Le teorie della cospirazione furono utili nel 1917 come lo sono cento anni dopo.

In Russia, cento anni fa stava covando il colpo di Stato bolscevico e la successiva lunga dittatura del Partito Comunista. Come mai la società non si è unita per formare un forza in grado di bloccare lo stravolgimento che stava per accadere?

Se si crede alle teorie delle cospirazioni, nel 1917 delle forze oscure hanno gestito per ben due volte in un solo anno, a febbraio e ottobre, uno stesso stratagemma: mettere in piedi un complotto per rovesciare il regime esistente. Per noi, quello che è successo cento anni fa, è ciò che oggi ci viene proposto in forma ufficiale, con le autorità russe che sono pronte ad esporlo allo stesso modo all’infinito.

La storia degli agenti tedeschi che complottavano contro la Russia è stata sognata ancora cento anni fa. Dopo i Giorni di Luglio del 1917 – una breve rivolta a San Pietroburgo contro il Governo provvisorio – il concetto è stato concepito nella profonda mente pacata del servizio di contro intellighentsia, che era stato sfigurato dalle epurazioni rivoluzionarie. Il modello strategico prevedeva di definire i bolscevichi come “agenti di intelligence tedeschi”, a questo punto, la società si sarebbe unita e scagliata contro di loro, mettendo così la contro-intellighentsia nella condizione di spegnere i focolai rivoluzionari. Tuttavia, i luminari del concetto non hanno presentato nessuna seria prova delle accuse, sgretolando in tal modo il tentativo di salvare il regime di Kerensky, mentre ufficialmente hanno sostenuto che una “menzogna aveva inflitto un colpo al regime”.

Dopo la presa di potere dei bolscevichi, periodo durante il quale hanno iniziato a fare ciò che volevano, la storia delle spie tedesche ha preso una strada sua propria e si è fusa con la teoria monarchica, che i massoni tedeschi assieme ai russi avevano organizzato la Rivoluzione di febbraio.
Per un’ovvia ragione, le teorie della cospirazione sono state utili alle autorità del 1917 quanto lo sono per quelle del 2017: mentono del vero stato della nazione. Le crisi economiche, i fallimenti di politica estera e il malcontento popolare sono tutti attribuiti a forze esterne e ai loro agenti nazionali.

Quando le leadership scaricano le loro considerazioni sulle spie e le cospirazioni, la loro vita diventa più facile, infatti devono solo gonfiare la mania dello spionaggio, incoraggiare la gente a stringere le loro cinture e a radunarsi intorno al regime attuale, qualunque esso sia. Una tale scelta indubbiamente, è più facile che pensare a come strutturare un piano economico, un programma sociopolitico o disegni infrastrutturali nazionali, ma oltretutto in tale modo il regime aumenta la sua popolarità.

Ironicamente, la lezione principale che ci deriva da una riflessione degli avvenimenti del 1917 è che il governo è innanzitutto il responsabile primario delle rivoluzioni e dei colpi di stato, perché è lui stesso che genera i requisiti necessari al successo del suo rovesciamento. La storia ufficiale del periodo 1917 russo, è una versione che accontenta lo Stato, ma la verità è che Nicola II ha portato le cose a tal punto, che l’enorme impero è crollato in pochi giorni per una banalità, con l’istituzione monarchica, che nel frattempo per difendersi non è stata in grado di mobilitare i suoi potenziali sostenitori.

L’Assemblea Costituente si è dimostrata in vari modi incapace di risolvere i problemi economici più urgenti e indire elezioni, oltre che aver concesso all’impreparato governo provvisorio la possibilità di far entrare al potere i bolscevichi e i loro simpatizzanti.
Nessun complotto di agenti stranieri avrebbe potuto impossessarsi del potere di un grande paese senza la popolarità di un programma e gli slogan dei bolscevichi che sbandieravano di essere una forza capace d’introdurre un minimo ordine, urgenti riforme sociali e, infine, elezioni per l’Assemblea Costituente.

Ora sappiamo che i bolscevichi hanno ingannato i lavoratori, i contadini e i soldati, e non hanno neppure portato il paese alla giustizia sociale, alla pace o alla prosperità. Anche se, quando ci riferiamo a cento anni fa, dovremmo giudicare con le armi del momento, non con la prospettiva di ciò che sappiamo oggi, infatti, dal punto di vista dei contemporanei di quegli eventi, che vedevano solo caos in qualsiasi settore, loro credevano ciecamente nelle promesse dei bolscevichi.

Fortunatamente oggi in Russia non c’è nessuna guerra [sic], nessuna “questione di terra” e niente di simile a quello che era il partito bolscevico, con la sua radicale piattaforma di sinistra, quindi i confronti diretti sono completamente fuori luogo; ma i tentativi dell’attuale regime di colmare tutti i suoi fallimenti e tutta la sua insoddisfazione con gli sforzi degli agenti stranieri e dei favolosi russofobi, in effetti, evocano i più tristi confronti con il passato.

Gabrielis Bedris