Justin Trudeau torna a far parlare di sé

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Spesso il premier canadese Justin Trudeau si è distinto per il suo stile e la sua apertura in controtendenza rispetto alle vicende sia dei vicini Stati Uniti che dell’Europa; un episodio accaduto a Sabrevois, in Québec, rappresenta uno schiaffo morale a tutti quei governanti che negli ultimi mesi stanno riempendo la quotidianità di razzismo e xenofobia.

Durante un comizio, una donna ha attaccato duramente Trudeau chiedendo “Quando restituirete i 146 milioni che abbiamo pagato per i vostri immigrati illegali?” ma la risposta del premier è stata altrettanto forte: “L’intolleranza verso gli immigrati non ha spazio in Canada. Signora il suo razzismo non ha posto qui”. Un responso che evidenzia quanto questa nazione costituisca un’eccezione rispetto alla contemporanea tendenza da parte delle maggiori potenze mondiali.

Secondo il giornalista Derek Thompson, in un articolo pubblicato su The Atlantic, ‘Canada’s Secret to Escaping the ‘Liberal Doom Loop’, il segreto della nazione è la sua storia, la sua geografia e l’integrazione tra culture molto differenti tra loro che fanno sì che il multiculturalismo sia uno dei suoi valori principali. Tuttavia, ciò non si traduce in un’accoglienza indiscriminata, piuttosto nella necessità di avere una nazione progressista e aperta ma senza appesantire il sistema dell’accoglienza canadese.

La problematica che sta attraversando il paese è la consapevolezza dell’influenza delle potenze mondiali ma soprattutto della confinante Usa. Se il Canada si vuole porre come la controparte positiva del nord America aprendo ai flussi (‘Voi che scappate da persecuzioni, terrore e guerra, noi canadesi vi accoglieremo, a prescindere dal vostro credo. La diversità è la nostra forza. Benvenuti in Canada’, così scriveva Trudeau su Twitter a gennaio del 2017 in risposta a Trump), in merito alla questione essa è coinvolta da una massiccia ondata migratoria da parte di coloro che stanno emigrando (anche illegalmente) dagli Stati Uniti. Questo fenomeno sta causando il sovraccarico del sistema logistico canadese che non è stato organizzato per accogliere simili numeri (si parla di almeno 11 mila persone che solo nel 2018 hanno attraversato il confine); in particolare l’iter burocratico è mediamente lungo tanto da creare intoppi e attese infinite. La situazione più drammatica riguarda i terremotati di Haiti che sono in attesa del rinnovo della protezione temporanea da parte di Donald Trump e che potrebbe essere loro revocata, dunque la soluzione più vicina potrebbe essere proprio il Canada.

Il problema migratorio dunque non risparmierebbe neanche una nazione che è ben lontana dai riflettori europei ma che sta cercando di affrontarlo all’insegna del rispetto del migrante; esso non è prima di tutto un problema ma un essere umano.

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