Voto all’estero: che sia l’ultimo con la presa per i fondelli

Emigrazione & Immigrazione

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NEW YORK – “Ancora una volta ci hanno fatto votare con un sistema “ghettizzante” e “truffaldino,” come avrebbe detto lo stesso Tremaglia”. Il commento, alla vigilia del voto di ieri in Italia, arriva da Stefano Vaccara.

“I cittadini all’estero con a cuore l’Italia e quindi le sorti della sua democrazia hanno partecipato al voto seppur ingabbiati dentro un sistema che si presta non solo ai facili imbrogli, ma anche all’assurdità di uno scandalo come quello di Free Flights to Italy. La legge è da rifare!
Mentre l’Italia si reca alle urne per le elezioni politiche questa domenica 4 marzo (ieri per chi legge, ndr), noi cittadini italiani all’estero abbiamo già votato e gli ultimi ritardatari hanno dovuto portare di persona giovedì al consolato di appartenenza la scheda elettorale.
A questo punto, speriamo vivamente che questo voto all’estero – effettuato con queste modalità – sia finalmente l’ultimo!

Noi cittadini italiani residenti fuori dall’Italia abbiamo pieno diritto di essere messi in grado di esercitare il nostro voto alle elezioni del nostro Paese; quello che però sarebbe auspicabile, anzi necessario, è che le elezioni non si tenessero più in futuro con la stessa legge “truffa” che è quella attuale.
Viene chiamata legge “Tremaglia” la legge elettorale che grazie ad una modifica costituzionale ci consente di esprimere il nostro voto dall’estero, eleggendo 12 deputati e 6 senatori divisi tra quattro ripartizioni elettorali. Ma Mirko Tremaglia, il vecchio politico del MSI e quindi AN che per l’intera vita politica si batté per dare la possibilità alla diaspora degli italiani nel mondo di poter esercitare il diritto di voto anche dall’estero (il diritto di voto c’era sempre stato per tutti i cittadini italiani, solo che prima del 2001 si doveva tornare dall’estero in Italia per poterlo esprimere), se avesse potuto scegliere, non avrebbe certo optato per quello che diventò l’attuale metodo elettorale scelto per gli italiani all’estero.
Intervistai parecchie volte Tremaglia, prima, durante e dopo “la trattativa” che portò all’accordo con gli allora DS di Piero Fassino (trattativa iniziata quando Fassino non era ancora segretario dei DS, ma sottosegretario agli Esteri del governo Prodi con la delega agli italiani all’Estero). Sulla legge con delega costituzionale che portò alla riforma con l’attuale voto, il vecchio Tremaglia, sconsolato, ripeteva: “O accettavamo la minestra delle ripartizioni estere, o avremmo buttato dalla finestra tutto senza ottenere nulla”.

Il vecchio leone ex repubblichino di Salò aveva dato – proprio lui, un ex fascista mai pentito – una lezione di democrazia con la sua lotta per proteggere i diritti dei cittadini italiani emigrati all’estero. Però, e giustamente, Tremaglia riteneva che, formando le ripartizioni elettorali nel mondo, si sarebbe “ghettizzato” il voto dei cittadini italiani lì residenti, e che alla fine il loro voto non avrebbe contato quanto uno espresso nelle circoscrizioni elettorali dell’ultimo comune di residenza in Italia.
Fu lo stesso Fassino a spiegarmi perché i DS non potevano consentire una riforma del genere: “Immagini cosa succederebbe in alcuni collegi elettorali in alcune province del Sud d’Italia, dove potenzialmente ci potrebbero essere più aventi diritto di voto all’estero che lì residenti”.

Si aveva cioè paura del voto degli italiani all’estero, creduto per lo più un voto di estrema destra o comunque conservatore, che avrebbe potuto sconvolgere gli equilibri di certi collegi elettorali italiani: per questo bisognava “ridimensionarne” gli effetti potenzialmente “devastanti”, creando questa sconfinata circoscrizione mondiale, che, alla peggio, avrebbe potuto mandare a Roma 12 deputati e 6 senatori.
Tremaglia capì subito la strategia di ghettizzazione del voto degli italiani all’estero, ma non tentò una resistenza ad oltranza perché sapeva che col rifiuto avrebbe perso tutto. “Unico messaggio che allora Tremaglia tentò di far arrivare ai cittadini all’estero fu quello dell’unità. Una volta, durante una intervista, l’allora ministro degli Italiani nel Mondo, mi afferrò il braccio, mi fissò negli occhi e, cito a memoria, urlò: “Ovvio che se i partiti divideranno gli italiani all’estero, se alla fine questi 18 parlamentari andranno a Roma divisi, non conteranno nulla e tutto questo non sarà servito a niente”. Ma non potevano che essere politicamente divisi anche all’estero gli italiani, perché fin dal primo voto esercitato fuori dall’Italia si capì che era stato un grave equivoco pensare che i nostri concittadini all’estero fossero tutti di una sola tendenza (destra), visto che il loro voto finiva per rispecchiare le stesse divisioni di un qualsiasi collegio elettorale italiano. E per fortuna!

Tremaglia lo aveva finalmente capito, ma non poteva farci più nulla: il voto esercitato in questo modo ha effettivamente attutito l’impatto elettorale degli italiani all’estero e ha fatto perdere loro la possibilità di esercitare una maggiore influenza in Parlamento.
Inoltre, il metodo scelto (voto per posta) si presta a numerose possibilità di brogli elettorali. E questo scoraggia ulteriormente la partecipazione dei cittadini onesti.
E infine, come abbiamo visto con la scandalosa ammissione nella scheda elettorale della lista Free Flights to Italy nella ripartizione Nord Centro America, il solo fatto che l’ammissione di una lista fuorilegge nella nostra scheda elettorale abbia potuto avere luogo così agilmente fa capire il livello di disattenzione da parte delle autorità in Italia nei confronti del voto all’estero e quindi della sua credibilità e legittimità.
Che fare allora? Non votare più la prossima volta? Astenersi? Stracciare le schede? No, cari cittadini italiani all’estero, abbiamo fatto tutti il nostro dovere nel votare, almeno quelli che sono riusciti a farlo. Tra le nove liste (solo 8 legittime) in Nord Centro America c’erano tanti candidati tutti diversi e sinceramente qualcuno da scegliere io sono riuscito a trovarlo. Spero che il servizio fornito da La Voce di New York, che ne ha pubblicato idee e programmi, sia stato utile a tutti.

Deve essere nell’interesse di ogni cittadino, ovunque si trovi, che la salute della democrazia italiana non peggiori: era quindi doveroso non snobbare il voto. Speriamo che la cifra dei votanti dall’estero non si fermi anche questa volta a 1/3 degli aventi diritto.
Ma allo stesso tempo si dovrà pretendere per il futuro un sistema diverso. Sarebbe magnifico poter ottenere quello che avrebbe dovuto essere fin dal principio: votare nei collegi del comune di ultima appartenenza. Così, si inciderebbe veramente nella competizione politica italiana e il nostro voto conterebbe eccome. Ma se le resistenze per questa “rivoluzione elettorale” continuassero ad essere insormontabili, i cittadini italiani all’estero dovranno almeno pretendere, da chi avranno eletto, che in Parlamento si ripensi il metodo di voto per i cittadini all’estero. Nel XXI secolo, nell’era dei computer e del web, siamo sicuri dell’esistenza di sistemi informatici che potranno rendere il nostro voto più sicuro e legale.

Proprio per le note vicende riguardanti la presenza della lista fuorilegge Free Flights to Italy, truffa che noi de La Voce abbiamo contribuito – da protagonisti – a scoperchiare, forse nella nostra ripartizione Nord Centro America il voto per la Camera potrebbe essere annullato. Chissà. Quello che dobbiamo pretendere, per il bene della democrazia italiana, è che il diritto di voto degli italiani all’estero sia preso in futuro sul serio e quindi venga rispettato, tenendolo nella giusta considerazione, invece che prenderlo per i fondelli”. 

 

 

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