Il Governo del cambiamento e la lotta alla corruzione

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Nel mondo della politica circolano strani concetti utilizzati –  spudoratamente –  al solo scopo di sputtanare l’avversario o i rappresentanti di altre categorie di persone. Uno dei concetti più ricorrenti è quello secondo il quale la Magistratura non potrebbe sindacare l’operato dei nostri rappresentanti in Parlamento o al Governo che godrebbero di una sorta di immunità in quanto rappresentanti eletti dal popolo, il solo detentore della sovranità. Come se il voto popolare fosse un sacro lavacro che purifica gli eletti da qualsiasi peccato.  Principio, questo, lapalissiano, sempre secondo certa politica, così evidente che non meriterebbe dimostrazione. In quest’ottica l’esercizio del potere giudiziario sarebbe abusivo ogni volta che dei magistrati, definiti ovviamente di sinistra e, quindi, faziosi, si permettono di indagare sui componenti del Parlamento o del Governo. La teoria ha riscosso qualche successo con l’avvento al Governo di Silvio Berlusconi che, plurindagato, mal tollerava l’azione giudiziaria nei suoi confronti. Tanto che, come tutti sanno, egli ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico, il principio – aberrante – della legge ad personam, non esitando nel diffondere artatamente l’opinione dell’abusiva interferenza della Magistratura ogni volta che rivolgeva l’attenzione nei suoi confronti.

Un degno discepolo di Berlusconi è da considerare Salvini, formalmente Ministro dell’Interno ma sostanzialmente predicatore politico pro domo sua. Gli esempi non mancano. Dalla Diciotti alla vicenda Siri, sottosegretario di Stato, il quale sarebbe stato corrotto con una dazione di denaro da parte di un signore legato alla peggiore mafia siciliana. Vero è che l’imputato e, a maggior ragione, l’indagato, sono da considerare non colpevoli sino alla condanna definitiva (art. 27, comma 2, Costituzione). Ma tanto non giustifica il salviniano pensiero per il quale si tratterebbe di giustizia a orologeria, in concomitanza di importanti scadenze elettorali (elezioni europee e amministrative) con previsione di un notevole avanzamento della Lega che, è sempre Salvini, nei sondaggi sarebbe accreditata in percentuali molto alte  (“Le iniziative giudiziarie mentre noi vinciamo”).

Ora, a prescindere dalla considerazione che in Italia le contingenze politiche e le scadenze elettorali sono molto frequenti, va detto che (a) i processi hanno i loro tempi, peraltro stabiliti dal codice di procedura penale, e (b) i giudici, per fortuna o in virtù della saggezza dei nostri costituenti, sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Costituzione). Ciò significa che il giudice, nell’esercizio delle sue funzioni, non può essere condizionato né dal potere politico né da altre forme di pressione (ad esempio: pressione esercitata dall’opinione pubblica attraverso i media). Si tratta del principio democratico del libero convincimento del giudice. Al quale, è bene ricordarlo, si aggiunge l’altro principio dell’obbligatorietà dell’azione penale da parte del pubblico ministero (art. 112 Costituzione).

Principii che i politici hanno tentato e tentano inutilmente di abolire limitatamente ai processi che li riguardano.

Nel caso Siri l’accusa sarebbe di corruzione, in quanto il sottosegretario avrebbe ricevuto denaro per un emendamento alla normativa sull’eolico poi bloccato dai colleghi del Movimento 5Stelle.

Ma non c’è solo quest’accusa. Il prof. Paolo Arata, ritenuto vicino a COSA NOSTRA, era stato nominato dallo stesso Salvini suo consulente per l’energia. Inoltre, uno dei figli del professore è consulente di Giorgetti, sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio.

Come si vede, gli indizi sono plurimi e fanno presumere che il sottosegretario Siri non agisse solo sul piano personale, ma quale esattore per il suo partito. La stessa presunzione è stata manifestata dagli alleati di governo che hanno dichiarato:

 “Abbiamo visto il sottosegretario Siri smentirsi nell’arco di 24 ore. Lo abbiamo visto dire in un primo momento che non si era mai occupato di eolico e di non sapere chi fosse Arata. Il giorno dopo, però, ha cambiato versione, ammettendo di aver presentato degli emendamenti sull’eolico e di conoscere anche Paolo Arata“. Donde la legittimità delle seguenti domande, poste dai 5Stelle:

“Quali sono i reali rapporti tra Siri, la Lega e Paolo Arata (l’ex parlamentare di Forza Italia, adesso responsabile del programma della Lega per l’ambiente che, secondo l’accusa, sarebbe vicino a Vito Nicastri, imprenditore indicato dai magistrati come “finanziatore” della latitanza del boss Matteo Messina Denaro)?”.

“Perché il sottosegretario Siri ha presentato più volte delle proposte, sempre bloccate e rispedite al mittente dal Movimento 5 Stelle, per incentivare l’eolico (materie oggetto di interesse proprio di Paolo Arata)? Per quale fine?”.

Orbene, a mio avviso, è fondamentale che la Lega di Salvini dia risposte soddisfacenti in modo da dirimere ogni dubbio sulla correttezza della sua azione di governo. Soprattutto, le risposte devono essere convincenti, in modo da allontanare il dubbio che l’Italia sia governata, sia pure indirettamente, dalla mafia. Resta, comunque, sempre valida la presunzione di non colpevolezza dell’indagato con tutte le conseguenze che ne derivano.

A noi elettori non resta che la speranza che la questione si risolva nel più breve tempo possibile. Ma, nel frattempo, nel rispetto del principio che i nostri rappresentanti non solo devono essere onesti ma anche apparire tali: “Perché credo che la moglie di Cesare non debba essere neppure toccata da un sospetto”.

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