Marrakech – Jeemaa El Fna

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Non si può mettere un limite ai sogni e a Marrakech, nessuno mai si stanca di sognare scrutando il cielo e guardando Jeemaa El Fna.

Nessun grande interesse architettonico, solo il fascino della piazza che proviene dalla sua tradizionale quotidiana, popolare animazione.

Nessun grande cartello illuminato la sera, solo la soffusa profusione di luci al kerosene che illuminano i negozi, le baracche dei venditori e i ristorantini all’aperto, come uno sciame di lucciole, nel cuore della città.

E’ un largo grande spazio aperto, che si trasforma in un labirinto da cui non è possibile scappare, una crogiolo di genti, di lingue di costumi.

Un giro e un altro giro ancora, nella piazza, eppoi si inizia di nuovo, tra la fiumara di gente che come un grande rivolo nella piena del suo scorrere, racconta tra le due sponde storie di civiltà antiche e moderne.

Jemaa el Fna … Il cuore pulsante di Marrakech. Luogo verso cui tutti i turisti vengono immediatamente dirottati da qualsiasi posizione nella medina: “qu’est-ce que vous cherchez? La Place? Il est là” …. La Piazza? E ‘lì!”.

Caravan di venditori di succo d’arancia ne circondano il bordo, negozi di souvenir e di abbigliamento aprono i loro usci tra i vicoli bui e polverosi della medina, mentre la varia popolazione drena rumorosamente verso tutti i lati di questa agorà Marrakchia.

La piazza principale di Marrakech, il palcoscenico all’aperto di un teatro il cui programma si è evoluto nel corso dei secoli per adattarsi al suo pubblico e alla sua epoca. I suoi attori si esibiscono ogni giorno dal sorgere del sole, all’altro suo nuovo sorgere in uno spettacolo che dura tutto il giorno, e tutta la notte, nella piazza che non dorme mai.

Jeemaa El Fna é lì, impassibile, fortuitamente coperta dal calore del suo sole cocente e da una nuvola di teste, dal fumo che scherma la figura e la voce dell’ultimo saltimbanco pazzo, arroccato su una sedia che gioca a fare il fachiro.

Anche lui intimamente amalgamato nel corso dei secoli nella storia almovida di questa piazza, insieme a tutte le genti che convenendo da tutte le provenienze, diventano simbolo della città. «Gente venuta da tutte le parti del Paese, dalla montagna dal piano, con i loro asini, i loro muli e i loro cammelli, Berberi, Arabi, negri, mezzi negri, tutte le tinte della pelle, dal colore del pane cotto fino alla più scura livrea prodotta dal sole abbagliante […] E sempre il flusso di questa marea di gente mi porta in un posto strano dove la popolazione si rinnova ogni giorno, mi fermo, mi accovaccio intorno alle cose che incantano e mi soffermo, anche per ore, attento come un ignorante davanti ad grande libro aperto “(Tharaud, 1920).

 La piazza per eccellenza, la piazza del Marocco, la piazza di tutto il mondo.

Io guardo, ascolto, osservo e resto, incantato, dal rumore delle campanelle del “guerab” il venditore d’acqua, che martellano sin dentro il cervello.

Mi strega l’isteria del suono dei flauti, dei cembali, dei liuti dei tamburi che suonano tutti insieme tra il mescolarsi degli incantatori di serpenti e gli addestratori di scimmie, tra acrobati, danzatori, fachiri, cantastorie, maghi, cartomanti, tatuatori e spettacolo tra gli spettacoli, turisti europei ovunque. … che comprano sogni.

Jeemaa El Fna, “l’assemblea dei morti” o “il luogo del niente ” è il significato del suo nome,

ed io mi butto di getto nel suo ventre molle fermandomi ad ogni attrazione.

Musicisti gnawa, danzano fluttuando nel vento; un ciarlatano vende un trinciato miracoloso di teste di aglio per combattere il mal di denti; un contemporaneo di Matusalemme, recita a memoria il Corano e proferisce preghiere che guariscono gli ammalati; c’è il medico autodidatta,

guaritore e dentista di strada; astrologi che guardando le stelle tra il cielo nuvoloso; vi è anche un mago che gioca con le pietre sacre ed ha appena perso tutti i denti; un finto Tuareg legge il giornale agli analfabeti; un uomo estremamente grasso misura la sua forza e quelle degli altri; un fanciullo che indossa un turbante verde gioca con eleganti colombe bianche.

Piazza Jeemaa El Fna “patrimonio orale e immateriale dell’Umanità” un riflesso del mondo, una sintesi della vita stessa. Testimonianza unica di una tradizione viva.

Alcuni qui nella piazza vengono a vedere la vita degli altri, altri vengono a buscársela la vita. Alcuni non si aspettano nulla, altri credono a tutto, eppoi anche i sogni crollano.

La notte il Kutubiya, il minareto è completamente illuminato, fosforescene sotto i raggi della luna. Bancarelle alimentari, ristorantini improvvisati riempiono il vuoto e l’atmosfera mortificante di fumo e odori. Luci arancioni, gialle rosse, blu, lanterne a gas, ne incorniciano il caos implacabile.

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