XVIII Giornata Nazionale del Sollievo: attribuita la Gerbera d’oro 2019

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Al Lazio il premio Gerbera d’oro 2019 con il progetto “l’impegno del Gemelli ART per l’umanizzazione dell’esperienza di cura”.

Menzioni speciali al Veneto (“Progetto per lo sviluppo delle Cure Palliative nei Centri Servizi Anziani C.S.A.”) e alla Lombardia (“Progetto Sport in oncologia pediatrica”)

“Oggi diamo buone notizie perché attraverso il premio Gerbera d’oro premiamo persone e strutture al servizio dell’uomo”, lo ha dichiarato Antonio Saitta (Assessore della Regione Piemonte e Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome) nella conferenza di presentazione della XVIII Giornata Nazionale del Sollievo, evento organizzato dalla Fondazione nazionale Gigi Ghirotti onlus e patrocinato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dal Ministero della Salute, dall’Anci e dalla Camera dei Deputati. La Gerbera d’oro è un “premio simbolico”, giunto alla 12° edizione, che la Conferenza delle Regioni e la Fondazione Ghirotti attribuiscono ad una struttura sanitaria o ad un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) che si sia distinto nell’affrancamento dal dolore inutile, alleviando la sofferenza non solo attraverso le terapie più avanzate, ma anche con il sostegno psicologico e la capacità di rapportarsi umanamente.

La Commissione (composta da tecnici designati dalla Conferenza delle Regioni e dalla Fondazione Ghirotti) ha valutato 30 progetti con le relative documentazioni e ha deciso che il riconoscimento quest’anno investa la Regione Lazio, attribuendo la “Gerbera d’oro 2019” al Progetto “L’impegno del Gemelli ART per l’umanizzazione dell’esperienza di cura”. ART è il Polo radioterapico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Irccs. La radioterapia – spiegano i promotori – è un potente alleato contro il dolore del paziente, riducendo o azzerando in alcuni casi la sofferenza provocata solitamente dalle lesioni metastatiche. Il sollievo dalle sofferenze non riguarda però solo la riduzione del dolore fisico ma anche la volontà di prendersi cura della persona sofferente nella sua totalità. Operare nel rispetto della “persona-paziente” significa proporre azioni di cura, accoglienza, ascolto e coinvolgimento, dalle prime fasi dell’accettazione alla dimissione, prevedendo spazi e habitat che siano accoglienti e “lenitivi”. Il Gemelli ART sposa la filosofia della “Rete del sollievo” prefiggendosi l’obiettivo non solo di erogare terapie utilizzando le migliori tecnologie disponibili al fine di ridurre il dolore fisico del paziente, ma integrando le stesse all’interno di un percorso terapico che includa servizi di presa in carico della “persona-paziente” che concorrono a donare sollievo nel rispetto della qualità di vita e della dignità dell’essere umano. Questo obiettivo può essere raggiunto anche attraverso la diffusione della cultura del sollievo come emblema etico di prossimità emotiva, che ponga la persona-paziente al centro di un processo di accompagnamento che passa attraverso azioni, ascolto empatico e uno “stare accanto”, perché nessuna persona, paziente o familiare, si senta abbandonato e solo durante il percorso.

L’operato del Gemelli ART può essere quantificato attraverso molteplici dati significativi: 35.175 sedute di Radioterapia, 14.000 sedute di IMRT, 392 radioterapie interventistiche, 35.272 prestazioni chemioterapiche. Dal suo avvio il progetto RAMSI ha registrato più di 30.000 feedback con una percentuale dell’80% di risposte positive in relazione al sentirsi accolti come persona. La media annuale di contatti ricevuti dal sito web, collettore di proposte e servizi relativi alla presa in carico del paziente persona, sono di 123.000 visualizzazioni di pagina, con 31.476 sessioni di cui 20.536 nuovi utenti, di cui più di 4.000 dai social networks. Sono più di 140 invece i sogni di piccoli pazienti realizzati, grazie alla generosità di tanti donatori e amici del Gemelli ART, attraverso il progetto “Scrigno dei sogni”. Ma forse i dati maggiormente rappresentativi sono “Le storie delle persone” http://www.gemelliart.it/lestoriedellepersone/), le testimonianze e narrazioni che abbiamo raccolto in questi anni.

Una “Menzione speciale” per la Regione Veneto con il “Progetto per lo sviluppo delle Cure Palliative nei Centri Servizi Anziani C.S.A.” che ha l’obiettivo di garantire un accesso precoce ed appropriato alle cure palliative e alla terapia del dolore anche agli ospiti dei Centri Servizi per gli Anziani. Individuare precocemente le persone per le quali, a causa delle patologie di cui sono affette, è opportuno un percorso attivo e continuo, trasversale alle varie strutture sanitarie aziendali, ospedaliere e territoriali, significa – secondo i promotori del progetto – privilegiare la qualità di vita residua, così da poter condividere con loro e la loro famiglia un programma che contempli l’eliminazione del dolore fisico e lo sviluppo di tecniche volte al benessere psico-sociale e spirituale dell’utente e della sua famiglia. Ad oggi sono stati svolti 26 incontri formativi sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), cure palliative e trattamento del dolore dei sintomi di fine vita rivolti a medici, infermieri, Operatori socio-sanitari, fisioterapisti e altri operatori dei Centri Servizi per gli Anziani e 2 incontri con i familiari per illustrare le finalità del progetto coinvolgendo medici palliativisti e gli specialisti operanti nel distretto di Feltre (AULSS 1 Dolomiti). Sono stati effettuati e programmati incontri sul tema della morte e del morire e sull’elaborazione del lutto da parte di psicologhe dedicate. Sono stati raccolti i dati degli anni 2017 e 2018 sul luogo e cause del decesso, sul ricorso a procedure invasive (PEG o sondini), sull’utilizzo di farmaci antidolorifici e di pompe elastomeriche e si sta implementando la scheda NECPAL idonea a individuare gli ospiti candidabili a un programma di cure palliative.

Una menzione particolare riguarda infine la Regione Lombardia e il “Progetto Sport in oncologia pediatrica: portare lo sport dove non c’è significa portare speranza e la possibilità di una vita migliore”. L’obiettivo del progetto è quello di porre la giusta attenzione ai benefici dell’attività fisica in bambini e adolescenti ammalati di tumore. L’attività motoria eseguita regolarmente può aiutare i bambini sia durante che dopo le cure oncologiche, prevenendo un circolo vizioso di deterioramento della qualità della loro vita, aggravato da sedentarietà o immobilizzazione, in qualunque fase della malattia. Credere nella influenza positiva di esercizio e sport sul benessere fisico, psichico e sociale dei ragazzi, comporta – spiegano i promotori – la necessità di sviluppare strategie per promuovere attività motoria e sportiva inclusive durante la malattia, superando le difficoltà nel coinvolgere adolescenti e giovani ammalati a frequentare una palestra o a partecipare ad attività sportive, quando l’inserimento nella vita sociale risulta spesso disagiato. In principio, ciascuno può trovare uno sport individuale o di squadra adatto alle proprie abilità e possibilità, ma l’equilibrio tra desideri/aspettative e capacità reali è molto delicato in questi pazienti. Per questo motivo, con la visione di creare iniziative disegnate sui bisogni personali di ciascun individuo, è stato lanciato un progetto di attività motoria che può essere fatta in ospedale, in una vera palestra (con treadmill, exercise bike, attrezzi per esercizi a corpo libero) ed al letto del paziente. Le attività sono guidate da professionisti di sport, che definiscono esercizi individualizzati insieme agli oncologi curanti. La prescrizione degli esercizi (che influenzano allenamento cardiovascolare, forza ed allungamento muscolare, rilassamento e stretching, miglioramento del respiro) è misurata sulle abilità e desideri di ciascuno, oltre che sulla risposta individuale. La proposta di attività motoria in reparto è estesa a pazienti di qualsiasi età, in follow-up (ambulatoriali) o ricoverati, in qualsiasi fase clinica della loro malattia ed indipendentemente dalla possibilità di guarigione, per tre pomeriggi a settimana. Previste infine anche attività sportive outdoor (corsi di vela, arrampicata, canoa, football), con finalità ricreativa ed educativa allo sport di squadra ed alla socializzazione, che affiancano l’attività in palestra. I limiti imposti dal tumore (talvolta permanenti) rappresentano spesso un freno alla ripresa dell’investimento, anche fisico, sul proprio corpo.

Il progetto ha dimostrato la fattibilità e la bontà di valorizzare l’esercizio fisico anche durante le cure, migliorando accessibilità a spazi e tempi dedicati per i pazienti. Tra i benefici i ragazzi hanno riportato: ritrovata autostima verso un corpo meglio funzionante, nuove opportunità di relazionarsi in modo meno frustrante con i propri pari, attenuazione di effetti collaterali delle cure (nausea/vomito, fatigue). L’avvicinamento ad obiettivi sportivi (es. allenarsi per una gara o per un torneo di calcio anche se ammalati), vissuto attraverso esperienze di varia intensità, ha favorito la possibilità di felicità dei ragazzi e delle loro famiglie, migliorato l’autonomia, la consapevolezza delle proprie abilità. Anche le arti marziali, dove valorizzazione delle risorse personali interiori e del respiro sono centrali, sono state utili ai bambini più fragili, perché allettati o per la fase avanzata del tumore.

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