Islam e cristianesimo, la strategia di papa Bergoglio

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Di

Pasquale Hamel
Sorprende la tiepidezza di papa Bergoglio nei confronti dell’aggressività islamica e, sorprende ancor di più, l’apparente disattenzione di fronte alle invocazioni di aiuto e sostegno delle chiese cristiane orientali, da tempo sottoposte ad una vera e propria aggressione, perfino violenta,  da parte degli Islam locali. Atteggiamenti che in qualche caso turbano le comunità cristiane, anche se da parte del politically correct, che domina molti ambienti della cultura occidentale, al contrario riceve apprezzamento e sostegno.

La lettura che normalmente si da, di questo modo di proporsi, è quella classica, papa Francesco interpreterebbe l’autentica parola evangelica e, offrendo, da cristiano “l’altra guancia”. Personalmente, nonostante questa spiegazione sembrerebbe più che plausibile, non sono del tutto convinto che la stessa corrisponda alla realtà e, spinto forse da un pregiudizio, mi sono fatto un’idea alquanto diversa e, a mio modo di vedere, più realistica. E, per confermare idea interpretativa, mi rivolgo alla storia richiamando una più o meno analoga situazione che tormentò il pontificato di un altro grande papa quale fu Eugenio Pacelli.

Come molti ricorderanno, quando il 2 marzo 1939 Pio XII fu elevato alla cattedra di Pietro, , il nazismo era al suo apice, le sue dottrine razziste e, diciamolo pure, anticristiane, sembravano travolgere ogni principio di razionalità , e di umanità. Hitler manifestava infatti profondo disprezzo per la concezione egualitaria, cosmopolita  e umanista il cui cardine stava nel rispetto della dignità della persona umana propugnata dal cristianesimo. Il fuhrer guardava a quel paganesimo raccontato e idealizzato nelle saghe germaniche. La freddezza e l’ostilità nei confronti della Chiesa, era evidente,  nonostante avesse firmato un concordato che garantiva al cattolicesimo tedesco talune libertà. La sua posizione risentiva di un pregiudizio di fondo nei confronti degli insegnamenti della Chiesa che, a suo giudizio, avrebbero significato “la sistematica coltivazione del fallimento umano”. D’altra parte, come scrive, Michael Phayer, anche  “I vertici della Chiesa erano ben consapevoli del fatto che l’obiettivo finale di Hitler e di altri nazisti era la totale eliminazione del cattolicesimo e della religione cristiana.[Ma] Dal momento che la stragrande maggioranza dei tedeschi erano cattolici o protestanti questo obiettivo divenne a lungo termine piuttosto che a breve termine che volevano oggettivamente i nazisti”.

Pio XII, che aveva a lungo vissuto in Germania e che aveva seguito l’evolversi della situazione politica, aveva consapevolezza di tutto questo e, diplomaticamente, nel momento in cui le sorti della Chiesa furono nelle sue mani, scelse di non assumere una posizione di aperta contrapposizione, ben sapendo che lo scontro si sarebbe rivelato catastrofico per la sorte di milioni di cristiani, non solo in Germania ma,  anche, nelle aree su cui i nazisti avevano influenza. Quella posizione soft che, tenendo fermi i principi e i valori, evitava di fare la voce forte e cioè non si estrinsecava in aperta condanna, nonostante si prestasse a critiche forti e a qualche equivoco – non furono pochi gli ecclesiastici che interpretarono il basso profilo del pontefice come assenso o condivisione del regime –  con il senno del poi, si può ben dire che si  dimostrò utile, in quanto ammorbidì, anche se non annullò, l’impatto violento del nazismo nei confronti dei cristiani e non solo.

Qualcosa di simile sembra praticare papa Francesco a proposito del mondo islamico. Nulla a che fare con la posizione assunta dal pur mite Benedetto XVI in occasione del famoso discorso di Ratisbon. Sembra, al contrario che il Papa, volutamente eviti di pronunciare parole forti e di condanna perfino nei confronti del radicalismo musulmano. I suoi gesti, indicati spesso come profetici , che in molti provocano perplessità, appaiono, ad un osservatore attento, piuttosto che spontanei, molto studiati e tutti tesi ad aprire spazi di dialogo, se non altro, per salvare quel che resta del cristianesimo nell’area mediorientale. Una strategia, dunque, già collaudata, si potrebbe dire, anche se non fa  i conti con la diversa consistenza degli attori in gioco. Mentre infatti in Germania i valori cristiani, nonostante il nazismo, permeavano la cultura di gran parte del popolo tedesco, e quindi diveniva ardua la realizzazione del progetto hitleriano, nel caso odierno, i popoli del medio oriente sono nella quasi totalità islamici e sono tendenzialmente favorevoli a emarginare o eliminare le minoranze cristiane.  ”

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