Tocca a noi

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Ero lì, anche lunedì sera, seduto sui seggiolini blu di quel treno che ogni giorno mi riporta a casa. Il consueto scenario, le solite facce, gli stessi studenti dai capelli arruffati e lavoratori dagli occhi esausti. Uno sguardo rapido a WhatsApp e Facebook, gli occhi fissi sullo schermo, perché i social sono l’irrinunciabile passatempo di tutti i pendolari. Poi, stufo dei soliti addominali scolpiti e delle frasi commoventi, mi sposto sulle ultime notizie. E lì trovo un titolo sconvolgente che stuzzica la mia curiosità. Una notizia falsa forse, la solita bufala lanciata nel calderone di commenti del periodo elettorale. E invece no. A pubblicare il pezzo è il più famoso e prestigioso quotidiano milanese, il “Corriere della Sera”. Il titolo recita: «M5S, il caso “rimborsopoli” si allarga». Non ci credo. Leggo le prime battute, poi mi fermo. Proseguo, tutto d’un fiato, e in pochi minuti sono a fondo pagina.

Secondo la trasmissione “Le Iene”, alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle avrebbero intascato una parte dei soldi destinati al fondo per le piccole e medie imprese, che loro stessi hanno creato. Da quando il Movimento è in Parlamento tutti gli onorevoli e senatori pentastellati si sono dimezzati volontariamente lo stipendio, destinando i soldi risparmiati alle tante aziende italiane in difficoltà. Un gesto meraviglioso, che dimostra la profonda sintonia tra il Movimento ed il Paese reale. Una regola non prevista dalla legge, ma stabilita all’interno del gruppo, e diventata in poco tempo il simbolo di una nuova politica. Peccato che secondo un ex militante, intervistato dalla Iena Filippo Roma, alcuni parlamentari avrebbero agito diversamente. Una volta pubblicato il rendiconto personale sul sito “tirendiconto.it“, in cui il Movimento garantisce la trasparenza sulle cifre versate, la transazione veniva annullata e i soldi non arrivavano mai a destinazione. Ad oggi sembra che i furbetti del rimborso siano più di una decina, per un buco di circa 1,4 milioni di euro.

Insomma, la nuova politica non è poi così diversa dalla vecchia. Il partito dell’onestà non ha quei principi morali che sventola ai comizi elettorali. In un Paese normale uno scandalo simile, a due settimane dalle elezioni nazionali, avrebbe escluso definitivamente il Movimento dalla corsa. In Italia, però, la normalità non si vede spesso e i 5 Stelle il 4 marzo potrebbero rivelarsi comunque la prima forza politica. Mi sembra un fatto incomprensibile. Persone false e disoneste, che recitavano Robin Hood di giorno e lo sceriffo di Nottingham di notte, forse rappresenteranno l’Italia nel mondo. Una mattina, a due passi dall’università, nel bar che raccoglie i tanti studenti della zona, finalmente capisco. Lì, ad una mia manifestazione di disappunto sul caso, un mio coetaneo risponde: «Il Movimento 5 Stelle? Il meno peggio». É vero, dimenticavo. Chi non ha ancora perso del tutto la fiducia nella politica o non vuole rinunciare al proprio diritto di voto si limita a scegliere il male minore. Quelle parole, uscite dalla bocca di un ragazzo ventenne, che dovrebbe «mordere i frutti terrestri con denti voraci», ambire ad un futuro diverso e migliore, sono il simbolo della rassegnazione. Rassegnazione che purtroppo nel nostro Paese ha fatto molto vittime. Più del 30% degli italiani, infatti, probabilmente non andrà neanche alle urne.

Il Movimento ha risposto allo scandalo in modo assai duro. Luigi Di Maio si è affrettato a garantire che le mele marce saranno espulse e non promosse, come accade negli altri partiti. Principio sacrosanto, anche se la vicenda a poco a poco sta portando alla luce un comportamento diffuso e non semplici casi isolati. Alessandro Di Battista, alla trasmissione “diMartedì” su La7, ha ricordato che sono stati comunque versati 23 milioni di euro e che il Movimento non può cambiare l’animo umano. Per questo i 5 Stelle hanno regole interne molto rigide, con cui nessuno può fare il furbo. «Posso essere arrabbiato io – continua il deputato uscente – non gli esponenti degli altri partiti, quelle sanguisughe che non si sono tagliate un euro in quarant’anni. Loro devono tacere. Candidano persone a processo per essersi intascati soldi dei cittadini a scopo personale, ci rendiamo conto della differenza?»

La vicenda è ricca di punti oscuri. Perché in un partito così trasparente è toccato a Filippo Roma scovare la truffa? Nessuno si era mai accorto del buco o si è preferito chiudere un occhio? Perché l’anonimo testimone ha parlato proprio ora? Seduto sul mio seggiolino blu, stanco e sconsolato, viaggio con la mente e provo a mettere ordine in questo degradante panorama politico. Penso che non possa esistere un partito dell’onestà. Forse esistono persone oneste e disoneste, ma anche questa distinzione mi sembra irrealistica. Dentro ognuno di noi convivono barlumi di bontà e cattiveria, di onestà e immane scorrettezza. Sta a noi decidere su quale fronte combattere, consapevoli che una vittoria definitiva sia irraggiungibile. E allora qui, in questo vagone pieno di gente, penso che il motore del cambiamento dobbiamo essere noi. Dobbiamo combattere per il bene, per il rispetto delle regole, dentro e fuori la politica. Perché in altri paesi prima delle elezioni si discute di idee per il futuro, non di questione morale. L’onestà è data per scontata, è un prerequisito.

 E allora tocca agli italiani dare una nuova direzione al proprio treno. Gettando a terra una sigaretta in meno, pagando un biglietto dell’autobus in più e sentendosi delusi dei propri errori, non orgogliosi. E sta a noi giovani dare il buono esempio, perché le vecchie generazioni hanno chiaramente fallito. Tocca a noi decidere di non copiare all’esame di domani, evitare di lasciare il motorino in seconda fila e ricordarlo al nostro amico. Anche se, “scialla”, cosa vuoi che sia. Piccoli gesti, che però sommati tutti posso trasformare le nostre città, possono allenarci all’onestà e al rispetto. Perché è facile nascondersi dietro alla scusa dell’imperfezione dell’animo umano. Il problema, forse, è solo l’animo italiano. Perché se i nostri parchi sono sporchi e i nostri politici corrotti, la colpa è nostra, che non mostriamo cura e attenzione. Nostra che non andiamo a votare e non lottiamo per il cambiamento. Il Parlamento è lo specchio della società. Per ottenere un’immagine migliore bisogna cambiare il soggetto, non la lastra di vetro. Forse la mia è ingenuità e utopia, ma lasciatemi sognare. Questo è il compito dei giovani. Tocca a noi cambiare, tutti i giorni, tutti insieme. Dai palazzi non possiamo aspettarci nulla perché i politici hanno smesso anche di vergognarsi. Tocca a noi, basta volerlo, già.

Alberto Mosso

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