Sea watch, parla il giurista olandese: problema europeo, non solo dell’Italia

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La bandiera? Non rende l’Olanda responsabile
di Benedetta di Matteo

AMSTERDAM – “Sea Watch è ferma a Catania. Sono passate due settimane dall’ennesimo caso di cronaca che ha visto coinvolta la nave dell’ong tedesca – che batte bandiera olandese – ma l’imbarcazione dopo l’ispezione condotta dalle autorità dei Paesi Bassi dovrà attendere ancora; i funzionari inviati dall’Aja, infatti, vogliono sincerarsi che l’imbarcazione possa effettivamente ospitare a bordo più persone, per lunghi periodi di tempo. Difficile dire se l’ispezione si concluderà a breve o come accaduto nella vicenda di Malta, terrà la nave lontana dal Mediterraneo centrale ancora a lungo.

Nel frattempo, la vicenda giuridica è ancora dai contorni poco definiti. A cominciare dalla questione degli obblighi in capo allo stato di bandiera. Come vedono la questione i giuristi olandesi? Abbiamo chiesto un parere a Jorrit Rijpma, docente di diritto UE all’Università di Leiden”. Ad intervistare il docente è stata Benedetta Di Matteo per 31mag.nl, quotidiano online diretto ad Amsterdam da Massimiliano Sfregola.

D. Professor Rijpma, battendo bandiere dei Paesi Bassi qual è, dal punto di vista giuridico, la situazione della Sea-Watch?
R. Al momento è poco chiara. Il diritto del mare internazionale pone un obbligo ai capitani di soccorrere i naufraghi, che è quello che è accaduto in questo caso. Quindi in questo la legge è molto chiara: siamo obbligati a salvare vite in mare e non ha importanza se sia fatto da imbarcazioni di uno Stato, da un vascello commerciale o dalla nave di una ONG. Il problema nasce dal fatto che il diritto del mare obbliga anche a trovare un posto di sbarco sicuro. Questo significa che bisogna garantire l’incolumità di chi viene salvato e che giunga a riva in un paese in cui la sua vita non sia in pericolo. Il problema giuridico non lo abbiamo in mare, ma a riva, perché se l’Italia non vuole fare sbarcare i migranti è perché una volti sbarcati il paese diventa automaticamente responsabile di processare le loro richieste d’asilo in linea con il regolamento di Dublino. Quindi il vero problema sta nel trovare un meccanismo più giusto e solidale per condividere la responsabilità delle richieste asilo tra gli stati membri della UE.

D. Cosa avrebbe dovuto fare l’Olanda nel caso la situazione a bordo fosse degenerata?
R. Non sappiamo quali sono gli obblighi precisi dello stato di bandiera. Quello che sappiamo è che la nave era in acque territoriali italiane, quindi se la situazione fosse degenerata, credo che la responsabilità sarebbe stata dell’Italia. Se volessimo individuare responsabilità, dovremmo dimostrare il controllo effettivo delle autorità olandesi sulle persone a bordo della nave, e la domanda è: ce l’hanno? Funzionari olandesi non sono fisicamente presenti, non controllano la nave, che non è territorio Olandese; è solo una nave che batte bandiera olandese.

D. C’è qualcosa che l’Olanda potrebbe fare per trovare una soluzione definitiva al problema? Il governo parlava di togliere la bandiera a imbarcazioni come la Sea-Watch. Questo per adesso non è accaduto, ma pensa che una cosa del genere possa succedere in futuro?
R. Se accadesse, sarebbe una decisione di tipo politico. Ogni stato è libero di decidere le condizioni secondo le quali attribuire la nazionalità a un’imbarcazione ed è libero di cambiarle, ma farlo solo per alcuni tipi di imbarcazione mi sembra poco corretto. Se l’Olanda ritirasse la registrazione delle navi da salvataggio delle ong, la domanda sarebbe: cosa avremmo risolto? Non cancellerebbe l’obbligo di salvare vite in mare e non risolverebbe il quesito circa il porto di sbarco. Quindi è importante che ogni soluzione sia presa a livello europeo, non in maniera unilaterale o bilaterale. Per adesso, tutto ciò che vediamo nell’UE sono soluzioni politiche ad-hoc ma niente di definitivo. La situazione è inoltre complicata dal fatto che l’UE non ha la competenza di legiferare su ricerca e soccorso. Tuttavia, questo non dovrebbe impedire all’UE di adottare un vero sistema di richieste di asilo europeo che non sia dipendente solo dalle autorità nazionali. Ma questo sarebbe molto impegnativo. Basta guardare alle trattative riguardo al cambiamento del regolamento di Dublino. Inoltre, non aiuta il fatto che questo problema sia monopolizzato dallo scontro politico, non solo in Italia ma altrettanto in Olanda. Tuttavia, la soluzione dovrà venire dall’Europa. Dal punto di vista politico rimane un argomento complicato; l’Italia chiede, a ragione, di ricevere più solidarietà da parte dell’Europa, e forse non ne ha ricevuta abbastanza in passato.

D. Possiamo essere certi che una crisi politica del genere capiterà di nuovo. Come si potrebbero coinvolgere stati come l’Olanda?
R. Non credo vogliano essere coinvolti e purtroppo credo che continueranno a ripetere che la bandiera non implica alcuna responsabilità in capo allo Stato. Credo che questo sia il ragionamento che porteranno avanti.

D. Secondo lei, dalla prospettiva del diritto del mare, hanno ragione?
R. In termini pratici, credo che i migranti dovrebbero comunque sbarcare in Italia; sarebbe difficile navigare fino a Barcellona o all’Olanda. Dopo lo sbarco bisognerebbe servirsi di un sistema di distribuzione. Come ho già detto, la questione dell’immigrazione e delle richieste asilo rimane un tema molto delicato, come abbiamo visto nella recente discussione riguardo alla regolarizzazione dei minori richiedenti asilo. Comprendo le ragioni dell’Italia, non tanto quelle del governo ma concordo sul fatto che si tratti di una crisi europea”.

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