalla Regione) che avevano tra loro particolari differenze nello stabilire i parametri per poter usufruire delle esenzioni – spiega Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo -. Ne consegue che alcune confusioni si siano create, e oggi una gran mole di richieste di rimborso colpiscono indifferentemente chi il diritto lo ha ancora e chi lo ha perso o ha commesso errori materiali nella compilazione dell’autocertificazione»

In via Carnovali si sono presentate persone, per lo più padri di famiglia tuttora disoccupati, che lamentano richieste di rimborso fino a tremila euro. «Il caso più eclatante riguarda un disoccupato, separato e senza dimora, che per diverso tempo è stato ospite della Bonomelli e adesso vive per strada, che si è visto richiedere 1758 euro. Un’altra signora, extracomunitaria, sola con figli e senza lavoro fisso, dovrebbe restituire 2858,97 euro».

«Siamo in presenza – dice ancora Busi – di controlli che riguardano purtroppo fasce di cittadini che si trovano in condizioni di debolezza, non avendo risorse economiche perché disoccupati o con risorse limitate a periodi alterni. In presenza di queste situazioni economiche spesso si disgrega la famiglia. Di fronte a tali situazioni, questi provvedimenti hanno il sapore di accanimento verso i più deboli, mentre una contestazione più tempestiva permetterebbe alle persone di trovare traccia di quanto contestato, evitando un trascinamento negli anni successivi e servirebbe da deterrente per i furbetti».

I cittadini che stanno chiedendo aiuto perché hanno ricevuto le richieste di pagamento hanno in molti casi la possibilità di chiedere l’annullamento, dimostrando la situazione di disoccupazione e di reddito con lo storico rilasciato dal Centro per l’impiego, oltre all’estratto previdenziale. Adiconsum, dunque, invita a non pagare senza aver fatto le verifiche. Questo perché se quanto richiesto non era dovuto, l’Ats poi non rimborserà alcuna cifra. È importante controllare la propria situazione reddituale (il reddito di riferimento è quello dell’anno precedente): può capitare infatti che un anno si abbia diritto e l’anno dopo no. Se cambiano i requisiti occorre rivolgersi all’Ats per revocare la richiesta.

»Altra anomalia – conclude Busi – è quella relativa al rilascio delle esenzioni: basterebbe chiedere la documentazione necessaria per valutare la richiesta, si eviterebbero tutte queste procedure sanzionatorie a posteriori. Gli utenti hanno agito in buona fede e lamentano carenza di informativa ricevuta presso gli stessi sportelli Ats». In caso di dubbi, il consiglio è di rivolgersi all’Agenzia Entrate, agli sportelli Caf o al Patronato e alle Associazione dei consumatori.

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