Fisco: tasse locali, tariffe in 3 anni aumenti oltre tre volte crescita dell’inflazione

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Sebbene dal 2015 Regioni ed enti locali non possano piu’ aumentare le tasse locali, per le tasche degli italiani le cose non sono migliorate. E in alcuni casi la situazione e’ peggiorata, visto che in questi ultimi 3 anni le tariffe dei servizi pubblici erogati dagli enti locali sono aumentate del 5,6%, vale a dire oltre 3 volte la crescita dell’inflazione. Lo rileva la Cgia, secondo cui inoltre tra il 2015 e i primi 4 mesi 2018 le principali tariffe amministrative applicate dai comuni sono aumentate dell’88,3%.
Sebbene dal 2015 le Regioni e gli enti locali non possano piu’ aumentare le tasse locali (come Imu, Tasi, addizionali Irpef, addizionale regionale Irap, etc.), per le tasche degli italiani le cose non sono migliorate. Anzi, in alcuni casi la situazione e’ addirittura peggiorata, visto che in questi ultimi 3 anni le tariffe dei servizi pubblici erogati dagli enti locali sono aumentate del 5,6%, vale a dire oltre 3 volte la crescita dell’inflazione. Lo rileva la Cgia. Tra il 2015 e i primi 4 mesi 2018, infatti, le principali tariffe amministrative applicate dai comuni (certificati di nascita, matrimonio/morte) sono aumentate dell’88,3%. Quelle applicate dalle societa’ controllate da questi enti territoriali per la fornitura dell’acqua, invece, hanno subito un incremento del 13,9%, quelle della scuola dell’infanzia del 5,1%, le mense scolastiche del 4,5%, il trasporto urbano del 2% e i rifiuti dell’1,7%. L’inflazione, invece, sempre in questo periodo e’ salita solo dell’1,7%.
“Con lo stop agli aumenti della tasse locali – rileva Paolo Zabeo, Cgia – molti amministratori hanno continuato ad alimentare le proprie entrate agendo sulla leva tariffaria, incrementando le bollette della raccolta dei rifiuti, dell’acqua, le rette degli asili, delle mense e i biglietti del bus. E tutto cio’, senza gravare sul carico fiscale generale, visto che i rincari delle tariffe, a differenza degli aumenti delle tasse locali, non concorrono ad appesantire la nostra pressione fiscale, anche se in modo altrettanto fastidioso contribuiscono ad alleggerire i portafogli di tutti noi”. “Sebbene da qualche anno ai Comuni siano stati alleggeriti i vincoli di bilancio grazie al superamento del Patto di stabilita’ interno e abbiano potuto contare su importanti aumenti tariffari – afferma Renato Mason, segretario Cgia – le risorse a disposizione dei sindaci risultano ancora insufficienti per rilanciare gli investimenti e le manutenzioni pubbliche. Misure, queste ultime, indispensabili per ridare fiato all’ economia locale e, conseguentemente, al mondo delle piccole imprese”. Con molte meno risorse a disposizione a seguito dei tagli ai trasferimenti, osserva La Cgia , i sindaci e i Governatori, almeno fino al 2015, hanno reagito agendo sulla leva fiscale. Successivamente, grazie al blocco delle tasse locali imposto dal Governo Renzi, molti amministratori si sono ‘difesi’ rincarando le tariffe e/o riducendo la qualita’ e la quantita’ dei servizi offerti ai cittadini. E a conferma della bassa qualita’ dei servizi pubblici offerti dalla nostra pubblica amministrazione ci sono di supporto anche i risultati emersi da un’indagine elaborata nel 2018 dall’Ue. Su 23 Paesi analizzati, l’Italia e’ al 17/o posto per livello di qualita’ della Pa. Oltre ai dati medi nazionali, l’indagine consente di accertare anche le performance di 206 realta’ territoriali. Tra le 30 top regioni europee, purtroppo, non rileviamo nessuna amministrazione pubblica italiana. La prima, ovvero la Provincia autonoma di Trento, si colloca al 36/o posto della classifica generale. Di seguito troviamo la Provincia autonoma di Bolzano (39), la Valle d’Aosta (72) e il Friuli V.G. (98). Pesante la situazione al Sud con 7 regioni nelle ultime 30 posizioni: la Sardegna al 178/o posto, la Basilicata al 182/o, la Sicilia al 185/o, la Puglia al 188/o, il Molise al 191/o, la Calabria al 193/o e la Campania al 202/o posto. Solo Ege (Turchia), Yugozapaden (Bulgaria), Istanbul (Turchia) e Bati Anadolu (Turchia), hanno uno score peggiore della Pa campana. Tra le realta’ meno virtuose troviamo anche una regione del Centro, vale a dire il Lazio (184). Anche l’Ocse, nel suo “Rapporto economico sull’Italia” del 2017, evidenzia che il cattivo funzionamento della Pa italiana ha degli effetti molto negativi sulle performance di chi fa impresa, sugli investimenti e sulla crescita della produttivita’. L’Ocse, infatti, dimostra che la produttivita’ media del lavoro delle imprese e’ piu’ elevata nelle zone con una piu’ efficiente amministrazione pubblica, sottolineando come nel Sud la situazione abbia raggiunto livelli di criticita’ molto preoccupanti.

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