Approvato il revenge porn: trovato il compromesso tra le opposizioni alla Camera  

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Voto unanime alla Camera per l’approvazione della nuova norma sul revenge porn contenuto nel ddl “Codice rosso”. Accettato l’emendamento che funge da compromesso tre le diverse istanze delle parti politiche in opposizione

di Monica Montanaro

Dopo un primo intoppo avvenuto la settimana scorsa che aveva fatto slittare la discussione e la votazione alla Camera dei deputati riguardo il ddl Codice rosso, il disegno di legge concernente la violenza domestica e di genere attuato in difesa delle donne, poiché una deputata di Forza Italia aveva presentato un emendamento  boicottato dalla maggioranza di governo, che aveva destato polemiche e attriti, è stata raggiunta nella giornata di ieri l’intesa che ha sbloccato l’iter parlamentare.

Dunque ieri si è raggiunto l’accordo decisivo alla Camera sul medesimo provvedimento grazie all’intervento risolutivo della relatrice Stefania Ascari, la quale ha presentato a sua volta un nuovo emendamento che accorpa le istanze contrapposte delle opposizioni politiche ponendosi come emendamento mediatore, poi votato all’unanimità in sede parlamentare.

Difatti l’esito della votazione effettuato alla Camera su tale emendamento ha visto la maggioranza degli schieramenti votare favorevolmente, la votazione ha decretato il raggiungimento del numero occorrente di 461 voti positivi, e nessun voto a sfavore, permettendo il passaggio del provvedimento. A seguito della votazione tutti i gruppi politici avversi presenti in Aula della Camera, da Fi al Pd, hanno plaudito ed esultato compostamente, nonostante le rispettive posizioni ideologiche, perché tale tema sensibile ha toccato le coscienze di ogni deputato e riunito simbolicamente le opposizioni.

Pertanto è stata conferita l’ufficializzazione del reato di revenge porn, ovvero di porno vendetta, la norma che pone il divieto categorico sulla divulgazione di video con contenuto di immagini erotiche o pornografiche per motivazioni di ordine spregiativo e vendicativo e a scopo ricattatorio.

Il testo dell’emendamento costituente il ddl Codice rosso contempla normativamente che: “Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5 mila a 15 mila euro”.

Dalle diverse voci provenienti dalle schieramenti politici in opposizione si levano parole di approvazione e soddisfazione per aver raggiunto un accordo condiviso atto a garantire il passaggio di tale norma, estremamente importante ed indispensabile,  finalizzata alla tutela, soprattutto, della donna che cade vittima, da oggi, nelle maglie di questo nuovo reato. Tale tema è avvertito, ormai da tempo, come un’impellenza da normare prioritariamente, ed assurto all’attenzione generale e della classe dirigente politica dopo il susseguirsi della serie di suicidi avvenuti proprio per l’onta subita, causata  da tale disgustoso ed orripilante gesto diffamatorio, divulgativo di fatti e immagini intime e private, con l’intento di ledere e denigrare l’immagine e la reputazione sociale, prevalentemente di una ex compagna o di altra figura costituente un qualsiasi rapporto evidentemente logorato e compromesso, causando gravissimi traumi e dolori, pressoché alla figura di genere femminile, già biologicamente connotata come il sesso più debole e perciò maggiormente vulnerabile.

Anche la Lega ha fatto un passo indietro pur di assicurare il via libera all’introduzione di tale nuovo provvedimento ideato a difesa delle donne, difatti la stessa Lega di Matteo Salvini ha ritirato l’emendamento precipuo che aveva come porta bandiera il ministro Giulia Bongiorno, predicante la soluzione medica della castrazione chimica ascrivibile ai potenziali autori di violenza sessuale ai danni delle donne. Il ministro della Pubblica amministrazione  Bongiorno esprimendosi su tale decisione saggiamente assunta ha asserito: “Siamo consapevoli che questo emendamento, in questa fase, non è condiviso dal Movimento Cinque Stelle. Abbiamo, quindi, deciso di ritirarlo. Adesso abbiamo una priorità, ossia quella di mandare avanti compatto il Governo e questo provvedimento”. Il ministro Bongiorno ha aggiunto sul tema della castrazione chimica, di paternità riconducibile al suo partito : “Farà parte di un nuovo ddl che presenteremo”.

 

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