Facebook. Zuckerberg rompe il silenzio , ‘troppi errori, e’ colpa mia’

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‘Vogliono usarci ancora per influenzare voto di meta’ mandato’
‘Sono io il responsabile di quello che e’ successo. Dobbiamo proteggere le vostre informazioni. Abbiamo fatto errori, c’e’ ancora molto da fare’. Mark Zuckerberg rompe il silenzio sullo scandalo dei dati personali usati per fini politici scrivendo agli utenti dalla sua pagina personale. Poi, in una intervista alla Cnn, si dice pronto a testimoniare davanti al Congresso americano e ad istituire nuove regole. Zuckerberg e’ sicuro che si voglia ancora una volta sfruttare la piattaforma di Facebook per influenzare le elezioni, e lancia l’allarme in vista del voto di meta’ mandato.

Mark Zuckerberg ha chiesto “scusa”. Per rompere il suo lungo silenzio, il fondatore di Facebook ha scelto la Cnn. E in un’intervista esclusiva all’emittente americana ha riconosciuto i suoi “errori”, dicendosi “felice” di testimoniare davanti al Congresso degli Stati uniti, a qualche giorno dallo scandalo sull’uso improprio di dati personali di milioni di utenti da parte dell’azienda britannica Cambridge Analytica. “E’ stata una violazione molto importante della fiducia, mi dispiace davvero molto per quello che è successo, la nostra responsabilità è di assicurare che non accada di nuovo”, ha spiegato nella notte italiana.

Zuckerberg aveva parlato pubblicamente dello scandalo attraverso un post su Facebook ieri. Ha scritto che la società ha commesso degli “errori” e aveva sottolineato come ha cambiato le sue politiche per assicurare che i dati degli utenti siano protetti. “Vorrei che avessimo fatto questi passi prima”, ha commentato alla Cnn. “Questo è probabilmente l’errore più grande che abbiamo fatto qui”.

Il Ceo di Facebook ha dichiarato che il social network intende avvisare tutti coloro i cui dati sono stati violati ed ha assicurato che la società non tarderà a spiegare agli utenti cosa è successo. “Questo è sicuramente qualcosa che, ripensandoci, mi dispiace di non avere già fatto”, ha detto alla Cnn. “Penso che ci siamo sbagliati”. Ed ha aggiunto di avere compiuto anche altri errori. “Ho iniziato quando ero così giovane e inesperto”, ha detto il 33enne Zuckerberg. “Ho commesso errori tecnici ed errori di lavoro, ho assunto persone sbagliate, mi sono fidato delle persone sbagliate”, ha affermato. “Probabilmente ho lanciato più prodotti che hanno fallito rispetto alla maggior parte delle persone nella loro vita”, ha insistito.

Ma alla fine ha detto di avere imparato dai suoi passi falsi. “Questo è l’impegno che cerco di avere all’interno della nostra azienda e della nostra comunità”. Zuckerberg si è quindi detto “felice di testimoniare davanti al Congresso se questa è la cosa giusta da fare”. “Ci sono state molte forze in gioco su Facebook durante le elezioni presidenziali americane del 2016”, ha sottolineato ancora. “Le elezioni di metà mandato il prossimo novembre saranno una sfida, un motivo di grande attenzione per noi”.
L’auspicio e’ che si plachino l’ondata di indignazione dell’opinione pubblica e la frustrazione dei dipendenti del colosso dei social media, allontanando le voci di altre teste pronte a cadere dopo quella del responsabile per la sicurezza informatica Alex Stamos. La societa’ era tornata a difendersi martedi’ sera, affermando di essere stata ingannata sulla raccolta delle informazioni personali degli utenti: una dichiarazione che per lo meno sembra essere riuscita ad evitare un’ulteriore giornata di passione per Facebook a Wall Street, dove dall’inizio dello scandalo ha bruciato ben 50 miliardi di dollari. Il danno piu’ grave pero’ sembra essere quello di immagine, e la perdita di fiducia da parte di quel popolo di Facebook che si e’ sentito raggirato, con i propri dati utilizzati per fini politici, che si tratti del referendum sulla Brexit o dell’elezione di Donald Trump. Nel mirino e’ una gestione della privacy troppo lassista da parte del gruppo dirigente, almeno fino al 2015.

Intanto a rafforzare il possibile legame tra il datagate di Facebook e il trionfo del tycoon alle urne nel novembre del 2016 c’e’ anche la storia raccontata da Chris Wylie, la talpa che con le sue rivelazioni ha provocato il terremoto. Per l’ex dipendente di Cambridge Analytica, intervistato dal Washington Post, il programma per la raccolta di dati su Facebook fu avviato nel 2014 dalla sua ex societa’ sotto la supervisione di Steve Bannon, l’ex stratega politico di Trump. Fu dunque l’allora numero uno di Breitbart News – entrato nel board di Cambridge Analytica e divenutone vicepresidente – la mente di tutto.

Tre anni prima il suo incarico alla Casa Bianca, Bannon comincio’ a lavorare a un ambizioso progetto: costruire profili dettagliati di milioni di elettori americani su cui testare l’efficacia di molti di quei messaggi populisti che furono poi alla base della campagna elettorale di Trump. Fu sempre Bannon a far avere a Cambridge Analytica, dove rimase fino all’agosto 2016, i finanziamenti dei suoi ricchi sostenitori.
redazione | marzo 22, 2018 alle 8:43 am | Etichette:  |  | URL: https://wp.me/p5104f-t8V

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