Le modelle di corot, di henner, di induno…

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Quest’anno e quello testé trascorso si direbbe che al di là delle Alpi e dell’Oceano abbiano deciso di comune accordo di occuparsi di un soggetto in verità inspiegabilmente  mai assurto a dignità ed attenzione nella Storia dell’Arte e cioè la modella di artista. In effetti per gli artisti i loro modelli venivano considerati come i tubetti dei colori,  le tele, i telai, lo scalpello cioè poco o niente e perciò di regola nessuna  informazione o ragguaglio hanno lasciato.  Eppure non pochi  artisti siano essi pittori o scultori,  non erano in grado, per esplicita ammissione, di esprimersi pienamente senza avere davanti a loro il modello, il quale in molti casi diveniva  autentico  motivo di ispirazione e di stimolo e, quasi una nemesi e paradosso, tali soggetti direttamente ispirati dal modello e quindi divenuti dei veri e propri ritratti, spesso sono assurti ad autentici capolavori noti in tutto il mondo: l’Eva, Laurette, il Servo, Carmen e Carmela, il Bacio, il brigante, Celestino, la Seminatrice… Grandi artisti hanno espresso palesamente tale verità del ruolo fondamentale esercitato dai modelli nella loro opera: Modigliani, Rodin, Renoir, Degas, Matisse…

Al Museo Victoria & Albert di Londra si è conclusa da pochi giorni una esposizione di cui un settore era dedicato al Risorgimento italiano e unica opera d’arte presente era un quadro di Gerolamo Induno che illustrava delle ragazze ciociare che a Roma confezionavano di soppiatto le bandiere dell’Italia Unita.  Si sa che Gerolamo Induno, artista milanese, era particolarmente cultore del personaggio in costume ciociaro e numerose sono le opere da lui dedicate all’umile creatura di Ciociaria e una gamma vasta di soggetti: la mamma che bussa alla casa del medico con il bimbo malato in braccio, la ciociara che amoreggia col ragazzo, la ciociara che si congeda dal soldato  in partenza, il saluto alla bandiera, l’arrivo del bersagliere… 

Sempre con riferimento a tale momento di promozione  della figura della modella di artista, al Museo Henner di Parigi sta avendo luogo una esposizione delle opere e dei documenti riguardanti i soggiorni in Italia dell’artista Jean Jacques Henner  e affianco a numerosissime opere e schizzi e bozzetti realizzati  e ispirati soprattutto da opere rinascimentali e archeologiche e dalla natura circostante, fu anche lui molto più attratto dal cosiddetto pittoresco dei luoghi, un concetto che, pur se contraddistintivo, abbraccia in verità parecchi aspetti: uno era proprio la umanità abbigliata nel bel costume variopinto che molto attraeva il pittore: in una  lettera al suo maestro in Francia scriveva durante il suo soggiorno romano tra il 1858 e 1864: “in questi posti, le donne, giovani e vecchie, e i bambini sembrano fatti apposta per essere dipinti”. E quindi numerose sono le sue opere, sia pittura che grafica, che illustrano uomini e donne ciociare nei loro sfavillanti costumi: la ciociara che fa la maglia, la ciociara che aspetta il pittore sulla scalinata di Trinità dei Monti, lo zampognaro….

In un passato intervento a proposito degli  omaggi transalpini a questa ampia regione distesa ai piedi di Roma sistematicamente emarginata e non di rado vilipesa, abbiamo scritto di una significativa esposizione attualmente a Parigi al Museo Marmottan, sui modelli e  modelle nell’opera di Corot ed evidenziato che il ruolo fondamentale era delle modelle e tra queste la più presente anche in certe opere ormai patrimonio quasi universale,  fu la modella  ciociara Agostina che in quegli stessi anni posava per Manet e Renoir e più tardi per Van Gogh.

Detta mostra che caldamente consigliamo di visitare se si vuole godere di una specie di spaccato sia sul costume ciociaro e sia sui modelli, consente anche di conoscere le impressioni e sensazioni che i giovani artisti riportavano quando immersi nell’atmosfera di Roma antica e dei paesi intorno sui monti: era “un incantamento”, era “una nuova e vera vita che si iniziava a vivere” e avveniva che non pochi di loro abbandonavano tutto delle loro origini e divenivano  cittadini romani o di qualche paesino degli Ernici o dei Simbruini! Quale differenza gigantesca con quella che oggi si continua a chiamare Roma! La mostra questa  estate prosegue alla Galleria Nazionale di Washington.

Michele Santulli

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