Poco entusiasmo e molta disaffezione per la politica: questo è il dato principale emerso dalle elezioni nella Repubblica turco-cipriota di domenica 7 gennaio. Per la prima volta dalla dichiarazione unilaterale d’indipendenza del 1983, la campagna elettorale non è stata dominata dalla disputa territoriale con il sud a maggioranza greca ma piuttosto dalla questione morale.
Scandali, corruzione e nepotismo hanno lacerato il Partito turco-repubblicano (Ctp, di centro-sinistra pro-unificazione), alla guida del paese nella passata legislatura, a vantaggio del Partito dell’Unità Nazionale (Ubp, di centro-destra e vicino ad Ankara). Con il 35% dei voti, l’Ubp avrà tuttavia bisogno del Partito Democratico, una formazione di estrema destra fermamente contraria a qualunque accordo con i greci.
Molti hanno denunciato il recente arrivo di migliaia di coloni dalla Turchia, ai quali sarebbe stato concesso il passaporto turco-cipriota per sbilanciare il voto a favore del mantenimento dello status quo.
A fine mese si terranno a sud, nella Repubblica di Cipro – quella riconosciuta internazionalmente – le elezioni presidenziali. Nicos Anastasiades, capo di Stato uscente pro-unificazione, chiede un nuovo mandato per tentare di chiudere lo storico accordo con il nord. Ma la strada sembra tutta in salita.