I vignaioli di Cîteaux

Arte, Cultura & Società

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E’ stato presentato con notevole successo di pubblico e di critica, venerdi 5 maggio nella bella sede del Museo Storico di Bari, l’ultimo romanzo di Guglielmo Bellelli, già noto docente di Psicologia alla Università di Bari e ora  provetto scrittore di romanzi avventurosi ma di respiro e sapienza storica, un po’ …alla Umberto Eco (vedi Il nome della rosa). Siamo all’incirca nell’anno 1100, a ridosso della conquista di Gerusalemme al termine della prima Crociata in Terra Santa voluta dal Papa Urbano II e militarmente guidata da Goffredo di Buglione che  non esitò a far sterminare gli ‘infedeli’ seguaci di un altro dio.

Nel nord della Francia, una serie di orribili delitti su alcune giovani donne viene attribuita a una misterioso assassino, battezzato “la Bestia”, che è individuato nel giovane Guillom, semplice vignaiolo dotato d’eccezionale talento per la vigna e la sua coltivazione. Sfuggito alla cattura, il giovane si rifugia nel monastero di Cîteaux diventato un centro di attrazione spirituale e lì viene accolto dal suo abate, Étienne Harding, che crede alla sua innocenza. Qui Guillom rivoluziona le tecniche di coltivazione e vinificazione della vite creando un vino di qualità eccezionale, il cui colore, rubino, sembra evocare il miracolo della Transustanziazione del Cristo. La storia si svolge via via in altre regioni della Francia con vicende nelle quali i delitti della ‘Bestia’ si intrecciano con la storia vera e vissuta, con le guerre della Francia contro la monarchia anglo-normanna e lo scontro teologico tra Bernardo di Chiaravalle e il filosofo Abelardo. Sarà il ritorno dalla crociata del fratello di Guillom a permettere di svelare il mistero di quelle morti: la ‘Bestia’ non è una sola, né i motivi di quelle uccisioni sono una mera perversione. Nella storia romanzata, oltre al vignaiolo Guillom e ad altri personaggi creati dall’autore, vi sono personaggi realmente vissuti come Étienne Harding abate di Cîteaux, Bernardo di Chiaravalle e Abelardo, a testimonianza dello studio informativo dell’autore di un romanzo che si fa leggere tutto d’un fiato: una specie di ‘giallo’ ma mai banale e scontato, e anzi ricco di annotazioni storiche affascinanti e spesso sconosciute.

Lo sfondo del romanzo resta quello, confessato come genuina passione del suo autore, di gettare luce su alcune parcelle territoriali da cui i monaci benedettini  (e circestensi) diedero inizio alla lenta acquisizione ‘manuale’ (Ora et labora) dedicata alla coltivazione della vite e destinata a entrare nel mito. Nacque infatti da lì, e in quel preciso contesto storico, la coltivazione della vite e quindi la degustazione dei grandi vini europei che ancora oggi noi beviamo e gustiamo non solo da chi se ne intende.

Pierfranco Moliterni

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