Vincent Lambert: per rispettare la vita non si rispetta la persona

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Riguardo al caso di Vincent Lambert, trascrivo da Wikipedia: «La gravità dell’atrofia cerebrale e le lesioni osservate portano, con il ritardo di cinque anni e mezzo dall’incidente iniziale, a stimare danni cerebrali irreversibili. Vincent Lambert può rispondere alle sue cure e ad alcuni stimoli, ma gli esperti dicono che le caratteristiche di queste reazioni suggeriscono che sono risposte non consce e non hanno ritenuto possibile interpretare queste risposte comportamentali come testimoniare una “esperienza cosciente della sofferenza” o un’intenzione o desiderio di interrompere o continuare il trattamento che lo tiene in vita». Se queste notizie sono vere, se ne deduce che non si può sapere se Vincent Lambert vorrebbe continuare a vivere nello stato in cui si trova. Non si può sapere. Allora la domanda da porsi è la seguente: è giusto agire con mezzi artificiali, come si sta facendo, per impedire che Lambert muoia? Sì, perché il problema è non di fare qualcosa per farlo morire, ma non fare qualcosa per tenerlo in vita per forza. E’ giusto tenere questa persona in un ospedale e continuare a nutrirlo artificialmente? Per maggiore chiarezza: non potendo sapere se si reca più danno a questa persona tenendola in vita per forza oppure lasciando che muoia, è più giusto astenersi dall’agire anziché continuare ad agire. Poiché i danni cerebrali sono irreversibili, l’iniziativa presa in un primo momento nella speranza che si riprendesse, non ha più senso. Il Papa ha detto che bisogna rispettare la vita. E’ giusto, ma alle volte per rispettare la vita si rischia di non rispettare la persona.

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