Le pensioni in Italia: integrativa e complementare possono aiutare il sistema sociale?

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In Italia continua a tenere banco il nodo legato al sistema previdenziale. La formula d’erogazione statale non accenna ad uscire dalla sua crisi ed il fatto che l’Italia sia il paese più anziano d’Europa e il secondo più vecchio al mondo non aiuta nei calcoli. A poco sono serviti i diversi innalzamenti della soglia minima per accedere alla pensione, visto che anno dopo anno la situazione del sistema occupazionale, che sulla carta dovrebbe contribuire al pagamento degli assegni previdenziali, non accenna a fare passi avanti. Dal punto di vista teorico, quindi, le forme pensionistiche sociali dovrebbero essere integrate, ma l’obbligatorietà della scelta di forme complementari e integrative non è in vigore, anche se nella pratica potrebbe aiutare a generare un assegno più congruo.

Attualmente in Italia gli iscritti al sistema di previdenza complementare sono oltre 7 milioni, ma la percentuale della forza lavoro non supera i 28 punti percentuali. Resta quindi un 72% dei lavoratori italiani che ignora l’efficacia di sistemi previdenziali che non sono gestiti dallo Stato e versa contributi nella speranza di un futuro migliore. Da un lato l’utopia, la speranza, dall’altra i dati: ogni anno si accumulano 151,3 miliardi di euro, il 9% del PIL, ma di questi solo 6,9 miliardi rappresentano le spese per la gestione previdenziale e l’ammontare complessivo delle pensioni – erogate sia in capitali che in rendita – ammonta a 2 miliardi e 700 milioni di euro. Fatti i debiti conti, quindi, il valore del risparmio gestito in Italia ammonta a 1700 miliardi di euro.

In merito a questo tema vige, purtroppo, una coltre di scarsa conoscenza della materia. Molti lavoratori infatti ignorano che gli accordi sindacali prevedono che ogni datore di lavoro versi un contributo non inferiore all’1% direttamente ad un fondo autorizzato per le forme pensionistiche complementari dei propri lavoratori e altrettanto inconsciamente gli italiani ignorano che il proprio TFR, senza comunicazione contraria, viene direttamente versato in un fondo gestione. Eppure, in Italia la scelta non manca, dal momento che si contano oltre 450 forme pensionistiche complementari, suddivise in negoziali, fondi aperti, piani individuali pensionistici, preesistenti e Fondi Inps, come illustra FederContribuenti. Le sottoscrizioni, però, sono ben al di sotto delle medie internazionali, dal momento che scelgono le pensioni complementari solo 5,8 milioni di lavoratori dipendenti e 2 milioni di lavoratori autonomi. La pensione complementare però nasconde anche diversi rischi, dal momento che, oltre ai costi di gestione, bisogna considerare che i fondi dipendono dalle oscillazioni di mercato, ma spesso queste informazioni sono omesse nell’apposita nota e quindi il lavoratore si troverà in balia delle onde.

Secondo il presidente di FederContribuenti Paccagnella: «Diventa importante che tutti i lavoratori si facciano controllare la situazione previdenziale per evitare tutte le formule di tacito assenso. Inoltre, incoraggiamo certamente la forma integrativa e complementare in quanto le pensioni saranno sempre più basse sino ad estinguersi, ma scegliete con cure l’ente e il fondo al quale aderite, altrimenti rischierete fino al 90% del capitale».

L’alternativa alle forme previdenziali che si celano dietro il tacito consenso del lavoratore sono però tutti i prodotti di integrazione volontaria della pensione. La pensione integrativa altro non è che un fondo pensione dedicato a tutti i lavoratori, che decidono se versare una quota mensilmente o aggiungere anche il TFR. Come spiegano gli esperti di Moneyfarm, la profonda personalizzazione del prodotto finanziario, i costi più bassi e una minore esposizione al rischio potrebbero spostare gran parte dei contributi verso i cosiddetti PIP, ossia Piani Individuali Pensionistici improntate al lungo termine e deducibili ai fini IRPEF fino a un massimo annuo di 5.164.57 euro. Questi piani risultano essere molto flessibili e vengono incontro alle esigenze dei clienti anche in caso di eventi inaspettati. L’intera somma accumulata negli anni sarà poi erogata al raggiungimento della soglia pensionabile o nella canonica formula dell’assegno mensile o con un anticipo del 50% dell’intero ammontare. In questo modo il risparmiatore si metterà al riparo da eventuali sorprese relative alle forme previdenziali statali e gestirà al meglio contributi e TFR, senza rischi, a costi più contenuti e con la prospettiva di generare un profitto.

 

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