Divorzio. Cassazione: per calcolare l’assegno non basta il tenore di vita

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Sezioni unite dopo sentenza Grilli, ora criterio composito

Nello stabilire l’assegno di divorzio ‘si deve adottare un criterio composito’ che tenga conto ‘delle rispettive condizioni economico-patrimoniali’ e ‘dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge’ al ‘patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialita’ reddituali future ed all’eta”. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione sciogliendo un conflitto di giurisprudenza dopo che la sentenza Grilli aveva escluso il parametro del ‘tenore di vita’.

Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, con la sentenza n. 18287, depositata in data odierna, hanno stabilito che all’assegno di DIVORZIO deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Precisa la sentenza che, ai fini del riconoscimento dell’assegno, si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialita’ reddituali future ed all’eta’ dell’avente diritto. Il parametro cosi’ indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignita’ e di solidarieta’ che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo. La sentenza sottolinea infine che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale.

E’ “l’indipendenza o l’autosufficienza economica” dell’ex coniuge il parametro per stabilire l’assegno di divorzio. Con questo principio, poco piu’ di un anno fa, all’improvviso, la prima sezione civile della Cassazione, ribalto’ la giurisprudenza applicata da 27 anni, ossia da quando le sezioni unite della Corte, nel 1990, stabilirono che il presupposto per il diritto a ricevere un assegno fosse da rinvenire nella “inadeguatezza dei mezzi del coniuge a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”. Il 10 maggio 2017, infatti, al ‘Palazzaccio’ si chiudeva la causa di divorzio che vedeva opposto l’ex ministro Vittorio Grilli alla ex moglie Lisa Lowenstein, con un principio di diritto ‘rivoluzionario’, che escludeva il tenore di vita dai criteri di cui tenere conto per l’assegno di mantenimento. Un orientamento, questo, confermato in sentenze di merito e dalla stessa Cassazione con successive pronunce, nelle quali veniva puntualizzata, di volta in volta, la cornice nella quale il giudice poteva muoversi, ma il tenore di vita sembrava ormai del tutto accantonato. Era stato il primo presidente Giovanni Canzio, in pensione dal 31 dicembre scorso, a decidere, nelle ultime settimane alla guida della Corte, di trasmettere gli atti alle sezioni unite civili, data la questione “di massima importanza e rilevanza”, come evidenziato anche dall’attuale primo presidente Giovanni Mammone nella relazione per l’anno giudiziario dello scorso gennaio. E della necessita’ della rimessione alle sezioni unite aveva parlato anche l’avvocato generale Marcello Matera nella sua requisitoria nell’udienza del 10 aprile scorso: “Per due volte la prima sezione civile non ha accolto la richiesta di trasmettere gli atti alle unite, sostenendo che l’orientamento sul tenore di vita non fosse piu’ attuale, dopo 27 anni. Invece vi erano evidenti motivazioni – aveva sottolineato – perche’ le sezioni unite si pronunciassero, anche alla luce delle ricadute di una questione del genere su un rilevante numero di persone”. Matera aveva sostenuto che “si puo’ anche convenire che il criterio dell’autosufficienza economica, con mezzi idonei per una vita libera e dignitosa, possa essere preso come parametro ma non si puo’ escludere il riferimento anche ad altri criteri”, come quelli enunciati nell’articolo 5 della legge sul divorzio, ossia il tenore di vita, la durata delle nozze, l’apporto dell’ex coniuge alla costruzione del patrimonio familiare. E oggi, dopo tre mesi, e’ arrivata la pronuncia definitiva: “Ai fini del riconoscimento dell’assegno – scrivono le sezioni unite – si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialita’ reddituali future ed all’eta’ dell’avente diritto”.

“Il parametro cosi’ indicato – si legge ancora – si fonda sui principi costituzionali di pari dignita’ e di solidarieta’ che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo”. Il principio sancito oggi dalla Cassazione, che pone al centro della questione il contributo che l’ex coniuge ha portato nella vita familiare, sara’ quindi il fulcro delle prossime decisioni che la Corte dovra’ prendere nell’ambito di cause di divorzio tuttora pendenti: una di queste e’ quella che vede opposti Silvio Berlusconi e l’ex moglie Veronica Lario, la quale, nello scorso gennaio, ha impugnato la sentenza pronunciata a novembre dalla Corte d’appello di Milano che aveva azzerato il maxiassegno riconosciutole in primo grado (1,4 milioni al mese) e disposto la restituzione a Berlusconi di circa 45 milioni di euro, proprio applicando l’orientamento che era stato stabilito dalla sentenza Grilli e oggi rivisto dai giudici della Cassazione.

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