I giovani italiani tra voglia di protagonismo e disillusione

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MILANO – In occasione della 94esima Giornata per l’Università Cattolica, dal titolo “Eredi e innovatori, i giovani protagonisti della storia”, è in uscita in tutte le librerie la 5^ edizione dell’indagine curata dall’Istituto Toniolo: “Rapporto giovani 2018”. Il volume è stato realizzato con il sostegno della Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo.
Dal report emerge come le nuove generazioni puntino da una parte a vagliare in modo critico il patrimonio ricevuto, mentre dall’altro mirino a conquistare un ruolo da protagonisti.
Ci sono certamente elementi di rassegnazione, disillusione e distacco, ma emerge l’energia con la quale il 73,8% degli intervistati ritiene che sia ancora possibile impegnarsi in prima persona nella società. Essa si accompagna a quella maggioranza del 67,7% positivamente predisposta al cambiamento. 
Sotto la lente d’ingrandimento del Rapporto Giovani 2018 gli snodi principali della transizione alla vita adulta: il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola e dalla formazione. Il filo conduttore in questa edizione sono i valori, nella loro accezione più ampia: i valori in salute e quelli declinanti; i sistemi formativi e di orientamento; l’importanza delle soft skills; la domanda di rappresentanza e orientamento politico; la vita nella rete e i disvalori dell’hate speech; l’immigrazione e multiculturalismo; la coppia e la genitorialità; la fede e i valori religiosi.
Il tema dell’immigrazione fornisce significativi elementi per comprendere come gli under 35 si relazionino con le dinamiche sociali del nostro Paese. Oltre il 70% dei giovani intervistati ritiene che l’atteggiamento generale degli italiani nei confronti degli immigrati sia prevalentemente diffidente e ostile.
Nel confronto con la rilevazione del 2015 il dato si impenna: in quell’anno, infatti, la stessa percezione riguardava il 57%. È interessante anche notare come la gran parte dei rispondenti esprima comunque una opinione e come solo il 4,9% se ne astenga. Inoltre, in condizioni di scarsità di lavoro di cui soffrono soprattutto le nuove generazioni, i giovani tendono ad assumere un atteggiamento protezionistico: la maggioranza (soprattutto nelle classi sociali più deboli) ritiene che l’immigrazione dovrebbe essere gestita in modo da non entrare in competizione con le condizioni di lavoro di chi già è in Italia. 
In particolare, più del 60% ritiene che i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione l’offerta di lavoro degli italiani prima di valutare quella degli immigrati (62,6%), a fronte del 37,4% che si dichiara in disaccordo con questa affermazione. Il timore della concorrenza lavorativa degli immigrati non risulta comunque più forte rispetto al prolungamento della permanenza dei lavoratori più anziani e alla crescente automazione nei processi produttivi. Esiste quindi una preoccupazione generale sull’impatto dei cambiamenti demografici, sociali e tecnologici rispetto alle opportunità di lavoro, che spinge i giovani con capitale umano più debole verso posizioni difensive. 
Inoltre, se si considera l’atteggiamento verso gli stranieri regolari presenti in Italia, si ottiene una valutazione largamente positiva (solo uno su tre pensa che la loro presenza peggiori la sicurezza e l’economia del paese).
La “vita nella rete” è un altro grande tema indagato dal Rapporto. I giovani sono sempre connessi, ma in maniera autonoma e attenta, e con una chiara tendenza a rifiutare ogni forma di violenza e di odio. In particolare, rispetto alle cause del fenomeno hate speech, gli intervistati ritengono che l’odio in rete sia collegato, in qualche modo, alle tensioni che circolano all’interno della società. 
Lo afferma, infatti, (somma delle modalità “Molto d’accordo” e “Abbastanza d’accordo”) il 61,2%.
Le percentuali di accordo significativo sul fatto che esprimere l’odio in rete possa essere considerata una forma socialmente accettabile in cui incanalare l’espressione dell’odio e del risentimento sono molto basse (12,2%). Le percentuali si alzano lievemente quando si tratta di prendere posizione sul fatto che esprimere online atteggiamenti negativi verso l’altro possa in un certo senso sublimare la violenza sottraendola alla vita reale. Sono infatti d’accordo con questa affermazione il 19,9% dei giovani italiani. 

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