In Quebec Conte trova i big del mondo schierati tutti contro tutti

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Al via in una remota località del Canada francese il G7 delle discordie. Per il presidente del Consiglio italiano si profila un esordio complicato; per Trump una complicata gestione dei rapporti con l’Europa

 foto Giuseppe Conte accolto a Bagotville, in Quebec, per il G7

Mai stati così disuniti. I sette paesi del G7 si incontrano in Canada per prendere atto del baratro che li divide sui dazi, la questione iraniana, le linee guida in materia di difesa e crisi internazionali.

L’ultimo fronte è quello dei dazi: Donald Trump li ha imposti colpendo duramente l’economia degli europei e del Canada; ma si tratta solo dell’ultimo episodio di una lunga scia di incomprensioni che vanno dalla denuncia dell’accordo internazionale sul nucleare iraniano alle insistenze con cui Washington pretende il pagamento da parte europea di quote più altre all’interno della Nato.

Trump non voleva venire

L’agenda del vertice che si svolge in una remota località a circa 140 chilometri dalla città di Quebec, è stata letteralmente messa a soqquadro dalla crescente guerra commerciale tra Usa e i suoi principali alleati, Europa e Canada. Trump pare che sia partito molto malvolentieri, al punto che avrebbe ipotizzato in privato persino di inviare il suo vice, Mike Pence. Ufficialmente non avrebbe voluto “distrazioni”, concentrato com’è sullo storico summit previsto per martedì 12 giugno a Singapore con il leader nordcoreano Kim Jong-un.

 Legittimo il sospetto che abbia ragione la Washington Post, secondo cui in realtà il presidente americano non ha voglia di affrontare gli alleati, tutti furenti per le sue decisioni sui dazi. “Il Presidente ha detto martedì a diversi consiglieri che teme che partecipare al summit del G7 a Charlevoix non sia un buon uso del suo tempo perché, con i suoi omologhi, è diametralmente all’opposto su molti temi chiave e non vuole essere bacchettato da loro”.

Il Canada è un po’ più francofono

Il Quebec è la provincia del Canada dove si parla francese. Qui è volato all’antivigilia del vertice Emmanuel Macron, direttamente dall’Eliseo. L’intesa con il premier Justin Trudeau è apparsa molto forte, e dettata da un comune sentimento di insofferenza nei confronti della politica statunitense. Trudeau e Macron hanno annunciato la creazione di un Consiglio franco-canadese per la cooperazione nella Difesa.

Il primo ministro canadese Justin Trudeau e il presidente francese Emmanuel Macron

Ma ancora più esplicito quanto detto ancora dal presidente francese immediatamente dopo: i leader del G7 non devono avere timore di firmare accordi a sei, senza gli Stati Uniti. “Se gli Stati Uniti andassero verso una forma di isolazionismo, sarebbe un male per loro”, ha spiegato Macron sottolineando che “le misure prese sono controproducenti, anche per l’economia americana”.

L’esordio di Conte

Giuseppe Conte è chiamato a dissipare i dubbi dei partner internazionali circa la posizione del governo italiano su temi come i dazi imposti da Trump o i rapporti con la Russia. Considerato il pochissimo tempo tra l’insediamento del governo e lo svolgimento del G7, l’Italia prenderà parte ai lavori con il dossier predisposto dall’ufficio diplomatico del predecessore di Conte, Paolo Gentiloni.

Giuseppe Conte

Qualche indicazione è comunque arrivata dal discorso di insediamento in Parlamento, dove Conte ha dato l’idea di volersi muovere sul filo sottile della fedeltà al Patto Atlantico lavorando al contempo a uno scongelamento dei rapporti tra occidente e Russia. “Intendiamo ribadire la convinta appartenenza del nostro Paese all’Alleanza atlantica, con gli Stati Uniti d’America quale alleato privilegiato”, ha detto il neopresidente del Consiglio. Per quanto riguarda i rapporti con il Cremlino, Conte ha aggiunto che “saremo fautori di una apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni, a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile russa”.

Mentre Conte si preparava a salire sull’aereo per il Canada, è arrivato il grazie del Cremlino. “Mosca si aspetta di collaborare con il nuovo governo italiano nello spirito di continuità positiva delle relazioni italo-russe”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri russo, sottolineando che non è stata Mosca a introdurre sanzioni, ma naturalmente, accoglierebbe “positivamente approcci sani ed equilibrati”. “La dichiarazione del presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, alla vigilia del voto di fiducia testimonia la sua intenzione di cooperare con il nostro Paese, e così la Russia”, ha aggiunto il ministero, ricordando che “il presidente russo Vladimir Putin, nel suo messaggio di congratulazioni a Conte, ha parlato a favore dello sviluppo di un dialogo politico costruttivo nella risoluzione dei principali problemi regionali e globali”.

Putin soffia sul fuoco

I dazi su acciaio e alluminio introdotti dall’Amministrazione Trump, contro non solo la Cina ma anche alleati come Europa, Messico e Canada sono “in sostanza sanzioni”, ribadisce intanto da lontano il presidente russo, Vladimir Putin. Che, in linguaggio diplomatico, in questa fase è il tertium gaudens. In linguaggio politico italiano contemporaneo: si è comprato il pop corn.

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