“Grido d’amore” poesie di Teresa Balestra Resta

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

Di

                                                                                                                    “Io non ti lascerò morire,
ti avvolgeró di sogno
e tu vivrai.
Chi nasce all’amore
non ha tempo
perché l’ora scandisce
soltanto
attimi d’eterno.”

Teresa Balestra Resta (1928-2006) è stata un insegnante e poetessa di Francavilla Fontana nel brindisino. Il suo libro, Grido d’amore, raccoglie due suoi precedenti libri di poesie: Ragnatele di sogni (1973) e Fisonomia di sillabe (1976) a cui si aggiungono una serie di poesie inedite che affrontano anche temi sociali attuali al giorno d’oggi. Nelle sue poesie si percepiscono gli elementi di spicco di una nuova espressività poetica del linguaggio che alterna la sofferenza, ovvero la posta in gioco che si affronta perché è l’unico modo per sentirsi vivi, all’amore presente in non poche poesie dell’autrice. Un ritmo incalzante che trova le sue radici anche nella semplicità e nel linguaggio con cui Teresa Balestra Resta scrive, facilitando la concentrazione sul senso del messaggio scritto. Nelle poesie si percepisce come l’accostarsi di immagini realistiche e poi fantastiche suscitano nell’immaginario del lettore sensazioni e immagini fantastiche permettendo una meditazione interiore da parte del lettore.

Tra gli inediti sono presenti diverse poesie nel dialetto della città natìa della poetessa, Francavilla Fontana, come per esempio “Intra a nnu puntiddu gnuru”, o “Mammanonna e la naca”. Inoltre sono presenti, come accennato prima alcune poesie con riferimenti all’attualità. Ne è una esempio “Ad Elisa”, una prostituta trovata uccisa nuda. Proprio il femminicidio è un argomento che soprattutto nelle ultime settimane sta emergendo come punto da affrontare nelle liste dei vari partiti politici in vista delle prossime elezioni. Anche “Angeli d’acciaio” è un chiaro riferimento all’Italsider di Taranto di cui tanto si sta sentendo parlare negli ultimi tempi, infatti, la poetessa invita a passeggiare tra le varie gru che ai suoi occhi diventano angeli.

Il libro si conclude con due ultime poesie e secondo la mia opinione anche le più belle: “Lettera a mio padre” un vero e proprio inno d’amore verso il padre, verso i suoi sacrifici, fatiche e i suoi pensieri; “Vorrei alla fine della vita” dove l’autrice scrive i suoi propositi in attesa della venuta di quel momento. Certo, con l’ultima poesia si chiude il libro con un pizzico di malinconia ma anche con un angoscia che secondo Teresa Balestra Resta è insita in tutti noi nel tentativo di dare una risposta ai tanti interrogativi del presente.

“Assurdo destino,
per gioco
ti chiesi l’amore
e con crudele obbedienza
mi apristi
le porte del vero.
Perché,
se ignoravo l’inferno,
per dono
mi desti il suo fuoco?
Beffardo destino,
non chiedo più
neppure la vita,
perché, lo so,
mi daresti la morte.”

Recensione di Giuseppe Palumbo

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