Pamela, non ci sarà nemmeno un giudice a Berlino

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Erano amici, secondo i nostri bravi magistrati

Febe Polluce

Ci hanno insegnato che un “Ehi, ciao.. sei bellissima!” sia una molestia intollerabile.
Ci hanno spiegato che le mignotte d’alto bordo che appagano le voglie di potenti mecenati per ricavarne un indubbio vantaggio sono vittime di un abuso.
Ci hanno chiarito che un’attricetta, che senza il papà regista non avrebbe fatto manco la comparsa ne “I ragazzi della terza C”, è stata vittima di una sorta di “stupro prolungato” per i 5 anni in cui ha fatto da fidanzata al ricco signore che la mandava a prendere con l’elicottero.
Ora ci vogliono far credere che Pamela, una ragazza con un problema di dipendenza da eroina, in astinenza, sola e disperata, abbia avuto un normalissimo rapporto sessuale consensuale con quello che gli ha venduto la droga, aiutandola ad iniettarsela. Malgrado, dallo scempio atroce del suo corpo, emerga fra le altre cose, la rimozione dei tessuti inguinali e perianali, da subito correttamente interpretata come volontà di nascondere le prove della violenza. Pamela non ha ricavato alcun vantaggio dal suo ultimo “rapporto sessuale”: solo una coltellata al fegato, una martellata alla tempia, lo smembramento bestiale del suo corpo. Non scriverà libri, non alzerà il pugno a favore di telecamera contro il patriarcato, non rovinerà la vita e la carriera di qualche ex amante facoltoso.
Ergo, il suo non fu stupro.

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