“Pd all’opposizione”

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Matteo Renzi non è più, ufficialmente, segretario del Pd. L’ex premier ha formalizzato il suo addio con una lettera, stringatissima, letta alla Direzione del Pd che ha dato il via alla ‘reggenza’ di Maurizio Martina. Il vicesegretario ha individuato il percorso con chiarezza: opposizione (“alle forze che hanno vinto diciamo una cosa sola: ora non avete più alibi”) e niente Congresso subito: “Il nostro progetto ha bisogno di una partecipazione consapevole superiore a quella che possiamo offrire una sola domenica ai gazebo”.

“Intendiamo rispettare profondamente il voto di tutti gli italiani e saremo coerenti con gli esiti del 4 marzo – ha rimarcato – Ora tocca a chi ha ricevuto maggior consenso l’onore e l’onere del governo del Paese. Noi continueremo a servire i cittadini, dall’opposizione, dal ruolo di minoranza parlamentare”.

“Alle forze che hanno vinto diciamo una cosa sola – ha continuato – ora non avete più alibi. Ora il tempo della propaganda è finito. Lo dico in particolare a Lega e Cinque Stelle: i cittadini vi hanno votato per governare, ora fatelo. Cari Di Maio e Salvini prendetevi le vostre responsabilità. Misureremo insieme ai cittadini le vostre coerenze, giorno per giorno, rispetto a quello che avete promesso facilmente e raccontato in mesi e mesi di propaganda senza limiti”.

Renzi ha disertato la Direzione, senza per questo risultare ‘politicamente’ assente. “Io non mollo. Mi dimetto da segretario del Pd come è giusto fare dopo una sconfitta”, ha scritto nella sua enews aggiungendo: “Abbiamo perso una battaglia ma non abbiamo perso la voglia di lottare per un mondo più giusto. Il futuro prima o poi torna”. Il parlamentino dem alla fine ha approvato la relazione di Martina, nessun voto contrario e sette astenuti l’esito del voto.

All’appuntamento si sono presentati tutti i Big, da Paolo Gentiloni all’esordiente Carlo Calenda (seduto in prima fila proprio di fianco al premier e a Maria Elena Boschi). In tanti, tranne Dario Franceschini e Michele Emiliano, hanno preso la parola, compresi Graziano Delrio e Andrea Orlando. Come ha spiegato Matteo Orfini, con le dimissioni del segretario “il presidente ha un mese di tempo per convocare l’Assemblea nazionale”, salvo slittamenti dovuti alle consultazioni al Quirinale. L’Assemblea verificherà la possibilità di eleggere un segretario, altrimenti partirà la stagione congressuale.

Martina, nella sua relazione, ha lanciato una “fase costituente” da gestire “con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso”. Una sorta di ‘caminetto’ rispetto al quale solo l’area Emiliano (astenuta in Direzione) potrebbe avere una posizione ‘ostile’. La linea del vicesegretario ha avuto il via libera dei big, da Zingaretti (“bene Martina”) a Delrio (“siamo riuniti non per cercare un nuovo capo ma una nuova direzione”) fino a un silente Franceschini.

I renziani, defilati, non hanno preso la parola in Direzione, apprezzando però il fatto che sia passata la linea ‘opposizione’ dettata da Renzi. Adesso, il test sui prossimi equilibri interni sarà l’elezione dei capigruppo parlamentari. Sì alla responsabilità anche da Orlando, che però ha posto con decisione alcuni paletti: “Non penso che mentre qualcuno si carica il peso di una lunga transizione qualcuno si possa defilare e sparare sul Quartier generale secondo una strategia di Mao Zedong”.

Per il ministro della Giustizia, inoltre, è giusto dire no a un governo del M5S o della Lega ma “attenzione a evitare un Aventino istituzionale: abbiamo il dovere di far entrare tutte le forze uscite dalle urne nel gioco democratico e dobbiamo costruire un assetto di garanzie nei livelli istituzionali”.

“IMPEGNO STRAORDINARIO PER RILANCIO” – “La Direzione del Partito democratico – si legge in un comunicato del Nazareno – ha approvato l’ordine del giorno finale, con 7 astenuti e voto favorevole di tutto il resto della platea, prendendo atto delle dimissioni del segretario e ringraziandolo per il lavoro e l’impegno appassionato di questi anni alla guida del partito nella sfida politica e di governo, intrapresa sempre con grande determinazione”.

“La Direzione – si legge – assume, come avvio del confronto, la relazione del vicesegretario, che svolgerà le funzioni di segretario fino all’Assemblea nazionale convocata – come da Statuto – dal presidente, e condivide le proposte avanzate sulla gestione collegiale dei prossimi passaggi politici. Riconosce l’esito negativo del voto, garantisce il pieno rispetto delle decisioni e delle scelte espresse dai cittadini e il proprio apporto al Presidente della Repubblica”.

“Il Pd si impegnerà dall’opposizione, come forza di minoranza parlamentare, riconoscendo che ora spetta alle forze che hanno ricevuto maggior consenso l’onere e l’onore di governare il Paese. Infine, chiama a un impegno straordinario le federazioni regionali, provinciali e i circoli per promuovere a ogni livello il più ampio confronto di analisi e proposta per individuare insieme il percorso da seguire per il rilancio del Partito democratico nella società italiana”, conclude la nota.

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