La necessità del silenzio secondo Matteo Ferrario

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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Che cos’è il “silenzio” che rimane dopo un evento traumatico, che segna la nostra esistenza e che ci porta via la persona più cara a questo mondo? È quello che si chiede Davide, protagonista e voce narrante del nuovo romanzo dello scrittore Matteo Ferrario intitolato “Il silenzio che rimane” edito dalla nota casa editrice Harper Collins Italia.

Dopo il successo di “Dammi tutto il male” (Harper Collins Italia), Matteo Ferrario torna con una storia che narra una vicenda attuale, quella che ha come protagonisti Davide e Valentina, una coppia che tenta di salvare il proprio matrimonio in crisi ma che il Destino riserva loro una dolorosa e inaspettata sorpresa. Una mattina la coppia si incontra in una caffetteria di Milano in cui improvvisamente un ragazzo armato di pistola fa irruzione minacciando tutti i presenti. Dopo venti ore di sequestro ci saranno dei morti tra i quali Valentina. Da allora la vita di Davide cambierà drasticamente e diventerò carica di odio e aggressività nei confronti del mondo e del Destino.

Un romanzo che ci fa riflettere sul Destino, sull’incompiutezza dei fatti, lo spreco del tempo e sul ruolo dei media che strumentalizzano il dolore non consentendo alla gente di viverlo a pieno, in una dimensione introspettiva in cui dovrebbe regnare il giusto silenzio.

Di com’è nata l’idea di questa storia, del ruolo del Destino e dell’importanza del silenzio ci parla lo scrittore, Matteo Ferrario in questa interessante intervista.

Com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo intitolato “Il silenzio che rimane”. Edito dalla nota casa editrice Harper Collins Italia?

Ho cominciato a scrivere “Il silenzio che rimane” all’inizio del 2016 in un periodo in cui c’era un’allerta terroristica in tutta Europa. Anche in Italia serpeggiava la paura che potesse accadere qualcosa di simile. Seguendo le varie vicende del periodo mi chiedevo come si sarebbe comportato il mio personaggio trovandosi nella condizione di “sopravvissuto” in un episodio terroristico, perdendo tutto dal punto di vista affettivo. Nel mio romanzo non si fa riferimento ad un’azione terroristica ma ad un sequestro con conseguenze sia dal punto di vista privato che mediatico perché sappiamo quanto questi eventi sollevino polemiche e clamore sui social.

Come mai la scelta della città di Milano come scenario della vicenda?

In realtà Milano viene presentata nella prima parte della storia. È la città che conosco meglio. A me è piaciuta l’idea di presentare una città grande, una metropoli. In realtà poteva trattarsi anche di Torino, Roma. Quello descritto nel romanzo è un mondo globalizzato in cui sono menzionati negozi appartenenti alle grandi catene di distribuzione.  Volevo mostrare un mondo che non fosse connotato in maniera precisa ma che appartenesse appunto ad un mondo esteso.

Per lei cosa significa il “silenzio” nonostante la vita continua il suo corso. Ci spieghi il concetto…

Il silenzio per il protagonista Davide, che è anche la voce narrante, equivale al dolore. Egli in realtà va alla ricerca del silenzio. Vorrebbe vivere il dolore in forma privata ma per una serie di circostanze e ragioni non ci riesce perché dei fatti che sono avvenuti nella caffetteria durante il sequestro se ne sono impossessati altre persone che hanno creato attorno ad essi un “effetto mediatico”. Davide ha l’impressione che queste persone gli abbiano estorto la possibilità di addolorarsi per ciò che è accaduto. Ha bisogno di vivere in solitudine questo stato d’animo.

Davide, il protagonista de “Il silenzio che rimane” si sente un “ostaggio del Destino”. Nel corso della sua vita lei si è mai sentito tale?

Non come è successo a Davide, fortunatamente. La situazione che ha vissuto Davide è una delle mie più grandi paure. Credo molto nelle storie che nascono dalle domande del tipo “Che cosa accadrebbe se…”. Questo romanzo nasce proprio da una di queste mie domande. Trovarsi nella situazione in cui non si è più padroni del proprio destino non è facile come quello di perdere le persone care così come succede a Davide. Ho parlato in questo libro di una paura che si è depositata negli anni nell’immaginario collettivo dell’umanità.

Il suo libro ci fa riflettere sull’incompiutezza delle nostre azioni e sullo spreco che si fa spesso e volentieri del tempo. C’è un modo privilegiato per contrastare questa tendenza a sprecare tempo e occasioni nel corso della nostra esistenza?

Credo che bisogna prestare più attenzione alla dimensione delle relazioni. Il rimpianto che ha Davide è quello di non aver sfruttato a pieno il tempo trascorso con Valentina per anteporre priorità, azioni frivole, tempo dedicato al lavoro o a chattare con gli amici. È un rischio al quale siamo tutti esposti. Abbiamo bisogno di recuperare quel silenzio che ci consente di recuperare la dimensione affettiva e introspettiva senza far entrare il rumore del mondo esterno.

Ci ha colpito il personaggio di Marina, blogger che sfrutta l’evento del sequestro per raggiungere la fama sui social e in tv. Lei cosa pensa di queste persone, molto diffuse nella società odierna?

Sono molto perplesso come lo è Davide. È qualcosa che non capisco. Fa parte dei comportamenti disfunzionali della maggior parte delle persone della società odierna. Le persone sentono il bisogno di condividere il proprio privato sui social e farne una carriera. Per come sono fatto io per me ciò è inconcepibile. Non sarei in grado di condividere il mio privato ai fini di un guadagno. Marina è un personaggio molto contemporaneo.

C’ è un personaggio al quale è molto affezionato e perché?

Iacopo, l’altro compagno di una vittima del sequestro che è un personaggio nel quale Davide riesce a specchiarsi nonostante le diversità tra i due. Iacopo vive una relazione omosessuale però trova un punto di contatto con Davide nel momento in cui deve affrontare il dolore una perdita. È un personaggio poco aggressivo che si mantiene integro nonostante la situazione che vive e ciò mi piace tanto. Non cede mai alla tentazione di incolpare gli altri per quello che è successo e ciò stupisce anche Davide che invece è carico di odio e aggressività. Provo simpatia nei suoi confronti.

Quanto è cambiato Matteo Ferrario da “Dammi tutto il male” a “Il silenzio che rimane”?

Non saprei. Sono due libri ai quali sono molto legato. Hanno più punti in contatto di quanto sembri. La differenza è che “Dammi tutto il tuo male” è una storia che potrebbe svolgersi in qualsiasi epoca con pochi cambiamenti di dettaglio. Parla di fenomeni che sia nel bene che nel male faranno parte del genere umano. Invece “Il silenzio che rimane” riguarda una storia di questi anni odierni. L’ avrei potuta scrivere solo in questi anni rispondendo alle sollecitazioni attuali. Non sono la persona più indicata per giudicare il mio percorso di maturazione da un romanzo all’altro.

Perché il lettore de Il Corriere nazionale.net dovrebbe leggere il suo romanzo?

“Il silenzio che rimane” è una storia che parla dei nostri tempi e delle relazioni umane.

Progetti futuri…

Ho iniziato da poco a scrivere un nuovo romanzo. Sono nella fase embrionale di esso. Credo che sia ancora presto per parlarne.

Mariangela Cutrone

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