La sensazione

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Ci sono spese complementari che, bene o male, fanno parte dei nostri bilanci sempre più stringati. Anche analizzando, in senso inverso, il grave problema, la questione non cambia. Com’è logico. In teoria, l’88% delle famiglie, che hanno almeno un membro che lavora, dovrebbe farsi carico, in qualche modo, del 12% che non ce la fanno più e non per loro demerito. A scriverlo sembra facile. In pratica, è difficile; anzi, concretamente, inottenibile. Perché anche nei nuclei non ancora al “tappeto” serpeggia la disoccupazione giovanile e lo stipendio, quando c’è, non basta per tutto. D’ottimismo per il futuro non ne vediamo proprio.

Ci si accontenta del meno e si riscoprono antichi sapori di una cucina più povera. Se il fenomeno fosse limitato, si potrebbe anche far bel viso a cattiva sorte, ma le proiezioni, più che attendibili, già evidenziano che la percentuale degli occupati stenterà a salire. Per frenare il regresso, dovrebbe tornare la fiducia degli imprenditori. Da come s’è messa in politica, francamente ne dubitiamo. Come ne dubitano gli uomini di partito. Le opportunità sono sempre meno. Stiamo svendendo i pezzi più pregevoli del nostro lavoro. La produttività nazionale andrà a rifiorire altrove e, con quella, emigrerà anche il benessere che c’era stato promesso con poca buona fede.

Come sarà il 2018? E’ molto difficile azzardare delle anticipazioni. Certo è che, con un “nuovo” Parlamento e “rinnovato” Potere Esecutivo, si dovrebbero avviare tutte le strategie per tentare d’andare “avanti”. Condottieri, per la carità, non ne vediamo e non ne vogliamo. Essere statisti è una dote di cui il Bel Paese è privo. I politici che dicono la loro, invece, non si contano. Molte volte, però, sono termini privi di qualità per ridare dignità a questo nostro Paese che ne avrebbe tanto bisogno.

Giorgio Brignola

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