Abm, Ahmadi-Nejad: gli anniversari geopolitici
Dettaglio di una carta di Laura Canali
1492 – Inizia il viaggio di Cristoforo Colombo alla volta delle Indie.
La nave Santa María capitanata da Colombo, la Niña di Vicente Yáñez Pinzón e la Pinta di Martín Alonso Pinzón salpano da Palo de Frontera (Andalusia, Spagna).
1940 – Una spedizione italiana comandata dal generale Guglielmo Nasi parte per invadere la Somalia britannica (Somaliland). L’operazione militare si concluderà col successo degli italiani il 19 agosto.
1960 – Il Niger ottiene l’indipendenza dalla Francia.
Qui un articolo sul Niger dal numero di luglio 2017, Mediterranei
L’instabilità della Libia, insanabile nei tempi serrati delle scadenze elettorali europee, ha costretto i leader europei a spostare lo sguardo ancora più a sud, risalendo nella rotta dei migranti fino al cuore del deserto del Sahara, in Niger, considerato oggi lo snodo delle rotte migratorie che collegano l’Africa occidentale al Mediterraneo. A partire dal summit della Valletta, a fine 2015, l’Europa ha deciso quindi di puntare tutto sul Niger, e di farne la propria Turchia in Africa. Ambizione alquanto problematica, se si considera che la Turchia è una potenza emergente sotto ogni profilo, mentre il Niger rimane uno degli Stati più poveri e fragili al mondo, ultimo nelle classifiche Onu di sviluppo umano. Ma secondo il calcolo di Bruxelles, proprio la debolezza di Niamey ha rappresentato l’asset su cui investire: le autorità locali non avrebbero potuto disdegnare – si pensava – la pioggia di miliardi che gli europei sono disposti a sborsare pur di mantenere i migranti lontani dagli occhi e dal cuore, e si sarebbero mostrate compiacenti nell’implementare una politica migratoria repressiva per conto terzi. Win-win solution.
Continua a leggere: La ‘Guerra ai migranti’ genera mostri. Il caso del Niger
1972 – Il senato statunitense approva il Trattato Anti Missili Balistici (Abm) concordato a maggio da Nixon e Breznev in un summit a Mosca.
2005 – Dopo aver vinto le elezioni di luglio, Mahmud Ahmadi-Nejad si insedia come 6° presidente della Repubblica Islamica dell’Iran.
Dodici luglio 2005: quando mancano pochi minuti a mezzanotte, i giornalisti presenti nell’ufficio stampa del ministero dell’Interno, incollati ai monitor che hanno da poco iniziato a fornire in tempo reale i primi risultati del voto, ricevono la notizia che Mahmud Ahmadi-Nejad è il nuovo presidente iraniano. L’ufficio elettorale del ministero è alquanto sorpreso, poiché a scrutinio appena iniziato la notizia è già sulla prima pagina di Keyhan, il principale giornale del fronte neofondamentalista, sostenitore di Ahmadi-Nejad. Principale avversario dell’esponente neofondamentalista nelle none elezioni presidenziali della storia iraniana è Akbar Hashemi Rafsanjani, candidato centrista votato anche da molti riformisti. Qualche ora dopo, quando i dati certificano il sorpasso di Ahmadi-Nejad su Rafsanjani, la sconfitta di moderati e riformisti appare in tutta la sua chiarezza. E così il sindaco di Teheran Mahmud Ahmadi-Nejad, nell’incredulità generale, conquista la carica appartenuta al riformista Mohammad Khatami, che a sua volta l’aveva conquistata in una serrata competizione con l’allora candidato conservatore.
Continua a leggere: Guida ai protagonisti della partita persiana