Eritrea, qualcosa si muove. Manifestazioni contro il governo

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In Eritrea qualcosa si sta muovendo, qualcosa che faccia uscire fuori l’urlo disperato di un popolo oppresso da venticinque anni di oppressione militare con il fiore delle nuove generazioni che rischiano la morte nel deserto e nel Mediterraneo per fuggire, nel tentare di afferrare la libertà di vivere.Nei paesi dove la repressione ti entra in casa e ti viola la dignità personale è sufficiente un episodio generale per far esplodere la rabbia delle masse.

In questi giorni, ad Asmara, nella scuola islamica Al Diaa, nel quartiere a prevalenza islamica di Akhriya, è stato arrestato l’anziano Haji Musa Mohamed Nur, il presidente onorario della scuola. Haji Musa, 92 anni, è una persona amata e rispettata sia dalla comunità islamica eritrea che da quella cristiana, nel quale ha dedicato tutta la sua vita trasmettendo agli allievi i valori della tolleranza e del dialogo tra le religioni e la solidarietà tra gli individui. Il motivo del suo arresto è avvenuto durante un suo discorso pubblico in cui si opponeva alla legge approvata dal raìs Isaias Afewerki e promulgata dal ministero della pubblica istruzione per cui tutte le scuole private religiose devono essere riconvertite in scuole pubbliche non confessionali. Questo rientra nel piano persecutorio del regime di Asmara contro la libertà di religione nel paese in cui sono state vittime anche sacerdoti cristiani copti e di altre fedi.

Secondo il quotidiano Tempi.it (11 Ottobre 2017), solo tra Maggio e Giugno sono stati arrestati più di 120 persone di fede cristiana. In Eritrea si prega di nascosto e i cristiani sono considerati come «agenti degli imperialisti occidentali e nemici della madrepatria» (fonte: Tempi.it).
La scuola islamica di Al Diaa era una delle scuole colpite dalla campagna contro le religioni. All’interno dell’istituto, i militari hanno fatto irruzione mentre l’anziano Haji Musa Mohamed Nur parlava ai ragazzi e ai genitori ed è stato arrestato per essere portato in uno dei tanti centri di detenzione disseminati nel territorio. Si è scatenata una ribellione violenta dei presenti contro i militari con una massiccia protesta di massa fin sotto alle finestre degli uffici presidenziali chiedendo la liberazione delle persone incarcerate. La reazione dei militari è brutale. L’Ansa parla di 28 morti, 100 feriti e numerosi arresti.

La notizia si è diffusa in tutto il paese con tumulti anche nelle altre zone come ad Assab e a Tesseney. L’emittente TV Al Jazeera ha trasmesso un video amatoriale dove la gente corre spaventata in una delle strade principali di Asmara con il sottofondo audio delle raffiche di mitra. Il Ministero dell’Informazione eritreo nega tutto e parla di fake news proveniente dalla vicina Etiopia, ma avere informazioni dettagliate di queste ultime ore è molto difficile a causa dell’isolamento mediatico che il regime impone.

Mentre i maggiori organi di informazione internazionale hanno dato spazio ai fatti che stanno avvenendo in Eritrea, sul sito web della Farnesina c’è il silenzio assoluto. In Europa e negli Usa, le associazioni e i movimenti della diaspora che si battono per i diritti civili del popolo eritreo stanno organizzando diverse manifestazioni. La Rete Eritrea Democratica di cui fa parte anche l’Asper (Associazione per i diritti umani del popolo eritreo) ha già in programma un sit-in a Roma per questa settimana.

A rendere ancora più grave la questione dei diritti umani in Eritrea è stato l’offuscamento mediatico dovuto dalla recente nomina di Asmara come Patrimonio mondiale dell’Unesco, gioiello dell’architettura futurista durante il periodo coloniale italiano, con la collaborazione della nomina del Politecnico di Milano.e del gruppo di ricerca della dottoressa Susanna Bortolotta, inconsapevoli di come il regime abbia avuto uno scarso interesse sulla tutela del patrimonio culturale quando Isaias Afewerki ordinò nel 2006 la demolizione di Villa Melotti a Massawa costruita negli anni’60 e considerata una delle più belle dimore di tutta l’Africa.

La nomina di Asmara ha già diffuso l’odore del business ad alcune agenzie di viaggio come LifeGate il cui coordinatore Massimo Bicciato, nato ad Asmara da una famiglia di coloni, organizza workshop di reportage. Sul sito web di LifeGate è scritto che il viaggio è rivolto “agli appassionati di storia e di architettura recente, a chi vuol e immergersi nelle atmosfere dei primi anni del Novecento e comprendere in modo più approfondito cosa ha lasciato in territorio eritreo il periodo coloniale italiano”.

Peccato che l’agenzia non dice che il reportage fotografico si svolgerà sui luoghi permessi dal regime, che è vietato filmare e fotografare liberamente e parlare con i cittadini eritrei. Peccato che non si potrà parlare con le persone che hanno perso i loro cari mentre scappavano nel deserto del Sudan per raggiungere la Libia e rischiare la vita nel Mediterraneo o che sono stati imprigionati e non si sa nulla della loro sorte, così come Mahmud Yemen, Nureddin Osman Enkir, Yasin Osman Enkir, Mohammed Abdella Taha, ed altre persone che hanno alzato la testa contro i militari in questi ultimi giorni per difendere Haji Musa e la loro scuola.

Il regime eritreo ha una lunghissima lista di morti sulla coscienza e il popolo è stanco di stare in gabbia ad aspettare inerme il momento della sua fine. Allora l’unica via è affrontare il nemico con tutte le forze, nonostante le conseguenze.
Forse le cose in Eritrea stanno per cambiare.
Forse.

Di Giovanni don Carlo

ltrelalinea.news:

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