Russiagate. Mandato comparizione per Flynn. Licenziato direttore Fbi

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La commissione Intelligence del Senato americano che indaga sul Russiagate ha spiccato un mandato di comparizione per l’ex consigliere alla sicurezza Nazionale di Trump, Flynn. Intanto il presidente Usa starebbe valutando la sostituzione del suo portavoce, Spicer. Sulla Corea del Nord l’amministrazione Trump alza il tiro, con la Cia che crea una task force ad hoc.

Donald Trump licenzia il direttore dell’Fbi, James Comey. Una decisione presa su ”raccomandazione del ministro della Giustizia” Jeff Sessions, e che ha effetto immediato, cosi’ come e’ immediato l’avvio della ricerca di un nuovo direttore. Alla base del licenziamento ci sarebbe, secondo la Casa Bianca, l’incapacita’ di Comey di gestire in modo adeguato le indagini sull’emailgate di Hillary Clinton. Una spiegazione che pero’ non soddisfa i critici, secondo i quali il licenziamento e’ l’atto di un uomo che si sente il fiato sul collo per le indagini sui legami con la Russia. E che vuole scaricare la responsabilita’ su altri, come Clinton.

A destare sospetti sono le parole di Trump contenute nella lettera inviata a Comey per annunciargli il suo licenziamento. Il presidente si dice ”grato” per essere stato avvertito in tre diverse occasione che ”non ero sotto indagine”. Comey e’ stato protagonista nella fasi finali della campagna elettorale e i democratici gli hanno puntato il dito contro, accusandolo di aver favorito la vittoria di Trump. Ma al presidente americano Comey non e’ mai piaciuto del tutto: a Comey fanno capo le indagini del Russiagate che ha travolto l’amministrazione, causando il licenziamento dell’ex consigliere alla sicurezza nazionale Michael Flynn e che continuano a creare problemi alla Casa Bianca di Donald Trump.

Sessions in marzo ha annunciato la sua astensione dalle indagini sul Russiagate, anche se ora sembra aver avuto un ruolo centrale nella decisione di licenziare Comey. Il licenziamento di Comey arriva al termine di un’altra, l’ennesima, giornata di critiche per il direttore dell’Fbi, con l’agenzia governativa costretta a inviare in Congresso una precisazione sulla sua recente audizione. Davanti ai senatori americani Comey nei giorni scorsi aveva parlato di centinaia di migliaia di email ‘classificate’ girate da Huma Abedin, il braccio destro di Hillary Clinton, al marito Anthony Weiner. L’Fbi e’ stata costretta a correggere, precisando che le email inviate da Abedin a Weiner erano un numero piu’ ristretto. La decisione di Trump di licenziare Comey ha solo un precedente nella storia americana. Nel 1993 quando alla Casa Bianca c’era Bill Clinton che licenzio’ l’allora direttore Williams S. Sessions, nominato da Ronald Reagan. Nella lettera inviata da Trump a Comey per annunciargli il suo licenziamento Trump si dice ”grato” per essere stato avvertito in tre diverse occasione che ”non ero sotto indagine”. Nonostante questo Trump e’ arrivato alla conclusione che Comey non era in grado di svolgere in modo efficace il suo incarico. L’Fbi e’ una delle ”istituzioni piu’ rispettate” e serve ora una ”nuova era” e una ”nuova leadership per riportare fiducia”.

”You are fired!”, sei licenziato. Le parole che stanno piu’ a cuore al presidente Donald Trump e che lo hanno reso popolare nello show televisivo ‘The Apprentice’ sono gia’ risuonate piu’ volte nei corridoi della Casa Bianca, in poco piu’ di 100 giorni. La prima testa a cadere e’ stata quella di SALLY YATES, il ministro della giustizia ad interim e una delle ultime eredita’ dell’era Obama. A poche ore dalla scadenza del suo mandato (sarebbe stata automaticamente sostituita da Jeff Sessions la cui conferma in Senato era attesa il giorno seguente) Yates e’ stata fatta fuori a sorpresa per essersi ”rifiutata di attuare” il bando degli arrivi da sette paesi a maggioranza musulmana. Yates e’ apparsa nei giorni scorsi in Congresso per un’audizione sul Russiagate: fu lei ad aver messo in guardia la Casa Bianca su Michael Flynn, ritenuto ‘ricattabile’ dai russi. Michael Flynn e’ proprio il nome piu’ pesante a cui Trump – in questo caso – e’ stato costretto a rinunciare. Il presidente lo aveva fortemente voluto e anche ora, a distanza di mesi dalla sua uscita, continua a usare parole di elogio per il suo ex consigliere alla sicurezza nazionale.

Ma Flynn dovette lasciare dopo aver ‘ingannato’ il vice presidente Mike Pence sui contatti avuti con esponenti russi durante la transizione, dopo le elezioni. Contatti che si sono poi rivelati solo la punta dell’icerberg, con Flynn che quando fu nominato faceva ancora parte di una societa’ olandese che lavorava per la Turchia. Fra le vicissitudini di Flynn traballo’ anche il ministro della Giustizia JAMES SESSIONS, che per mettersi al riparo dalla critiche scelse di astenersi dalla indagini sul Russiagate. La scure di Trump nel frattempo si scaglio’ contro i procuratori generali dell’era Obama e si scontro’ in particolare con il potente procuratore di New York PREET BHARARA. Alla richiesta di dimissioni di Trump, Bharara replico’: ”Mi cacci”. E Trump lo licenzio’ in tronco. Infine il fedelissimo STEVE BANNON, il controverso stratega della Casa Bianca dalle posizioni di estrema destra che Trump aveva messo nel Consiglio nazionale per la sicurezza. Salvo poi ‘sollevarlo’ da quell’incarico in seguito alle feroci polemiche.

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