Quando la legge lascia spazio alla moralità

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 “Io rappresento lo Stato e lo Stato è anche Marco Cappato, queste sono le parole che il Pm Tiziana Siciliano ha pronunciato in aula durante il processo che vede accusato Marco Cappato per istigazione al suicidio assistito di Dj Fabo. Il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione dell’imputato poiché il fatto non sussiste.

Fabiano Antoniani, in seguito ad un incidente d’auto, era rimasto tetraplegico ed aveva più volte invocato il diritto a morire in maniera dignitosa in una struttura svizzera. A rendere possibile il suo desiderio è stato appunto Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni ed esponente dei Radicali, che lo ha aiutato nel percorso che lo ha portato alla morte nella clinica Dignitas a Zurigo.

Questa decisione apre una questione sulla legittimità dell’art.580 del codice penale che prevede il reato di istigazione o aiuto al suicidio. L’accusa riguardava, infatti, l’influenza che egli avrebbe avuto nella decisione di Fabo ma, per il Pm Arduini, “la decisione del suicidio assistito era stata presa prima ancora di essere venuto in contatto con Cappato. Quest’ultimo ha semplicemente rispettato la sua volontà”.

Tuttavia Cappato ha dichiarato in aula che “se dovesse arrivare un’assoluzione per irrilevanza delle mie azioni, mentre sono state determinanti, preferirei una condanna” poiché lo si accetterebbe solo per chi sarebbe in grado di raggiungere la Svizzera.

Una decisione, così come l’approvazione della legge sul biotestamento, che è avvenuta solo in seguito alla pubblicità della vicenda: la storia di Dj Fabo ha avuto un enorme clamore mediatico soprattutto grazie al servizio di Giulio Golia, inviato delle Iene.

Ci potremmo chiedere: se la storia non fosse stata resa pubblica, a che punto saremmo oggi?

Ci potremmo chiedere: è giusto che un Pm debba sfidare la legge per trasmettere un messaggio di libertà e moralità?

Ci potremmo chiedere: perché in Italia una legge che tuteli il diritto di poter morire in maniera dignitosa non sia stata approvata prima della vicenda di Dj Fabo?

Ci potremmo porre il problema della atemporalità della legge rispetto ai bisogni correnti dei cittadini. Ne sono esplicativi alcuni esempi: la legge sulle unioni civili (un passo importante per l’Italia seppur parziale), avuta solo nel 2016, quando l’omosessualità esiste sin dall’origine dell’uomo; la legge sull’aborto risale al 1978 tuttavia prevede l’obiezione di coscienza per chi lo pratica che spesso si traduce in un’odissea infinita per la ricerca di un non obiettore; la legge sulla procreazione assistita del 2004 è ancora al centro di numerosi dibattiti etici, tuttavia, non disciplina le altre possibilità di avere un bambino (fecondazione eterologa, maternità surrogata, donazione di ovuli, etc.…).

L’arretratezza dell’ordinamento italiano spinge i suoi cittadini a recarsi in altri paesi, per avere il semplice diritto di scelta: di sposarsi con chi si ama, di avere un figlio anche se non è biologicamente possibile, di morire invece di vivere una vita intrappolato nel proprio corpo.

Il Parlamento dovrebbe essere composto dai rappresentanti della cittadinanza, di qualunque colore, etnia, religione e opinione e fare gli interessi di tutti. Questo tuttavia non sempre avviene a causa della chiusura culturale del nostro Bel Paese, che è legato ad una mentalità vecchia di almeno mezzo secolo, nonostante le sollecitazioni dell’Unione Europea per allinearlo alla “soglia di civiltà” propria degli altri stati membri.

La legislazione dovrebbe disciplinare tutte le materie riguardante la vita pubblica, civile, politica, etica dello stato italiano, sta poi alla coscienza individuale scegliere come comportarsi all’interno di un quadro giuridico garantista.

Forse la vicenda Dj Fabo potrebbe insegnare all’Italia come essere più “civili”.

Sara Carullo

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