Airbnb, il bivacco nel deserto e la cultura dell’accoglienza

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di Nico Tanzi

ZURIGO – “”Dietro quella roccia c’è l’Arabia Saudita”, mi dice Eid indicando il massiccio di granito scuro che chiude l’orizzonte. Già da un po’ sulla sabbia del deserto bianco, la parte più meridionale del Wadi Rum, le tracce delle jeep cariche di turisti si sono diradate fino a scomparire. Eid ha 37 anni, due mogli e dieci figli. Come molti beduini, negli ultimi anni ha abbandonato le tende nel deserto e si è trasferito nel villaggio. Lì i più grandi possono andare a scuola. “Stasera c’è una grande festa di famiglia”, mi aveva detto qualche ora prima, “sarai il benvenuto”. Siamo tra i primi ad arrivare. In pochi minuti montiamo la tenda che più tardi ospiterà le donne. Sabbah, cognato di Eid, mi accoglie con un grande sorriso”. Un viaggio speciale quello di Nico Tanzi che ne scrive su “La Rivista”, mensile diretto a Zurigo da Giangi Cretti.
“Il suo primogenito, che ha 11 anni, ha appena sgozzato la pecora destinata alla cena; comincia a scuoiarla. Verrà cotta nello yogurt in una grande pentola, e servita con riso basmati. È il mansaf, il piatto tradizionale giordano.
Arrivano gli altri membri della famiglia. Si accende il fuoco in una rientranza della roccia, quasi una grotta. Ci sediamo lì: si prepara il tè, in un piccolo mortaio si pestano i semi di cardamomo per il caffè. Decine di tè e centinaia di sigarette scandiscono le ore, insieme alle voci che si sovrappongono e al borbottio dell’acqua nel narghilè. Cala la sera. Il tempo non esiste più. Finalmente arriva il mansaf.
Ci vogliono due uomini per trasportare il grande contenitore in cui lo mangeremo. Niente piatti, niente posate. Si preparano i bocconi con la mano destra, pescando direttamente dalla coppa comune. La sinistra no, non è cortese. Sabbah, ospite premuroso, mi porge i bocconi migliori. È delizioso.
Alla fine, come loro, mi pulisco la mano unta strofinando un pugno di sabbia; un giovane cugino, il più taciturno, mi verserà dell’acqua per lavarla via, e io ricambierò. Si torna attorno al fuoco. Ancora tè, chiacchiere, sigarette. Si fa tardi. Uno dopo l’altro, pian piano, senza una parola di saluto, si alzano, salgono sulle jeep e partono.
“Rimani a dormire qui all’aperto con noi”, mi propone Sabbah; un po’ scherzando, forse no. Ma devo andare. Saluto lui e le sue giovani figlie, bellissime: le uniche donne con cui ho scambiato qualche parola. Riparto con Eid. Sulla jeep, sulla via del ritorno, ripeterà quello che mi aveva detto quando ci siamo incontrati: “questa vita per noi è il paradiso”.
E questa volta lo capisco davvero.
Ho riportato una piccola parte del mio diario di viaggio in solitaria attraverso la Giordania, da cui sono appena rientrato, perché vorrei approfittarne per alcune considerazioni sul viaggio.
1. È banale dirlo, ma il mondo si sta facendo davvero sempre più piccolo. Il volo andata e ritorno da Milano ad Amman è costato meno di un biglietto di sola andata in treno da Lugano a Zurigo: potenza della filosofia low cost (con tutto ciò che di negativo ne consegue, ad esempio in termini ecologici, me ne rendo conto; ma questo aspetto della questione esula dal nucleo di queste considerazioni).
2. Internet sta letteralmente rivoluzionando il nostro approccio al viaggio. La piattaforma Airbnb permette in tutto il mondo o quasi di entrare in contatto con la cultura locale alloggiando nelle abitazioni di persone del luogo. Scegliendo bene tra chi mette una stanza a disposizione nella propria casa si possono fare incontri interessantissimi e un tempo impensabili, o almeno rari. (Airbnb, è vero, al contempo sta provocando fenomeni preoccupanti in diverse città, allontanando dal centro i residenti meno facoltosi. Ma anche in questo caso, rimando alla postilla al punto 1.)
3. La cultura dell’accoglienza, che sembra ahimè sempre meno presente in un paese come l’Italia in cui (almeno al sud) l’ospitalità a lungo è stata considerata sacra, altrove resiste immutata nei secoli. E riesce a farti sentire a casa anche in luoghi in cui modi di vivere, abitudini e tradizioni sono le più lontane dalle nostre.
4. Viaggiare in paesi diversi e lontani è un antidoto formidabile contro quella paura dell’altro che sempre più condiziona scelte politiche e atteggiamenti individuali e collettivi in tutto l’occidente. Ciò è stato sempre vero; ma oggi questa possibilità è sempre più alla portata di tutti, ecco perché mi piace sottolinearlo”.

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