di Roberto Menia
Più volte, su queste colonne, ci siamo occupati della crisi demografica italiana che mette in pericolo, come è evidente a chi ci tiene alla propria identità nazionale, il futuro dell’Italia. L’Italia si è costruita attraverso i secoli ed ha forgiato una sua identità storica, linguistica, religiosa, culturale e sociale – la quale preesiste rispetto all’unità statuale che ha poco più di 150 anni – che vorremmo, pur nella naturale evoluzione, continuasse ad essere tale per i prossimi secoli.
Non è un’esagerazione parlare di Italia a rischio estinzione: lo scorso anno la popolazione italiana è diminuita di 134.000 persone. I nuovi nati sono stati 474.000 (minimo storico dal 1861) il tasso di fecondità della donna italiana è di 1,3 figli, il più basso la mondo.
In questa cornice si inserisce lo shock migratorio. Non solo la colossale invasione di donne e uomini dal sud del mondo (il dossier del Viminale parla di 181.000 sbarchi nel 2016 e le proiezioni sul 2017 dicono di 250.000) ma anche la ripresa silenziosa della emigrazione italiana, la fuga di cervelli costata già 500.000 italiani, per la maggior parte giovani emigrati verso Germania Francia e Gran Bretagna, se non USA e Australia, dal 2008 al 2016.
A tutto questo come risponde questo governo di nani e mestieranti? Non con una politica per la famiglia (quella naturale, e non delle coppie gay a cui hanno regalato un pseudo matrimonio e la reversibilità) e per la natalità, come sarebbe doveroso e improcrastinabile, ma regalando la cittadinanza italiana ad una platea di un milione di figli di immigrati nati in Italia…!
E’ questo lo sconcertante quadro della legge ora in discussione al Senato sul cosiddetto “Jus Soli”. La nuova disciplina infatti prevede che sia cittadino per nascita non solo chi è figlio di padre e madre cittadini, ma anche chi è nato da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente. E la stima va dagli 800.000 al milione di persone che ne beneficerebbero subito. E’ del tutto evidente, poi, che tale normativa aprirebbe la strada alla mercificazione delle nascite (qualcuno ha già parlato di un’Italia sala parto per le donne africane) ma soprattutto rischia di distruggere la nostra identità, spezzando ogni legame tra gli individui e la loro comunità nazionale e aumentando il rischio di una vera e propria “sostituzione etnica” del nostro popolo.
E non basta. Se son buoni un milione di figli di immigrati da far diventare italiani, nessuno pensa invece a quegli italiani all’estero che richiedono inutilmente di potere riacquistare la cittadinanza perduta. Ne ho conosciuti tanti, magari anziani esuli dall’Istria per amore di italianità, finiti dall’altra parte del mondo e diventati canadesi o australiani (fino a poco tempo fa non si riconosceva la doppia cittadinanza…) che vorrebbero morire italiani.
E ne ho conosciuti altrettanti e ancor più, italiani figli delle nostre cento città e mille villaggi, che hanno perduto la cittadinanza perché sono andati a vivere all’estero. O magari i loro figli, giovani che hanno perso la cittadinanza italiana perché espatriati successivamente. Bisogna tenere la guardia alta. Lo dobbiamo ai nostri padri ed ai nostri figli. Oggi è in ballo per davvero una grande questione di difesa dell’italianità. E noi non possiamo mancare.
Fonte: Prima di Tutto Italiani giugno 2017