Previdenza ed assistenza: due facce della medaglia?

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Quando nasciamo, diventiamo automaticamente titolari di diritti. Acquisiamo, cioè, quella che viene definita la capacità giuridica, ossia la capacità di essere titolari di diritti.

La definizione di capacità giuridica diverge da quella, altrettanto utilizzata, di “capacità di agire” che è la facoltà di procedere in giudizio per la tutela di un proprio diritto: tale capacità si acquisisce, salvo rarissime e ben codificate eccezioni, al compimento della maggiore età. Fatta questa doverosa premessa, cercheremo succintamente di spiegare come, ai nostri giorni, possano, i concetti appena dichiarati, applicarsi al settore, anzi al macrosettore, del diritto della Previdenza e dell’Assistenza Sociale. E’ utile anteporre una brevissima ma fondamentale precisazione: cosa distingue la Previdenza dall’Assistenza Sociale? Potremmo spiegare l’annosa differenza con una lapidaria considerazione: l’Assistenza sociale riguarda tutti i cittadini, la Previdenza solo una (per fortuna) larga parte di essi. Il contratto sociale che, al momento della nascita, stipuliamo con lo Stato individua una vasta gamma di diritti e di doveri ai quali reciprocamente ci obblighiamo: tra essi, lo Stato si impegna a garantirci un livello minimo di assistenza sanitaria e previdenziale.

Sono previsti strumenti di supporto e di sostegno per il reddito (sussidi di disoccupazione), per la tutela della disabilità (pensioni di invalidità) e per il supporto ai cittadini non più in grado di provvedere in autonomia alle proprie, quotidiane necessità (indennità di accompagnamento e congedi lavorativi straordinari). La Previdenza Sociale propriamente detta, invece, riguarda la categoria di lavoratori o degli ex lavoratori che, durante la propria vita lavorativa, hanno corrisposto, direttamente o tramite trattenute in busta paga, un corrispettivo per contribuzione, e possono fruire, se in possesso di determinati requisiti, di prestazioni a tutela della salute (cure termali, assegni di invalidità) o trattamenti di vecchiaia, di anzianità  e di inabilità.  La differenza è, all’evidenza, categorica: l’assistenza riguarda tutti, la previdenza molti ma non tutti. Negli ultimi anni si è assistito ad una confusione tra le due fattispecie, in parte inevitabile, in parte capziosa. Inevitabile, in quanto, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, ancora oggi si guarda, soprattutto da parte delle fasce più deboli della Società, alla finanza pubblica e, dunque, alla Previdenza/Assistenza statale come ad una sorta di maxi ammortizzatore sociale. Quando gli istituti demoscopici pubblicano annualmente la dislocazione, sul territorio della Repubblica, dei sussidi assistenziali, immancabilmente si addita il Sud come pozzo senza fondo, e, onestamente, un fondo di verità in questo c’è.

E negarlo sarebbe disonesto. Ci sono interi nuclei familiari, numericamente consistenti soprattutto nelle zone più arretrate, culturalmente ed economicamente, del Mezzogiorno d’Italia che vivono, spesso in condizioni di vera indigenza, della pensione di invalidità o dell’indennità di accompagnamento di uno dei componenti del nucleo stesso. Nella mia esperienza “sul territorio” mi è spesso capitato di assistere all’incredibile reazione di quanti, scoperto di essere affetti da una “nuova” patologia, esclamano: “allora adesso la pensione me la daranno!”.

La malattia, dunque, diviene, in modo alquanto paradossale, un motivo di “crescita” sociale ed economica. A questo vanno aggiunte le nuove patologie, figlie della povertà e dell’indigenza. I disturbi dell’adattamento, la dislessia, la discalculia, sono fenomeni patologici che, lungi dall’essere caratterizzati dalla presenza di un fatto organico scatenante, sovente derivano da una sorta di disattenzione affettiva, o di trascuratezza sociale che, con il trascorrere del tempo, si trasforma in vera e propria malattia. Una seria riflessione su tali fenomeni permetterebbe allo Stato di adempiere in maniera più puntuale al proprio compito di tutela e di educazione, senza che ciò significhi solo elargire una modesta somma mensile e, con questa elargizione, abdicare da ogni ed ulteriore forma di tutela sociale.

Avv. Francesco De Cesare

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