Crolla il mito del colesterolo buono

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Colesterolo ‘buono’, ma non troppo. Uno studio americano presentato al Congresso della Società europea di cardiologia Esc, che si apre oggi a Monaco di Baviera in Germania, smonta il mito del grasso Hdl amico di cuore e arterie.

“Tradizionalmente i medici hanno detto ai loro pazienti che più ce n’è meglio è. Ma i dati della nostra ricerca e di altre dicono che non è così”, avverte l’autore Marc Allard-Ratick, della Emory University School of Medicine di Atlanta negli Usa. Il suo team ha infatti scoperto che livelli molto alti di Hdl aumentano il rischio di attacchi cardiaci o morte per cause cardiovascolari : quando superano i 60 milligrammi per decilitro di sangue , il pericolo di infarti o decessi cresce del 50% circa rispetto a quando sono compresi fra 41 e 60 mg/dL. Addio quindi al “mantra del colesterolo buono”, lo definisce Allard-Ratick. E’ buono, ma a quanto pare non sempre e non per tutti.

La sigla Hdl sta lipoproteine ad alta densità, considerate protettive (al contrario del colesterolo ‘cattivo’ Ldl, lipoproteine a bassa densità) perché incaricate di ‘smaltire’ il colesterolo, cioè di trasportarlo dal sangue e dalle pareti arteriose dei vasi al fegato, da dove viene poi eliminato dall’organismo. Chi presenta bassi livelli di colesterolo Hdl ha un rischio maggiore di aterosclerosi e patologie cardiovascolari, ma sugli effetti di livelli molto alti di Hdl restavano dei dubbi.

LO STUDIO – Il lavoro presentato all’Esc 2018 è stato condotto nell’ambito dell’Emory Cardiovascular Biobank, analizzando la relazione fra i livelli di colesterolo Hdl e rischio di infarto e morte in quasi 6 mila persone (5.965, età media 63 anni, 35% donne), in gran parte cardiopatiche. I partecipanti sono stati divisi in 5 gruppi in base alle concentrazioni di Hdl nel sangue: meno di 30 mg/dL, 31-40 mg/dL; 41-50 mg/dL; 51-60 mg/dL, più di 60 mg/dL. Durante un follow-up mediano di 4 anni, il 13% degli esaminati (769) ha avuto un attacco di cuore o è morto per cause cardiovascolari.

Gli studiosi hanno calcolato che i pazienti con colesterolo Hdl fra 41 e 60 mg/dL erano quelli a rischio minore, mentre le probabilità di infarto/decesso risultavano aumentate sia fra chi aveva livelli bassi di Hdl (sotto ai 41 mg/dL) sia fra chi li aveva molto alti (sopra ai 60 mg/dL). In quest’ultimo gruppo, il pericolo di attacco di cuore o morte cresceva appunto del 50% rispetto ai gruppi 41-60 mg/dL. Come a dar ragione al detto secondo cui “la virtù sta nel mezzo”.

Le associazioni concentrazione di Hdl-rischio cardiovascolare sono state confermate anche al netto di possibili fattori confondenti (diabete, abitudine al fumo, livelli di Ldl, consumo di alcol, etnia, sesso).

COSA DICE L’ESPERTO – I nuovi dati – sottolineano gli autori – supportano quelli già arrivati da numerosi studi su ampie popolazioni, fra cui una recente pubblicazione che ha rilevato un aumento della mortalità cardiovascolare e per tutte le cause quando il colesterolo Hdl raggiunge livelli estremamente elevati.

Insomma, per i cardiologi “potrebbe essere il momento di cambiare la nostra visione del colesterolo buono”, considerandone anche l’altra faccia, più insidiosa. “I nostri risultati sono importanti – commenta Allard-Ratick – perché contribuiscono a un numero sempre crescente di prove sul fatto che concentrazioni di colesterolo Hdl molto alte nel sangue potrebbero non essere protettive”. Ma anche “perché, a differenza di molti altri dati attualmente disponibili, questo studio è stato condotto principalmente su persone con cardiopatia”.

Per lo specialista sono comunque necessarie altre ricerche per far luce sui meccanismi di questo effetto paradosso. Perché il colesterolo buono può diventare cattivo? “Sebbene al momento la risposta sia sconosciuta – puntualizza l’esperto – una possibile spiegazione è che il colesterolo Hdl estremamente elevato possa rappresentare un Hdl ‘disfunzionale’ che, invece di proteggere dalle patologie cardiovascolari, le può favorire”.

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