Cos’è l’antiriciclaggio?

Attualità & Cronaca

Di

by Agatino Grillo

Articolo scritto originariamente come voce per  Wikipedia, l’enciclopedia libera http://it.wikipedia.org/wiki/Antiriciclaggio

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«Il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo rappresentano fenomeni criminali che, anche in virtù della loro possibile dimensione transnazionale, costituiscono una grave minaccia per l’economia legale e possono determinare effetti destabilizzanti soprattutto per il sistema bancario e finanziario» (nota 1)

Con antiriciclaggio (in inglese anti money laundering

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, in francese lutte anti blanchiment

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in spagnolo lavado de dinero

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) si intende l’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio di denaro, beni o altre utilità. In Italia il riciclaggio è un reato previsto dall’articolo 648 bis del Codice Penale; banche, intermediari finanziari, assicurazioni e varie categorie di professionisti sono obbligati al rispetto di specifiche disposizioni per prevenire e identificare fenomeni di riciclaggio secondo quanto previsto dal decreto legislativo 231/07.

Definizioni

Riciclaggio
Riciclare denaro, beni ed altre utilità vuol dire investire capitali illecitamente ottenuti in attività lecite: in tal modo i beni che sono frutto di reato (sequestri, traffico di stupefacenti, rapine, evasione fiscale e qualsiasi altro reato non colposo) sono “ripuliti” e reimmessi nei circuiti economici e finanziari legali. In inglese il termine “riciclaggio di denaro” si traduce con money laundering che letteralmente significa “lavaggio di denaro”. Nell’ordinamento italiano il riciclaggio è un reato previsto dall’articolo 648 bis del Codice Penale; compie tale reato sia “chi sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo” sia chi ostacola l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Antiriciclaggio
Con antiriciclaggio (in inglese Anti money laundering – AML) si intende l’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio di denaro, beni o altre utilità. In Italia la normativa antiriciclaggio si basa principalmente sul decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 che recepisce a sua volta la direttiva europea 2005/60/CE; il decreto ha introdotto nell’ordinamento nazionale una serie di adempimenti antiriciclaggio allo scopo di proteggere la stabilità e l’integrità del sistema economico e finanziario. I “soggetti obbligati ” a tale disposizioni sono banche, istituzioni finanziarie, assicurazioni e professionisti (notai, avvocati, consulenti del lavoro, ecc.). L’importanza del contrasto del riciclaggio è tale che la definizione di riciclaggio adottata – a fini di prevenzione – dal decreto 231/2007 e dalla direttiva 2005/60/CE è più ampia rispetto a quanto previsto dal codice penale all’articolo 648 bis; per il sistema penale, infatti, il reato di riciclaggio non si applica a chi ha commesso il reato presupposto cioè il reato da cui derivano i beni che si intende “ripulire”; l’articolo 2 del decreto 231/2007 invece richiede alle banche di considerare anche l’autoriciclaggio cioè il riciclaggio effettuato dalla stessa persona che ha commesso il reato presupposto.

Necessità dell’antiriciclaggio

Distorsioni del quadro economico
Il riciclaggio di beni e capitali illeciti genera gravi distorsioni nell’economia legale, alterando le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, con riflessi, in definitiva, sulla stessa stabilità ed efficienza del sistema economico. Il riciclaggio di fatto assume rilevanza anche sul piano macroeconomico.

Mancato sviluppo economico
La lotta al riciclaggio assume una particolare valenza in Italia a causa della presenza della criminalità organizzata che si traduce in mancato sviluppo economico. Alcuni studi della Banca d’Italia hanno evidenziato che nelle aree a forte presenza criminale la crescita economica risulta compressa , le imprese pagano più caro il credito , gli investimenti sono disincentivati e “in quelle aree è più rovinosa la distruzione di capitale sociale dovuta all’inquinamento della politica locale “.

Corruzione e riciclaggio

Il GAFI-FATF, Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali / Financial Action Task Force, ha da tempo segnalato gli stretti rapporti tra corruzione e riciclaggio; il 29 luglio 2011 il GAFI ha pubblicato  uno studio sui legami tra la corruzione e il riciclaggio di denaro e beni frutto di attività illecite.
Il documento identifica le “vulnerabilità chiave” nell’attuale framework AML/CTF (Anti Money Laundering / Counter Terrorism Financing) e gli ostacoli al contrasto della corruzione; obiettivo della pubblicazione è comprendere meglio il fenomeno della corruzione, i suoi meccanismi e vulnerabilità attraverso l’ottica dell’AML/CTF.
Il 19 agosto 2011 il Gruppo Wolfsberg ha aggiornato le proprie linee guida “Wolfsberg Statement against Corruption”  (qui in pdf

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) già pubblicate nel 2007; si tratta di una ampia rivisitazione del testo che tiene conto dei recenti sviluppi e fornisce consigli e suggerimenti al sistema finanziario internazionale per realizzare programmi efficaci contro la corruzione, per ridurre e contrastare i rischi legati alla corruzione della clientela e all’interno delle stesse istituzioni finanziarie.
L’aggiornamento tiene conto delle iniziative internazionali in ambito anticorruzione, in particolare anche in relazione alla recente crisi finanziaria; tra le normative prese a riferimento ci sono “l’US Foreign Corrupt Practices Act”, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, le norme relative alla Convenzione OCSE e, infine, il Bribery Act 2010 introdotto nel Regno Unito, che introduce una “responsabilità” aziendale per non aver impedito atti di corruzione.

Evasione fiscale e corruzione

Esiste un forte rapporto tra riciclaggio, evasione fiscale e corruzione: in sede GAFI è infatti in corso l’elaborazione di nuove “Raccomandazioni antiriciclaggio” che promuovono l’inclusione dei reati di natura fiscale tra quelli presupposto di riciclaggio.
Il mancato pagamento dei tributi, infatti, è il principale strumento di accumulazione in nero della provvista necessaria per pagare il prezzo della corruzione.
Secondo Giovanni Castaldi (nota 3), direttore dell’Unità di informazione finanziaria (UIF) riciclaggio, evasione fiscale e corruzione sono fenomeni strettamente correlati, che danneggiano le politiche di sviluppo. Giovanni Castaldi ha criticato la classe politica, perché la “ricerca del consenso elettorale si è sempre basata su promesse di sgravi e agevolazioni piuttosto che su impegni di lotta all’evasione (…). Il partito degli evasori è molto potente e viene variamente blandito: si pensi allo smantellamento del falso in bilancio e alla continua erosione dei termini prescrizionali dell’azione penale. Leggi tributarie di difficile interpretazione incentivano comportamenti elusivi e alimentano un imponente contenzioso”.
Per quanto riguarda in particolare il flagello dell’evasione fiscale, Castaldi ha ricordato gli “effetti deleteri” che essa produce sull’economia dei singoli paesi poiché “riduce le risorse per le politiche sociali … si traduce in maggiori tasse per chi le paga … è la base della cosiddetta economia sommersa … sottrae risorse alla collettività, le nasconde (nei paradisi fiscali) quindi le rimette in circolo creando corruzione o, come minimo, falsando il mercato, la concorrenza, l’economia”.
Fra evasione fiscale e riciclaggio sussiste uno stretto rapporto. Lo conferma la circostanza che i due reati condividono in gran parte gli espedienti utilizzati, rispettivamente, per celare redditi al fisco e per dissimulare l’origine illecita del danaro: paradisi fiscali, trust, società fiduciarie, sovra e sotto fatturazioni, cessioni di crediti e cartolarizzazioni, operazioni di finanza strutturata, ecc. Parimenti, diversi strumenti di contrasto dell’evasione e del riciclaggio sono ambivalenti: limiti all’utilizzo del contante, tracciabilità delle transazioni, monitoraggio della circolazione transfrontaliera di contante.

Il meccanismo di riciclaggio di capitali

Le indagini della magistratura e delle forze di polizia hanno rivelato che i meccanismi utilizzati per il riciclaggio di denaro e beni sono in continua evoluzione anche perché la criminalità cerca sempre di sfruttare sia le innovazioni tecnologiche sia le innovazioni finanziarie. Sono stati tuttavia individuate alcune fasi “tipiche” del processo di “dissimulazione” e reimpiego dei profitti provenienti da attività criminose; questa fasi si riferiscono alla “dissimulazione” di beni sotto forma di denaro. Le “fasi operative” del riciclaggio di denaro sporco sono:

  • collocamento (placement stage): consiste nel riportare
    (“collocare”) anche in modo frazionato) sul mercato dei capitali leciti i
    proventi illeciti ad opera di soggetto terzo, consapevole e
    compiacente, mediante il deposito o la loro trasformazione in altri
    strumenti monetari presso banche e/o intemediari;
  • dissimulazione (layering stage), detta anche “stratificazione”:
    accumulo di disponibilità frutto di una molteplicità di operazioni
    finalizzate all’occultamento e/o dissimulazione della provenienza
    illecita dei capitali;
  • rientro (integration stage) – il denaro, ormai riciclato, viene:
    • ulteriormente frazionato e reso non riconducibile all’origine;
    • lentamente ricollocato sul mercato;
    • reinvestito e ripulito in attività economiche/finanziarie lecite;
    • fatto rientrare nel patrimonio del criminale.

Quadro normativo

Evoluzione della normativa antiriciclaggio in Italia

Codice Penale
Il riciclaggio è un reato previsto dall’articolo 648 bis del Codice Penale ; tale articolo va “letto” insieme al precedente 648 che riguarda la ricettazione e al successivo 648 ter che riguarda l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Art. 648 – Ricettazione
Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque s’intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa da 516 euro a 10.329 euro. La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a 516 euro, se il fatto è di particolare tenuità. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile.

Art. 648 bis – Riciclaggio
Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

Art. 648 ter – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 648. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

Evoluzione normativa dell’articolo 648 bis
L’art. 648 bis del codice penale è stato introdotto dall’art. 3 del decreto legge n. 591 del 21 marzo 1978   ed è stato successivamente modificato dalla legge n. 55 del 19 marzo 1990  che ha introdotto l’ipotesi delittuosa dell’art. 648 ter c.p e dalla legge 9 agosto 1993, n. 328. Il testo originario della disposizione del 1978 individuava come “reati presupposti” del riciclaggio esclusivamente “rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”; la modifica del 1990 estendeva i reati presupposti ai “delitti di rapina aggravata, di estorsione, aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione, o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope”; infine la legge 9 agosto 1993, n. 328 , che ratificava la “Convenzione sul riciclaggio”, ha ampliato il numero dei “reati presupposti” a cui si applica il reato di riciclaggio (e ricettazione) a tutti i delitti non colposi.

Le tre direttive europee antiriciclaggio

  • La prima direttiva, n. 91/308/CE, recepita in Italia con la legge n. 197 del 1991, ha introdotto l’obbligo delle “registrazioni” antiriciclaggio.
  • La seconda direttiva, n. 2001/97/CE, recepita in Italia con la legge n. 56 del 2004, ha esteso gli obblighi antiriciclaggio ai “professionisti”.
  • La terza direttiva , n. 2005/60/CE, recepita in Italia con il d.lgs. 231 del 2007 ha introdotto un nuovo approccio alla prevenzione e contrasto del riciclaggio basato, anche, sulla “collaborazione attiva” di banche, intermediari finanziari, assicurazioni e professionisti nella prevenzione del riciclaggio.

Altre direttive europee correlate
La direttiva 2006/70/CE dell’agosto 2006 riporta, in relazione alla terza direttiva antiriciclaggio 2005/60/CE, una serie di misure di esecuzione per quanto riguarda la definizione di “persone politicamente esposte” e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di attività esercitate in modo occasionale o su scala molto limitata.

Antiriciclaggio e responsabilità d’impresa
Il d.lgs. 231/2007 ha modificato il d.lgs. 231/2001 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni”), normativa che ha introdotto in Italia la responsabilità amministrativa per le imprese nel caso di comportamenti fraudolenti da parte di loro impiegati e collaboratori per alcuni tipi di delitti e sotto certe condizioni. Il 231/2007 ha aggiunto ai reati previsti dalla 231/01 i delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25 octies). Ciò significa che ogni ente (aziende, banche, assicurazioni, piccole imprese, associazioni, ecc.) deve adottare idonee misure per evitare che il proprio personale possa commettere tali reati.

Antiriciclaggio e protezione dei dati personali
Il rispetto degli adempimenti antiriciclaggio deve avvenire tenendo conto delle disposizioni contenute nel Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – “Codice sulla privacy” che richiede il rispetto della riservatezza delle informazioni trattate e l’adozione di misure di sicurezza in relazione ai trattamenti di dati personali sia con sistemi informatici sia con modalità manuali. Il 10 settembre 2010, inoltre, il Garante per la protezione dei dati personali ha promulgato uno specifico Provvedimento dal titolo “Misure relative alle comunicazioni fra intermediari finanziari appartenenti al medesimo gruppo in materia di antiriciclaggio” nel quale sono indicate disposizioni in ordine alle modalità di trattamento dei dati relativi all’antiriciclaggio.

Gli adempimenti

La prevenzione ed il contrasto del riciclaggio presso gli intermediari finanziari, gli altri enti obbligati e i professionisti, si realizzano per mezzo di controlli, organizzativi, tecnologici e “formativi” che permettano la piena conoscenza del cliente, la tracciabilità delle transazioni finanziarie e l’individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio. Gli adempimenti derivano dall’ampia “normativa” antiriciclaggio nella quale rientrano, oltre a leggi e decreti legislativi, le Istruzioni di Vigilanza di Banca d’Italia, CONSOB e ISVAP , i pareri e le indicazioni del Ministero dell’Economia e Finanze (MEF), dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) i pareri e le indicazioni del Comitato antiriciclaggio.

Il d.lsg. 231/07
Il decreto legislativo 231/07 impone obblighi di collaborazione per la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio; la collaborazione può essere di 2 tipi:

  1. collaborazione passiva finalizzata a garantire la conoscenza approfondita della clientela e a prescrivere la conservazione dei documenti relativi alle transazioni effettuate;
  2. collaborazione attiva volta all’individuazione e segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio.

L’adeguata verifica della clientela è l’aspetto più importante per l’azione preventiva di contrasto al riciclaggio; essa consiste nell’identificazione del cliente e nella verifica dei dati acquisiti; l’identificazione e la verifica sono previste anche nei confronti del beneficiario sostanziale – il cosiddetto titolare effettivo – quando il cliente è una persona giuridica o effettua un’operazione per conto di altri soggetti. Altri adempimenti riguardano la raccolta delle informazioni sullo scopo e la natura del rapporto posto in essere dal cliente e il controllo continuo nel corso del rapporto stesso. Un altro importante adempimento è la registrazione dei rapporti e delle operazioni rilevanti nel cosiddetto Archivio Unico Informatico (AUI); attraverso l’AUI è possibile rendere disponibili a tutto il sistema antiriciclaggio le informazioni in modo strutturato e secondo standard tecnici omogenei per tutti gli operatori.
Un terzo fondamentale adempimento riguarda la segnalazione, all’UIF, delle operazioni sospette di riciclaggio. L’operazione sospetta è un’operazione che per caratteristiche, entità, natura o per qualsivoglia altra circostanza induce l’operatore in banca a “sapere, sospettare o ad avere motivo ragionevole per sospettare” che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo; in tal caso si deve inviare senza ritardo alla UIF una segnalazione. La UIF effettua approfondimenti sulle segnalazioni di operazioni sospette e le trasmette, arricchite dell’analisi finanziaria, al Nucleo speciale di polizia valutaria (NSPV) della Guardia di finanza e alla Direzione investigativa antimafia (DIA). Qualora le segnalazioni siano ritenute infondate la UIF le archivia. Anche la presenza di “motivi ragionevoli per sospettare” fa scattare l’obbligo di segnalazione all’UIF.

Disposizioni attuative di Banca d’Italia in materia di antiriciclaggio del 10 marzo 2011 (e chiarimenti dell’11 luglio 2011)
Con queste disposizioni antiriciclaggio, in vigore dal 1° settembre 2011, per le banche è necessario:

  • la responsabilizzazione del personale dipendente e dei collaboratori esterni;
  • la chiara definizione, ai diversi livelli, di ruoli, compiti e responsabilità nonché la predisposizione di procedure intese a garantire l’osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela e di segnalazione delle operazioni sospette e, inoltre, la conservazione della documentazione e delle evidenze dei rapporti e delle operazioni;
  • l’istituzione di un’apposita funzione antiriciclaggio incaricata di sovrintendere all’impegno di prevenzione e gestione dei rischi in discorso;
  • un’architettura delle funzioni di controllo che sia coordinata nelle sue componenti, anche attraverso idonei flussi informativi, e che sia al contempo coerente con l’articolazione della struttura, la complessità, la dimensione aziendale, la tipologia dei servizi e prodotti offerti nonché con l’entità del rischio associabile alle caratteristiche della clientela;
  • un’attività di controllo che abbia come oggetto il rispetto da parte del personale e dei collaboratori delle procedure interne e di tutti gli obblighi normativi, con particolare riguardo alla “collaborazione attiva” e alla continuativa analisi dell’operatività della clientela.

Il sistema si incardina su tre istituti fondamentali:

  1. adeguata verifica della clientela (secondo l’approccio basato sul rischio);
  2. registrazione, archiviazione, conservazione dei rapporti e delle operazioni;
  3. valutazione e segnalazione delle operazioni sospette.

Il criterio adottato è quello della “proporzionalità” degli assetti organizzativi rispetto alle dimensioni del soggetto destinatario delle disposizioni, intendendo con ciò assicurare la presenza di presidi idonei al raggiungimento del fine di prevenzione e tutela del sistema.
Sono, tuttavia, individuati dei requisiti minimali comunque da adottare:

  1. istituzione della funzione Antiriciclaggio;
  2. presenza della funzione di Revisione Interna (o alternativamente dell’unità di Revisione Interna);
  3. assegnazione della responsabilità per la segnalazione delle operazioni sospette.

L’11 luglio 2011 la Banca d’Italia ha pubblicato una nota di “chiarimenti” (nota 4) in relazione alle disposizioni del 10 marzo 2011; tra i chiarimenti:

  • il responsabile antiriciclaggio può essere inserito nell’area legale, anche laddove a tale area siano assegnati compiti che implichino il contatto con la clientela (es. gestione del contenzioso), ferma restando la necessità che la posizione dallo stesso ricoperta sia tale da conferire autorevolezza al soggetto incaricato della funzione antiriciclaggio;
  • in caso di esternalizzazione si precisa che, anche in caso di outsourcing della funzione, il responsabile antiriciclaggio interno deve essere in possesso degli specifici requisiti di indipendenza, autorevolezza e professionalità;
  • sul delegato alla segnalazione delle operazioni sospette le disposizioni non escludono che, in caso di gruppi o intermediari di rilevanti dimensioni, possano essere designati più delegati (in numero comunque contenuto), ciascuno competente, ad esempio, in relazione ad una determinata area geografica ovvero tipologia di prodotto o servizio offerto purché siano rispettate specifiche condizioni;
  • sulle “società fiduciarie” si conferma che il Provvedimento del 10 marzo trova applicazione nei confronti di entrambe le tipologie di fiduciarie: quelle disciplinate dalla legge n. 1966 del 1939 e quelle che, al ricorrere di taluni requisiti, potranno iscriversi in una sezione separata dell’Albo di cui all’art. 106 TUB, con conseguente vigilanza della Banca d’Italia (art. 199, comma 2 TUF).

Disposizioni attuative di CONSOB in materia di antiriciclaggio del 4 luglio 2011
Il 4 luglio 2011 la CONSOB ha pubblicato il “Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo delle società di revisione” , delibera n. 17836 del 30 giugno 2011. Le disposizioni, rivolte alle società di revisione, richiedono l’introduzione di presidi specifici (risorse, procedure, funzioni organizzative) per il controllo del rischio di riciclaggio (e del finanziamento del terrorismo). In particolare è necessario:

  • la chiara definizione, ai diversi livelli della struttura organizzativa della società di revisione, dei ruoli, dei compiti e delle responsabilità relative alla prevenzione e gestione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo;
  • l’istituzione di un’apposita funzione incaricata di sovrintendere all’impegno di prevenzione e gestione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo;
  • la responsabilizzazione del personale dipendente e dei collaboratori esterni con riguardo alla prevenzione dei rischi in esame;
  • la predisposizione di procedure interne finalizzate a garantire l’osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela, di segnalazione delle operazioni sospette e di conservazione della relativa documentazione unitamente a quella comprovante gli incarichi professionali ricevuti;
  • la definizione di sistemi di controllo interno che siano coerenti con la struttura, la complessità e la dimensione della società di revisione, con la tipologia dei servizi offerti e l’entità del rischio associabile alle caratteristiche della clientela, e che siano in grado di individuare tempestivamente carenze nelle procedure applicate e nei comportamenti, suscettibili di produrre violazioni da parte del personale e dei collaboratori degli obblighi normativi e delle procedure interne in esame.

Disposizioni attuative di ISVAP in materia di antiriciclaggio (bozza in consultazione) del 15 febbraio 2011
Il 15 febbraio 2011 l’ISVAP ha reso pubblico il documento in consultazione n. 42/2011 “Schema di regolamento concernente disposizioni attuative circa l’organizzazione, Le procedure ed i controlli interni volti a prevenire l’utilizzo delle imprese di Assicurazione e degli intermediari assicurativi a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231” .

Formazione e informazione
Un’efficace applicazione della normativa antiriciclaggio presuppone la piena consapevolezza delle finalità e dei principi che ne sorreggono l’impianto. Tutto il personale deve essere portato a conoscenza degli obblighi e delle responsabilità aziendali che possono derivare dal mancato adempimento dei medesimi.

Obblighi di formazione del d. lgs. 231/07
L’articolo 54 del d. lgs. 231/07 impone l’obbligo di formare il personale sulla disciplina antiriciclaggio; in particolare le aziende ed i professionisti devono predisporre “programmi di formazione finalizzati a riconoscere le attività potenzialmente connesse al riciclaggio”.

Obblighi di formazione delle disposizioni di Banca d’Italia del 10 marzo 2011
Banca d’Italia richiede che sia riservata particolare cura allo sviluppo di una specifica preparazione sull’antiriciclaggio dei dipendenti e dei collaboratori che sono a più diretto contatto con la clientela. Inoltre specifici programmi di formazione appaiono opportuni per il personale appartenente alla funzione antiriciclaggio. A tali dipendenti si richiede inoltre un continuo aggiornamento in merito all’evoluzione dei rischi di riciclaggio e agli schemi tipici delle operazioni finanziarie criminali. L’attività di qualificazione del personale deve, infine, rivestire carattere di continuità e di sistematicità e va svolta nell’ambito di programmi organici.

Le istituzioni

Il Comitato di Sicurezza Finanziaria
La regia complessiva delle politiche in materia di prevenzione del riciclaggio è attribuita al Ministro dell’Economia che si avvale, a tal fine, del Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF) presieduto dal Direttore generale del Tesoro e composto da rappresentanti del Ministero dell’interno, del Ministero della giustizia, del Ministero affari esteri, della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP, dell’Unità di informazione finanziaria (UIF), della Guardia di Finanza, della Direzione investigativa antimafia (DIA), dell’Arma dei Carabinieri e della Direzione nazionale antimafia (DNA).

Unità di Informazione Finanziaria (UIF)
L’Unità di informazione finanziaria (UIF) è la struttura nazionale incaricata di prevenire e contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. La UIF esercita le proprie funzioni in autonomia e indipendenza, avvalendosi di risorse umane e tecniche, di mezzi finanziari e di beni strumentali della Banca d’Italia. L’organizzazione e il funzionamento della UIF sono disciplinate con regolamento della Banca d’Italia. Per facilitare l’individuazione delle operazioni sospette e promuovere sempre più efficienti condizioni di collaborazione attiva, il d.lgs. 231/2007 assegna all’UIF il compito di:

  • elaborare indicatori di anomalia, volti ad agevolare l’individuazione delle operazioni sospette;
  • predisporre schemi e modelli di comportamenti anomali;
  • definire, con apposite istruzioni, il contenuto delle segnalazioni di operazioni sospette.

La Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza effettua le investigazioni antiriciclaggio mediante:

  • indagini di polizia giudiziaria;
  • approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette finalizzate ad individuare ed intercettare i flussi finanziari di provenienza illecita;
  • controlli sulla movimentazione transfrontaliera di valuta.

La GdF effettua inoltre proprie “ispezioni antiriciclaggio”, con esercizio dei poteri di polizia valutaria, anche presso banche ed operatori finanziari. Nel 2010, su circa 37.000 segnalazioni per operazioni sospette, oltre 4.700 si sono tradotte in procedimenti penali aperti presso le Procure della Repubblica competenti ovvero in procedimenti penali per casi di riciclaggio, usura, estorsione, abusivismo finanziario, frode fiscale, truffa o infrazioni alla normativa antiriciclaggio e valutaria.

Autorità di vigilanza
Le autorità di vigilanza di settore (Banca d’Italia, Consob, Isvap ciascuna per quanto di loro competenza) sovrintendono al rispetto delle norme da parte dei propri vigilati ed emanano disposizioni in materia di obblighi di adeguata verifica del cliente, di registrazione, e di assetti organizzativi e di controllo idonei a prevenire il coinvolgimento dei soggetti vigilati in operazioni di riciclaggio. L’azione di supervisione è generalmente guidata da due principi cardine: la proporzionalità e l’approccio basato sul rischio e si avvale di verifiche ispettive anche mirate; le irregolarità sull’antiriciclaggio rilevate possono comportare sanzioni amministrative ed anche denuncia all’autorità giudiziaria o investigativa. Nei casi più gravi, quando le violazioni intaccano le condizioni minimali per la corretta prosecuzione dell’attività, vengono adottati provvedimenti inibitori, come il divieto di nuove operazioni o la chiusura di dipendenze.

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