Campiello: trionfa Postorino con le sue ‘assaggiatrici’

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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167 voti, secondo Targhetta e terza la Janeczek

Rosella Postorino con ‘Le assaggiatrici’ (Feltrinelli), ispirato alla vera storia di una donna incaricata di assaggiare il cibo del Fuhrer, ha vinto il Premio Campiello 2018 con 167 voti su 278. La scrittrice, 40 anni, originaria di Reggio Calabria e cresciuta in Liguria, vive a Roma da 17 anni. Al secondo posto Francesco Targhetta, con ‘Le vite potenziali’ (Mondadori). Al terzo Helena Janeczek con ‘La ragazza con la Leica’.

Rosella Postorino con ‘Le assaggiatrici’ (Feltrinelli) ha stravinto la 56/ma edizione del Premio Campiello. La scrittrice ha avuto 167 voti sui 278 arrivati dalla Giuria Popolare dei Trecento Lettori Anonimi. Al secondo posto Francesco Targhetta con ‘Le vite potenziali’ (Mondadori), che ha avuto 42 voti e al terzo Helena Janeczek con ‘La ragazza con la Leica’ (Guanda), con 29 voti. Al quarto Ermanno Cavazzoni con ‘La galassia dei dementi’ (La nave di Teseo), con 25 voti e all’ultimo Davide Orecchio con ‘Mio padre la rivoluzione'(Minimum Fax), con 15 voti. La Giuria dei Trecento Lettori Anonimi era composta per il 52,2% da donne e il 47,8% di uomini fra cui 21 casalinghe, 41 imprenditori, 97 lavoratori dipendenti, 86 liberi professionisti e rappresentanti istituzionali, 30 pensionati, 25 studenti.

Sono felicissima. Voglio ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicino mentre scrivevo questo libro. Grazie al campiello che mi ha fatto fare un’esperienza bellissima, Rivediamoci” ha detto la Postorino, tenendo in mano il premio, la “vera da pozzo. Abbiamo un problema enorme in questo Paese. Siamo sull’orlo di un distacco tra generazioni” ha detto il ministro della cultura Bonisoli, e poi sottolineato: “Ai giovani basta cercare di far venire la fame di cultura. Siamo in un momento di cambiamento della storia in cui nessuno sa con precisione dove stiamo andando. La cultura e’ una soluzione per trovare la nostra strada”.

Liberamente ispirato alla storia vera di Margot Wolk, che a 96 anni aveva raccontato di essere stata assaggiatrice di Hitler nella caserma di Karusendorf, il romanzo della Postorino ci mette difronte a un aspetto poco conosciuto e approfondito del nazismo, ma soprattutto ci fa riflettere su fino a che punto sia lecito spingersi per sopravvivere e sull’ambiguita’ delle pulsioni umane.

DESCRIZIONE – “Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame.” Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando?
La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.
Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.
Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.

 

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